Sono sempre stata attratta dai misteri del mondo. Mi appassionava l’archeologia: ho assistito a delle operazioni di scavo in una vasta area non lontano dalla casa in cui abitavo da piccola con la mia famiglia e ricordo lo stupore nei miei occhi, quando ho potuto avvicinare lo sguardo a quelle grandi buche, da cui si vedevano reperti di un mondo antico. Le prove di una civiltà lette sui libri al capitolo “preistoria” erano lì, davanti a me. Andavo poi esplorando negli orti e nei prati, in luoghi un po’ nascosti, con gli amici, alla ricerca di fossili, contagiata dall’animo da Indiana Jones di mio padre.
Eccomi, oggi, di nuovo, nelle vesti dell’esploratrice, con una differenza: non cerco reperti, ma verità; non cerco siti preistorici, ma scandaglio l’animo per trovare intuizioni, risposte se non, addirittura, domande. Così, nel ruolo di coach o counsellor ci si predispone a conoscere e, prima di tutto, a gestire l’imprevisto, il “non noto” che sta dietro le parole di chi sceglie di andare in aiuto di se stesso. L’esplor-azione, nel coaching o counselling, si fa arte maieutica ovvero “moto verso la scoperta di verità” che si rivelano in modo sempre più nitido.
Servono precisi strumenti: ascolto, empatia, non interferenza, pazienza, non urgenza e un ambiente accogliente, una sedia o una poltrona, domande, tante domande e attesa. Da buoni esploratori, si raccolgono le prime tracce e poi si scende sempre più in profondità, nel dettaglio, sondando il terreno fertile da cui far sgorgare le prime gocce d’acqua, i “non detti” che, riemersi, nutrono fiumi in piena. A quel punto nuovi semi metteranno radici e germoglieranno: sono i semi della consapevolezza e della conoscenza ovvero delle due pietre filosofali della propria evoluzione interiore. Sono due doni preziosi da condividere: chi li possiede se ne arricchisce, mettendoli a disposizione degli altri, attraverso il proprio esempio, la propria ispirazione riattivata.
Quando si esplora, è inevitabile incontrare ostacoli quali resistenze, paure, schemi, aree di comfort, preconcetti. Proprio in questo buio, chi va esplorando, accende una torcia per vederci meglio e lì si accorge che ci sono altre gallerie da percorrere, altre pareti su cui aggrapparsi. E, all’improvviso, quella che sembrava una grotta senza via di uscita, diventa un tunnel che, a un certo punto, finisce. Dall’altra parte, si trovano nuove idee, nuove visioni, nuove linee di azione per orientarsi meglio nella vita, nella gestione delle proprie emozioni, nell’assegnazione di significato agli eventi che accadono. Si sceglie di vedere in un certo modo, anziché in un altro.
I “cercatori d’oro” non desistono facilmente: mappa alla mano, vanno avanti con grande motivazione sul percorso che tracciano, passo dopo passo. Non tornano indietro e, quando arriveranno alla meta, non saranno più uguali a prima: ogni intuizione costituirà una prova del buon esito del viaggio e ogni prova diverrà una testimonianza di una vera e propria ritrovata ricchezza.
È curioso osservare quale ideale di felicità amino gli uomini e in quali singolari posti essi cerchino la sua sorgente. Alcuni la cercano nell'ammucchiare ricchezze, alcuni nella superbia del potere, altri nelle conquiste dell'arte e della letteratura. Pochi la cercano nell'esplorazione del loro spirito o nel miglioramento della conoscenza.
(Helen Keller)
Eccomi, oggi, di nuovo, nelle vesti dell’esploratrice, con una differenza: non cerco reperti, ma verità; non cerco siti preistorici, ma scandaglio l’animo per trovare intuizioni, risposte se non, addirittura, domande. Così, nel ruolo di coach o counsellor ci si predispone a conoscere e, prima di tutto, a gestire l’imprevisto, il “non noto” che sta dietro le parole di chi sceglie di andare in aiuto di se stesso. L’esplor-azione, nel coaching o counselling, si fa arte maieutica ovvero “moto verso la scoperta di verità” che si rivelano in modo sempre più nitido.
Servono precisi strumenti: ascolto, empatia, non interferenza, pazienza, non urgenza e un ambiente accogliente, una sedia o una poltrona, domande, tante domande e attesa. Da buoni esploratori, si raccolgono le prime tracce e poi si scende sempre più in profondità, nel dettaglio, sondando il terreno fertile da cui far sgorgare le prime gocce d’acqua, i “non detti” che, riemersi, nutrono fiumi in piena. A quel punto nuovi semi metteranno radici e germoglieranno: sono i semi della consapevolezza e della conoscenza ovvero delle due pietre filosofali della propria evoluzione interiore. Sono due doni preziosi da condividere: chi li possiede se ne arricchisce, mettendoli a disposizione degli altri, attraverso il proprio esempio, la propria ispirazione riattivata.
Quando si esplora, è inevitabile incontrare ostacoli quali resistenze, paure, schemi, aree di comfort, preconcetti. Proprio in questo buio, chi va esplorando, accende una torcia per vederci meglio e lì si accorge che ci sono altre gallerie da percorrere, altre pareti su cui aggrapparsi. E, all’improvviso, quella che sembrava una grotta senza via di uscita, diventa un tunnel che, a un certo punto, finisce. Dall’altra parte, si trovano nuove idee, nuove visioni, nuove linee di azione per orientarsi meglio nella vita, nella gestione delle proprie emozioni, nell’assegnazione di significato agli eventi che accadono. Si sceglie di vedere in un certo modo, anziché in un altro.
I “cercatori d’oro” non desistono facilmente: mappa alla mano, vanno avanti con grande motivazione sul percorso che tracciano, passo dopo passo. Non tornano indietro e, quando arriveranno alla meta, non saranno più uguali a prima: ogni intuizione costituirà una prova del buon esito del viaggio e ogni prova diverrà una testimonianza di una vera e propria ritrovata ricchezza.
È curioso osservare quale ideale di felicità amino gli uomini e in quali singolari posti essi cerchino la sua sorgente. Alcuni la cercano nell'ammucchiare ricchezze, alcuni nella superbia del potere, altri nelle conquiste dell'arte e della letteratura. Pochi la cercano nell'esplorazione del loro spirito o nel miglioramento della conoscenza.
(Helen Keller)