Mi viene di andare controtendenza.
Preciso meglio il mio pensiero e mi rivolgo alla formazione degli adulti.
Formarsi prevede di avere una base di studi e cioè delle mappe mentali articolate, un metodo di apprendimento capace di assimilare e orientare le esperienze verso un risultato atteso e una disposizione a trasformare un concetto in un’idea, un’emozione, un’azione.
Detto questo, credo si possa imparare partecipando a qualsiasi cosa, dalla formazione apparentemente inutile di formatori tutta fuffa e furbizia, a quelli più motivati e comunicativi.
Se ad esempio in un corso accadono cose non molto interessanti, occorre usare il proprio algoritmo di ricercatore per individuare nelle cose ascoltate e sperimentate il proprio spazio di riflessione e di orientamento ai propri fini, con intenzionalità e coinvolgimento.
Non siamo tutti geni della formazione e quello che ognuno mette in campo è un insieme di potenzialità, talvolta mal dispiegate o mal organizzate. Nonostante ciò si può portare a casa tanto lo stesso, si impara parecchio da quello bravo e si impara anche di più da quello meno bravo.
Quello che fa la differenza è avere in anticipo un buon metodo di studio in grado di mappare le informazioni e tradurle in azioni orientate ai propri obiettivi.
Così, in un corso di formazione si possono cogliere informazioni disarticolate e ugualmente portare a casa un programma, una lettura, una citazione, una serie di interventi, una sequela di esposizioni, una quantità di esercizi e di suggerimenti pratici da attuare perché non è il corso in sé che conta, quello che conta è la realtà che siamo in grado di osservare e di far emergere.
Da un esercizio, da una citazione, da una procedura, da un discorso, etc., quello che fa la differenza non è l’immediato uso dello strumento, ma è cosa ci facciamo noi che lo rende utile per le nostre esigenze. Se si riesce ad estrarre informazioni da cose banali, si diventa ricercatori del DNA di ogni esperienza e per capacità di visione e di estrazione, anche artisti.
Capaci di trovare quello che serve anche da campi di informazione che, per quanto mi riguarda, sono solo in apparenza deboli.
Preciso meglio il mio pensiero e mi rivolgo alla formazione degli adulti.
Formarsi prevede di avere una base di studi e cioè delle mappe mentali articolate, un metodo di apprendimento capace di assimilare e orientare le esperienze verso un risultato atteso e una disposizione a trasformare un concetto in un’idea, un’emozione, un’azione.
Detto questo, credo si possa imparare partecipando a qualsiasi cosa, dalla formazione apparentemente inutile di formatori tutta fuffa e furbizia, a quelli più motivati e comunicativi.
Se ad esempio in un corso accadono cose non molto interessanti, occorre usare il proprio algoritmo di ricercatore per individuare nelle cose ascoltate e sperimentate il proprio spazio di riflessione e di orientamento ai propri fini, con intenzionalità e coinvolgimento.
Non siamo tutti geni della formazione e quello che ognuno mette in campo è un insieme di potenzialità, talvolta mal dispiegate o mal organizzate. Nonostante ciò si può portare a casa tanto lo stesso, si impara parecchio da quello bravo e si impara anche di più da quello meno bravo.
Quello che fa la differenza è avere in anticipo un buon metodo di studio in grado di mappare le informazioni e tradurle in azioni orientate ai propri obiettivi.
Così, in un corso di formazione si possono cogliere informazioni disarticolate e ugualmente portare a casa un programma, una lettura, una citazione, una serie di interventi, una sequela di esposizioni, una quantità di esercizi e di suggerimenti pratici da attuare perché non è il corso in sé che conta, quello che conta è la realtà che siamo in grado di osservare e di far emergere.
Da un esercizio, da una citazione, da una procedura, da un discorso, etc., quello che fa la differenza non è l’immediato uso dello strumento, ma è cosa ci facciamo noi che lo rende utile per le nostre esigenze. Se si riesce ad estrarre informazioni da cose banali, si diventa ricercatori del DNA di ogni esperienza e per capacità di visione e di estrazione, anche artisti.
Capaci di trovare quello che serve anche da campi di informazione che, per quanto mi riguarda, sono solo in apparenza deboli.