Un problema legale, non è mai solo legale.
Come avvocato, infatti, le persone spesso mi portano sul tavolo, insieme alle carte, i loro problemi.
Anzi, spesso la parte giuridica è solamente un piccolissimo frammento del rapporto che intendono risolvere.
Durante il colloquio emergono certamente situazioni e fatti che spesso, tuttavia, sono generati da sentimenti.
Qualcuno che litiga con un vicino di casa e vuole mettere dei confini nel proprio giardino; fratelli che bisticciano per l’assegnazione di una proprietà ereditata da un genitore, mogli e mariti che si contendono i figli riversando i loro affanni su bollette e stipendi; lavoratori che pretendono riconoscimenti dalla loro azienda.
Sono, in verità e per la maggior parte, richieste d’attenzione.
Tutti, indistintamente, hanno bisogno di essere ascoltati e, il più delle volte, quella che dovrebbe essere la soluzione giuridicamente migliore è quella che non accettano di mettere in campo.
Perché?
La rabbia, la frustrazione, la paura attivano meccanismi di difesa che quando esplodono necessitano di un professionista per la loro lettura, la loro diagnosi e la successiva risposta ad una richiesta di aiuto che va oltre qualsiasi norma di legge.
Anche in questo ambito, apparentemente avulso da mentalismi e dietrologie, occorre pertanto ricorrere a strategie di comunicazione efficace affinché le persone prendano coscienza dell’insieme della situazione e non solo di quel singolo fatto. Occorre mediare.
Una delle tecniche più efficaci, a questo proposito, è quella dell’ascolto attivo.
Compresa la dinamica fattuale, si passa alle domande potenti, quelle che aprono la connessione con i nostri bisogni primari, come la realizzazione personale e l’espressione di se stessi, che mettono al centro del colloquio gli istinti gregari, quelli che caratterizzano il “lato umano” del problema.
Così si arriva ad una soluzione, spesso distante da quella giuridica, che tuttavia si riflette in maniera circolare sul vissuto della persona che ci sta di fronte, creando nuove connessioni con l’ambiente e rimettendo in moto meccanismi di autocoscienza molto più efficaci di una singola norma o, addirittura, di un’intera legge.
Salvis juribus (et adfectis).
Come avvocato, infatti, le persone spesso mi portano sul tavolo, insieme alle carte, i loro problemi.
Anzi, spesso la parte giuridica è solamente un piccolissimo frammento del rapporto che intendono risolvere.
Durante il colloquio emergono certamente situazioni e fatti che spesso, tuttavia, sono generati da sentimenti.
Qualcuno che litiga con un vicino di casa e vuole mettere dei confini nel proprio giardino; fratelli che bisticciano per l’assegnazione di una proprietà ereditata da un genitore, mogli e mariti che si contendono i figli riversando i loro affanni su bollette e stipendi; lavoratori che pretendono riconoscimenti dalla loro azienda.
Sono, in verità e per la maggior parte, richieste d’attenzione.
Tutti, indistintamente, hanno bisogno di essere ascoltati e, il più delle volte, quella che dovrebbe essere la soluzione giuridicamente migliore è quella che non accettano di mettere in campo.
Perché?
La rabbia, la frustrazione, la paura attivano meccanismi di difesa che quando esplodono necessitano di un professionista per la loro lettura, la loro diagnosi e la successiva risposta ad una richiesta di aiuto che va oltre qualsiasi norma di legge.
Anche in questo ambito, apparentemente avulso da mentalismi e dietrologie, occorre pertanto ricorrere a strategie di comunicazione efficace affinché le persone prendano coscienza dell’insieme della situazione e non solo di quel singolo fatto. Occorre mediare.
Una delle tecniche più efficaci, a questo proposito, è quella dell’ascolto attivo.
Compresa la dinamica fattuale, si passa alle domande potenti, quelle che aprono la connessione con i nostri bisogni primari, come la realizzazione personale e l’espressione di se stessi, che mettono al centro del colloquio gli istinti gregari, quelli che caratterizzano il “lato umano” del problema.
Così si arriva ad una soluzione, spesso distante da quella giuridica, che tuttavia si riflette in maniera circolare sul vissuto della persona che ci sta di fronte, creando nuove connessioni con l’ambiente e rimettendo in moto meccanismi di autocoscienza molto più efficaci di una singola norma o, addirittura, di un’intera legge.
Salvis juribus (et adfectis).