Il gusto della navigazione, non è mai fine a se stessa. C’è sempre un fine. Anche quando decidiamo di non dichiararlo, o non sappiamo definirlo, predisponendoci all’ad-venturae, alle possibilità di ciò che può ad-venire.
Anche il sublime desiderio del “sapere stare”, nell’ istante sospeso del qui ed ora, la ricerca di questa stessa condizione, è un obiettivo.
L’esperienza quotidiana di ciascuno di noi, è ricca di gesti, azioni, comportamenti, che velano, per la familiarità acquisita, la definizione di obiettivi specifici. Se ho imparato a fare la spesa, usare gli strumenti in cucina ed eseguire una ricetta conosciuta, allora la preparazione del mio piatto, non rappresenterà per me un problema.
Posso allora condurre me stesso in una meditazione sull’intero processo.
L’habitus, il ricorso alle competenze acquisite, alle strategie vincenti, all’automatismo di ciò che ho rafforzato, mi fanno quasi dimenticare che un tempo, quell’operazione che oggi compio con disinvoltura, si poneva innanzi a me come problema, con tutta la sua carica sfidante. Avevo dunque dovuto apprendere, con fatica e progressione i passi necessari verso l’autonomia. Dapprima con la definizione dei sotto-obbiettivi e delle azioni da intraprendere per raggiungerli. E, andando ancora indietro nel tempo, sapere che, una volta, non si poneva alcuna questione, nemmeno in merito al desiderio o al bisogno di apprendere quella cosa.
Tale consapevolezza, può ristabilire un equilibrio nel nostro modo di percepirci all’interno di un processo di crescita, e considerare, senza giudizio, il nostro stato evolutivo attuale, quale base di partenza dal quale muovere verso le mete desiderate.
Anche il sublime desiderio del “sapere stare”, nell’ istante sospeso del qui ed ora, la ricerca di questa stessa condizione, è un obiettivo.
L’esperienza quotidiana di ciascuno di noi, è ricca di gesti, azioni, comportamenti, che velano, per la familiarità acquisita, la definizione di obiettivi specifici. Se ho imparato a fare la spesa, usare gli strumenti in cucina ed eseguire una ricetta conosciuta, allora la preparazione del mio piatto, non rappresenterà per me un problema.
Posso allora condurre me stesso in una meditazione sull’intero processo.
L’habitus, il ricorso alle competenze acquisite, alle strategie vincenti, all’automatismo di ciò che ho rafforzato, mi fanno quasi dimenticare che un tempo, quell’operazione che oggi compio con disinvoltura, si poneva innanzi a me come problema, con tutta la sua carica sfidante. Avevo dunque dovuto apprendere, con fatica e progressione i passi necessari verso l’autonomia. Dapprima con la definizione dei sotto-obbiettivi e delle azioni da intraprendere per raggiungerli. E, andando ancora indietro nel tempo, sapere che, una volta, non si poneva alcuna questione, nemmeno in merito al desiderio o al bisogno di apprendere quella cosa.
Tale consapevolezza, può ristabilire un equilibrio nel nostro modo di percepirci all’interno di un processo di crescita, e considerare, senza giudizio, il nostro stato evolutivo attuale, quale base di partenza dal quale muovere verso le mete desiderate.