
L’eccellenza è un’arte ottenuta attraverso l’addestramento e l’abitudine. Noi non agiamo bene perché abbiamo virtù o eccellenza, ma abbiamo piuttosto queste due perché abbiamo agito correttamente. Noi siamo ciò che facciamo ripetutamente.
Eccellenza, allora, non è un atto, ma un’abitudine.
(Aristotele)
Lo sport insegna a vincere e a perdere.
Una delle più grandi lezioni che trasmette ai giovani, ma anche agli adulti è che non si può vincere sempre. E di pari passo insegna anche ad accettare la sconfitta. Il valore della persona poi, si manifesta anche nel modo in cui è capace di vincere, ma anche di perdere. Se al momento della sconfitta non si trovano scuse, alibi o colpevoli, ma ci si prepara a vincere la volta successiva (attivando anche un processo di autoanalisi consapevole), allora in quel caso, è stato fatto un grande passo lungo la strada che porta al’eccellenza. Perché l’eccellenza non è una persona, un singolo. L’eccellenza, come sosteneva Aristotele, è un processo graduale, che avviene step by step, con l’alternanza di momenti vincenti e necessariamente anche di sconfitte. E spesso è proprio il modo in cui vengono gestite quest’ultime che può determinare dei grandi passi avanti, o indietro, nel processo che porta all’eccellenza.
Chi pratica sport sa che deve ricercare continuamente l’eccellenza, perché non basta fare le cose bene, ma è necessario riuscire a farle meglio degli altri per riuscire a vincere. Se si fanno bene ma l’avversario riesce a farle anche un poco meglio, si perde la partita, la gara o il campionato, pur essendosi allenati in maniera corretta.
A tal proposito, bisogna fare attenzione a non confondere la perfezione con l’eccellenza. La prima infatti è qualcosa di irrealizzabile. È un’idea che tende a cristallizzare la prestazione in un modello impossibile da attuare. È impensabile che non si possa commettere nemmeno un errore e poiché per definizione, per quanto uno si sforzi, non si potrà mai raggiungere la perfezione, si genererà di conseguenza uno stato di continua insoddisfazione e frustrazione che influirà negativamente sulla performance.
L’eccellenza è, invece, la capacità di commettere meno errori possibili durante un processo a lungo termine, in cui l’individuo si evolve metabolizzando vittorie e sconfitte, focalizzando la propria attenzione ed impiegando le proprie energie per migliorare un particolare per volta (e non tutti insieme come invece vorrebbe la perfezione). “Lottare per la perfezione è il più grande freno che esista… È la tua scusa personale per non fare nulla. Invece, lotta per l’eccellenza, facendo del tuo meglio”. (Sir Laurence Olivier).
Si innesca così il circolo virtuoso dell’abitudine all’eccellenza, un processo che si costruisce poco per volta, giorno per giorno, conseguendo obiettivi graduali e commisurati alle proprie capacità del momento.
Per cui in 5 minuti, quale attività potresti fare adesso per migliorarti ed innescare l’abitudine della tua eccellenza?
Eccellenza, allora, non è un atto, ma un’abitudine.
(Aristotele)
Lo sport insegna a vincere e a perdere.
Una delle più grandi lezioni che trasmette ai giovani, ma anche agli adulti è che non si può vincere sempre. E di pari passo insegna anche ad accettare la sconfitta. Il valore della persona poi, si manifesta anche nel modo in cui è capace di vincere, ma anche di perdere. Se al momento della sconfitta non si trovano scuse, alibi o colpevoli, ma ci si prepara a vincere la volta successiva (attivando anche un processo di autoanalisi consapevole), allora in quel caso, è stato fatto un grande passo lungo la strada che porta al’eccellenza. Perché l’eccellenza non è una persona, un singolo. L’eccellenza, come sosteneva Aristotele, è un processo graduale, che avviene step by step, con l’alternanza di momenti vincenti e necessariamente anche di sconfitte. E spesso è proprio il modo in cui vengono gestite quest’ultime che può determinare dei grandi passi avanti, o indietro, nel processo che porta all’eccellenza.
Chi pratica sport sa che deve ricercare continuamente l’eccellenza, perché non basta fare le cose bene, ma è necessario riuscire a farle meglio degli altri per riuscire a vincere. Se si fanno bene ma l’avversario riesce a farle anche un poco meglio, si perde la partita, la gara o il campionato, pur essendosi allenati in maniera corretta.
A tal proposito, bisogna fare attenzione a non confondere la perfezione con l’eccellenza. La prima infatti è qualcosa di irrealizzabile. È un’idea che tende a cristallizzare la prestazione in un modello impossibile da attuare. È impensabile che non si possa commettere nemmeno un errore e poiché per definizione, per quanto uno si sforzi, non si potrà mai raggiungere la perfezione, si genererà di conseguenza uno stato di continua insoddisfazione e frustrazione che influirà negativamente sulla performance.
L’eccellenza è, invece, la capacità di commettere meno errori possibili durante un processo a lungo termine, in cui l’individuo si evolve metabolizzando vittorie e sconfitte, focalizzando la propria attenzione ed impiegando le proprie energie per migliorare un particolare per volta (e non tutti insieme come invece vorrebbe la perfezione). “Lottare per la perfezione è il più grande freno che esista… È la tua scusa personale per non fare nulla. Invece, lotta per l’eccellenza, facendo del tuo meglio”. (Sir Laurence Olivier).
Si innesca così il circolo virtuoso dell’abitudine all’eccellenza, un processo che si costruisce poco per volta, giorno per giorno, conseguendo obiettivi graduali e commisurati alle proprie capacità del momento.
Per cui in 5 minuti, quale attività potresti fare adesso per migliorarti ed innescare l’abitudine della tua eccellenza?