Passato lo stordimento iniziale, la paura, la confusione, l'emergenza, ci siamo adattati a rimanere chiusi in casa per molte settimane ci siamo abituati ad indossare la mascherina, ci siamo abituati a sentire parole tipo “distanziamento sociale”, ci siamo abituati a non abbracciare i nostri genitori.
Probabilmente, fra qualche tempo questa epidemia passerà, ci immunizzeremo, sarà insomma un brutto periodo da ricordare.
Quello che però non potrà passare con tanta facilità, quello che si è inscritto indelebilmente è nella memoria del corpo.
Il corpo, depositario di tutti i nostri vissuti, esperienze ricordi, si esprime in un costante dialogo tonico, ogni postura che assumiamo parla di noi e di cosa sta succedendo intorno a noi.
Quello che mi colpisce, in questo momento storico, è la prontezza e la destrezza con cui il nostro corpo si è tarato, adattato, ha assimilato dei gesti, degli atti motori veri e propri in risposta ad un ambiente che prevede “il distanziamento sociale.
La natura di queste riflessioni è duplice, ovvero c'è un'osservazione immediata, spontanea, data anche dalla mia esperienza di quando per esempio sono al supermercato a fare la spesa, e nell'incrociare una persona tra gli scaffali, il corpo ha imparato, ancor prima che sia la mente a guidarlo, a mettere in scena un pittoresco ed efficacie “balletto” per evitare una vicinanza che sia troppo vicina!
Altro gesto, che ha una valenza sociale e comunicativa altissima, la famosa stretta di mano appena si conosce una persona: abolita! Come ci viene in aiuto il corpo?
Con una strepitosa mimica del viso, con accenni di inchini, con enfasi nel dire “Piacere”.
L'altro aspetto delle mie riflessioni è relativo allo sguardo specifico che ho sul corpo e i suoi vissuti, nell'ambito della mia professione di Psicomotricista.
La prima domanda che mi sono posta, quando ho ripreso a giugno a rivedere i bambini, è stata: “Quale Psicomotricità senza il corpo, il contatto?” Premetto col dirvi che lo Psicomotricista usa moltissimo il proprio corpo in relazione con l'altro. E' un corpo che contiene, che amplifica, che prolunga il gesto del bambino, che rallenta in risposta di un ritmo troppo veloce, è un corpo che si aggiusta continuamente. Il corpo è un vero e proprio strumento di lavoro e la maggior parte del dialogo, ha una qualità di dialogo tonico, che è la forma più arcaica di comunicazione e che continuerà nelle relazioni per tutta la vita. Il tono è legato alla sfera emotiva, al vissuto e alla storia che ha avuto quella persona, quel corpo e lo si percepisce attraverso la vicinanza, il contatto, lo scambio.
Mi sto chiedendo, con molta preoccupazione, com'è essere un bambino piccolo in questo periodo:
penso ai bambini che frequentano l'asilo Nido, per esempio: contatti limitati con gli altri bimbi, niente contenimenti e “rifugi” corporei, mascherine che nascondono sorrisi e parole da “leggere” sulle labbra (importante modo per apprendere il linguaggio verbale tra l'altro).
Nutro, d'altro canto, una illimitata fiducia nei bimbi e nelle loro risorse e credo troveranno altre modalità di contatto, andranno “oltre” il corpo, e come sta capitando anche a noi adulti, il corpo troverà strategie per compensare la distanza.
Questa è la mia parte razionale, la tendenza attualizzante che mi fa sperare in un superamento senza grandi traumi per questi bimbi, ma se ascolto lo sfondo emotivo di questo mio scritto, sento amarezza e preoccupazione. Rivedo Benedetta, una bimba di 4 anni, che è ritornata dopo un lungo periodo che non ci vedevamo e che è scoppiata a piangere perché le era difficile essere lì senza la sua mamma, e quando istintivamente le ho porto la mano, tra le lacrime mi ha detto “ma non ci possiamo più toccare noi adesso!”
Memoria e vissuto che resteranno impresse per sempre ogni volta che penserò a questa pandemia.