La gestione di una perdita, come abbiamo provato tante volte nella vita, comporta una gamma di emozioni che non è controllabile o dominabile a nostro piacimento. All'inizio, soprattutto, non è definibile ciò che si prova.
L’evento in sé è chiaro, è mancato qualcuno, è finito qualcosa, abbiamo subito un trauma, il dolore ha un nome, ma quello che si sperimenta affacciandosi a quella finestra, è indefinibile: il dolore e le sue espressioni non trovano casa.
A livello fisico possono apparire dei sintomi: insonnia, perdita dell’appetito, mal di testa, nausea, utilizzo di medicinali, situazioni di abuso (es. alcol, sigarette, etc.). A livello psicologico si possono manifestare: crisi di pianto improvvise, confusione mentale, senso di spossatezza, apatia, depressione, senso di colpa, rancore, rabbia.
Si provano tante sensazioni e stati mentali che si confondono in un abisso buio e profondo. Appigli esterni non ce ne sono, bisogna trovarli dentro. Occorre fermare quella caduta, muoversi a tentoni, essere presenti a se stessi e cercare di andare oltre il dolore della separazione e del distacco e passare da una definizione del problema (‘senza te perdo me stesso e non sono più nessuno’) a un cambio di paradigma (‘grazie a te ho potuto trovare un pezzo di me e scoprire chi sono’).
La ricerca di una connessione con l’amore vissuto precedentemente crea un ponte non risolutivo, ma utile per aprire un nuovo scenario mentale: ‘ti ringrazio, con te sono stato bene, ho provato certe cose, mi sono conosciuto meglio’.
La presenza dell’altro ha creato attaccamento, sicurezze e investimenti emotivi che ora non ci sono più. E’ necessario, in questa fase, creare un’esperienza alternativa al cervello, una presa di coscienza, un ponte di sostegno, atti di consapevolezza che non interferiscano con il suo preziosissimo lavoro di riparazione.
Le decisioni prese in questa prima fase non hanno un potere effettivo totale, ma rappresentano un primo passo affinché la separazione sia presa in considerazione e si realizzino due fenomeni: l’individuazione ‘io sono io’ e l’autonomia ‘grazie a te ho provato, ho vissuto e sono cresciuto … ma io sono io e tu sei tu’.
Già solo ripetere queste frasi crea le basi per alleggerire il carico emotivo, percepire un senso di padronanza, di autostima e consapevolezza delle proprie risorse individuali.
E’ un momento estremamente delicato dove soffrire, soffocare, contenere, sono tutt'uno.
In quel magma, che non solo riguarda la perdita di qualcuno o di qualcosa ma anche passaggi della vita e crisi evolutive, dobbiamo promettere a noi stessi, fin dall'inizio, fin da prima che accada qualcosa che non vorremmo, che: ‘qualsiasi cosa accada faremo il possibile per dare il meglio di noi’.
Riuscirci sempre è un’altra storia, ma provarci è un buon inizio.
L’evento in sé è chiaro, è mancato qualcuno, è finito qualcosa, abbiamo subito un trauma, il dolore ha un nome, ma quello che si sperimenta affacciandosi a quella finestra, è indefinibile: il dolore e le sue espressioni non trovano casa.
A livello fisico possono apparire dei sintomi: insonnia, perdita dell’appetito, mal di testa, nausea, utilizzo di medicinali, situazioni di abuso (es. alcol, sigarette, etc.). A livello psicologico si possono manifestare: crisi di pianto improvvise, confusione mentale, senso di spossatezza, apatia, depressione, senso di colpa, rancore, rabbia.
Si provano tante sensazioni e stati mentali che si confondono in un abisso buio e profondo. Appigli esterni non ce ne sono, bisogna trovarli dentro. Occorre fermare quella caduta, muoversi a tentoni, essere presenti a se stessi e cercare di andare oltre il dolore della separazione e del distacco e passare da una definizione del problema (‘senza te perdo me stesso e non sono più nessuno’) a un cambio di paradigma (‘grazie a te ho potuto trovare un pezzo di me e scoprire chi sono’).
La ricerca di una connessione con l’amore vissuto precedentemente crea un ponte non risolutivo, ma utile per aprire un nuovo scenario mentale: ‘ti ringrazio, con te sono stato bene, ho provato certe cose, mi sono conosciuto meglio’.
La presenza dell’altro ha creato attaccamento, sicurezze e investimenti emotivi che ora non ci sono più. E’ necessario, in questa fase, creare un’esperienza alternativa al cervello, una presa di coscienza, un ponte di sostegno, atti di consapevolezza che non interferiscano con il suo preziosissimo lavoro di riparazione.
Le decisioni prese in questa prima fase non hanno un potere effettivo totale, ma rappresentano un primo passo affinché la separazione sia presa in considerazione e si realizzino due fenomeni: l’individuazione ‘io sono io’ e l’autonomia ‘grazie a te ho provato, ho vissuto e sono cresciuto … ma io sono io e tu sei tu’.
Già solo ripetere queste frasi crea le basi per alleggerire il carico emotivo, percepire un senso di padronanza, di autostima e consapevolezza delle proprie risorse individuali.
E’ un momento estremamente delicato dove soffrire, soffocare, contenere, sono tutt'uno.
In quel magma, che non solo riguarda la perdita di qualcuno o di qualcosa ma anche passaggi della vita e crisi evolutive, dobbiamo promettere a noi stessi, fin dall'inizio, fin da prima che accada qualcosa che non vorremmo, che: ‘qualsiasi cosa accada faremo il possibile per dare il meglio di noi’.
Riuscirci sempre è un’altra storia, ma provarci è un buon inizio.