
Non esiste un presupposto di fondo nella percezione del benessere. Esistono parametri di varia natura, che sanciscono forme di autodeterminazione così complesse e uniche da rendere spesso difficile la comunicazione tra gli individui, e da mettere in contrasto comunità con istanze inconciliabili.
Detto questo, vale la pena portare una riflessione ad ampio respiro, su ciò che la società moderna (il mondo occidentale nello specifico) potrebbe pensare di abbandonare, ponendosi come obiettivo a medio/lungo raggio l'allontanamento da certi stereotipi e luoghi comuni che nascono come diretta conseguenza dell'affermazione del modello "self made man", espressione di un individualismo tanto caro al moderno capitalismo. Tale riferimento, al tempo della sua nascita appariva effettivamente vincente; i ricorsi della storia davano ragione di un certo atteggiamento sganciato dai radicamento arcaici del retaggio culturale di origine. Ad oggi però, tale retaggio appare un po' obsoleto. Oggi che economie emergenti come la Cina ci mostrano la forza dello spirito di aggregazione, nel bene e nel male, ponendo il limite dell'uomo solo che determina se stesso. Oggi che l'ambiente presenta forte il conto, obbligandoci a un cambio di rotta verso il green.
Va da sé, che se il mondo occidentale non rivede il proprio concetto di goal, rischia inesorabilmente di restare incastrato in uno stereotipo asfittico quanto completamente avulso dai reali bisogni della società stessa. In quest'ottica integrata dei bisogni umani, viene da chiedersi se per i paesi industrializzati abbia un senso mettersi in competizione con le emergenti economie, le quali per diverse ragioni, hanno "atteso" il loro momento di espansione. Parrebbe oltretutto una direzione anacronistica quanto illogica, avendo avuto le società occidentali, tutto il tempo di "sfamare" i bisogni ancestrali e di esplorare il benessere senza limiti né censure. Impossibile non fermarci ora a osservare altre culture che si avvicendano per la prima volta in questa esplorazione. Impossibile non essere incuriositi da come vengono affrontate certe dinamiche, a fronte di un presupposto di fondo molto differente. Intelligente infine, apprendere dal confronto con la diversità. In ultima istanza, non si può non rivolgere uno sguardo all'interno. La fase del consumo e dell'espansione fine a se stessa giunge al termine per noi, ma non come condizione super imposta, quanto piuttosto come bisogno soddisfatto. Indugiare nella crescita, appare quasi iatrogeno.
Se di nuovo dobbiamo domandarci cosa è per noi il benessere, guardiamo al futuro. Dove il dominio appartiene alla creatività, alla ricerca della qualità, e se qualcosa si espande è il proprio senso del se: è il come, a discapito del quanto. Come siamo arrivati a essere ciò che siamo? Come possiamo cambiare? Come possiamo salvare il pianeta? Come possiamo essere felici?
In quest'ottica gli scenari possibili sono due: una società totalmente individualista, che non ha perso la sua storica radice di sopraffazione, che orienta tempestivamente la propria economia verso il futuro, entrando in competizione con le economie di cui sopra. O una società già sazia. Satolla. Che "riposa", almeno al momento. Che siede e ozia, lasciando il passo ad altri, restando immobile e uguale a se stessa ancora per un paio di generazioni. Giusto il tempo di un inevitabile meltin pot.
Detto questo, vale la pena portare una riflessione ad ampio respiro, su ciò che la società moderna (il mondo occidentale nello specifico) potrebbe pensare di abbandonare, ponendosi come obiettivo a medio/lungo raggio l'allontanamento da certi stereotipi e luoghi comuni che nascono come diretta conseguenza dell'affermazione del modello "self made man", espressione di un individualismo tanto caro al moderno capitalismo. Tale riferimento, al tempo della sua nascita appariva effettivamente vincente; i ricorsi della storia davano ragione di un certo atteggiamento sganciato dai radicamento arcaici del retaggio culturale di origine. Ad oggi però, tale retaggio appare un po' obsoleto. Oggi che economie emergenti come la Cina ci mostrano la forza dello spirito di aggregazione, nel bene e nel male, ponendo il limite dell'uomo solo che determina se stesso. Oggi che l'ambiente presenta forte il conto, obbligandoci a un cambio di rotta verso il green.
Va da sé, che se il mondo occidentale non rivede il proprio concetto di goal, rischia inesorabilmente di restare incastrato in uno stereotipo asfittico quanto completamente avulso dai reali bisogni della società stessa. In quest'ottica integrata dei bisogni umani, viene da chiedersi se per i paesi industrializzati abbia un senso mettersi in competizione con le emergenti economie, le quali per diverse ragioni, hanno "atteso" il loro momento di espansione. Parrebbe oltretutto una direzione anacronistica quanto illogica, avendo avuto le società occidentali, tutto il tempo di "sfamare" i bisogni ancestrali e di esplorare il benessere senza limiti né censure. Impossibile non fermarci ora a osservare altre culture che si avvicendano per la prima volta in questa esplorazione. Impossibile non essere incuriositi da come vengono affrontate certe dinamiche, a fronte di un presupposto di fondo molto differente. Intelligente infine, apprendere dal confronto con la diversità. In ultima istanza, non si può non rivolgere uno sguardo all'interno. La fase del consumo e dell'espansione fine a se stessa giunge al termine per noi, ma non come condizione super imposta, quanto piuttosto come bisogno soddisfatto. Indugiare nella crescita, appare quasi iatrogeno.
Se di nuovo dobbiamo domandarci cosa è per noi il benessere, guardiamo al futuro. Dove il dominio appartiene alla creatività, alla ricerca della qualità, e se qualcosa si espande è il proprio senso del se: è il come, a discapito del quanto. Come siamo arrivati a essere ciò che siamo? Come possiamo cambiare? Come possiamo salvare il pianeta? Come possiamo essere felici?
In quest'ottica gli scenari possibili sono due: una società totalmente individualista, che non ha perso la sua storica radice di sopraffazione, che orienta tempestivamente la propria economia verso il futuro, entrando in competizione con le economie di cui sopra. O una società già sazia. Satolla. Che "riposa", almeno al momento. Che siede e ozia, lasciando il passo ad altri, restando immobile e uguale a se stessa ancora per un paio di generazioni. Giusto il tempo di un inevitabile meltin pot.