In questo periodo, la vita mi sta insegnando, a volte sbattendo in faccia, come, spesso, tutto sia una questione di confini. Il confine tra me e gli altri, tra dentro e fuori, tra amicizia e amore, tra giusto e sbagliato, tra verità e menzogna, fino ad arrivare al confine supremo tra i due grandi principi, il Bene e il Male, che da sempre l’uomo, attraverso filosofia e religione, ha cercato di comprendere, di indagare, di spiegare.
In particolare, mi appare sempre più chiaro come Bene e Male, seppur apparentemente due dimensioni antitetiche, viaggino spesso sullo stesso binario, siano due realtà impastate, intrecciate, a volte in maniera serrata.
Ecco una profonda amicizia che, all’improvviso, si trasforma e fa soffrire; ecco un progetto, nato con le migliori intenzioni, che diventa rischioso e sconfina nell’illegale; ecco una sana politica che assume l’aspetto della propaganda e mistifica la realtà; ecco una scuola di formazione che insegna alti valori e, nella pratica, li tradisce, facendo perdere agli stessi studenti l’amore per quei valori ... alto tradimento !!
Che delusione quando accade tutto ciò ... E che fare ...?
Soffrire, intanto, è legittimo, e forse è la prima cosa da fare: significa che ancora, in qualche modo, aspiriamo al Bene.
Fermarsi è il secondo passo ... e ricapitolare...: Cos’é accaduto? Dove il confine si è spostato e si è passati oltre? Dove il Bene è diventato Male, l’amicizia conflitto, l’insegnamento tradimento? E io, dov’ero in tutto ciò? Come l’ho vissuto?
Altro passo, per me, è accettare. Accettare che Bene e Male esistono, che non sempre si possono tenere distinti, perché entrambi fanno parte del mondo e, ahimè, anche di noi, anche di me.
Accettare, tuttavia, non significa né restare passivi, rassegnarsi all’idea che tutto può essere contaminato e compromesso, né, tantomeno e ancor peggio, entrare in un pericoloso “relativismo culturale” che dichiara che va bene tutto e il contrario di tutto, perché, tanto, il confine tra Bene e Male è talmente sottile che, alla fine, sono quasi la stessa cosa e, allora, ognuno faccia un po’ quello che vuole e va bene così. Eh no: né la passività, né il relativismo mi paiono la giusta risposta alla questione dei confini, non mi sembrano soluzioni oneste.
Credo, invece, che nel gioco dei confini sia necessario metterci molti occhi e molte orecchie. Osservazione e ascolto.
Osservare la realtà che ci circonda, le persone, i fatti, i comportamenti ... e poi portare gli occhi dentro, alla nostra realtà interiore.
Ascoltare le voci che vengono da fuori, le parole, i suoni, i toni, i silenzi ... e poi ascoltare la nostra voce interiore e fare silenzio.
Osservazione ed auto-osservazione, ascolto ed auto-ascolto.
Poi, solo dopo, arriva il discernimento, la capacità sottile di distinguere il Bene dal Male fuori e dentro di noi, ciò che ci fa bene, da ciò che ci fa male. Il discernimento è la visione lucida del confine e la capacità volontaria di scegliere di spostarlo ... quando quell’amicizia è troppo vincolante, quando l’amore è diventato possesso, quando il gruppo è condizionamento, quando quella politica non rispetta più l’etica, almeno la propria, quando quella scuola antepone gli interessi e il potere ai valori che dovrebbe trasmettere, quando il Bene è diventato Male.
E scegliere di spostare un confine, di ripristinarlo o di costruirlo ex-novo, talvolta impone anche di “andare via” e abbandonare il campo. Non è una cosa facile, ma, in certi casi, è l’unica soluzione, è la “scelta salva-vita” e l’abbandono diventa di per sé il nuovo confine, quello più sano da mettere quando al di là c’é il buio più nero, il male più male. Ma bisogna ascoltare e osservare. Osservarsi e ascoltarsi con onestà.
Altre volte, quando, oltre il confine, la faccenda non è così rischiosa, non serve andare via, si può andare avanti, “restare” ... in una relazione, in una situazione, in un ambiente, ma si può scegliere di tenere ciò che è buono per noi e di lasciare andare ciò che ci fa male. E continuare la propria strada con lo zaino alleggerito.
E poi ci sono le volte in cui bisogna avere il coraggio di “andare contro”, in cui il confine va abbattuto, demolito, per poi spostarlo un po’ più in qua o un po’ più in là ... ma prima bisogna fare piazza pulita ed opporsi.
Infine, arriva anche il momento dell’”andare verso”, dell’avvicinarsi al confine, proprio o dell’altro, con delicatezza, magari a braccia aperte, e stare a vedere, osservarlo quel confine, assaporarlo e forse decidere che è proprio messo al posto giusto, non potrebbe che stare lì.
“Andare via”, “stare con”, “andare contro”, “andare verso”, tutti schemi affettivo-motori imprescindibili e preziosissimi per riuscire a gestire i confini, per trovare il proprio “giusto spazio”, per creare quel po’ di prospettiva che ci permetta di vedere fin dove arriva il Bene e dove inizia il Male e mettere un po’ di distanza tra i due.
In quest’ultimo anno ho visto, più o meno chiaramente, molti confini, ho alleggerito molte volte lo zaino, ho accolto un po’ i confini degli altri, ho imparato ad oppormi e ad abbattere i confini ... ultimamente ho anche abbandonato, ho deciso di andare via, in alcuni casi per sempre...
Che fatica !! Che sofferenze !! Eppure sento, ogni giorno di più, quanto sia vitale questa “danza di confini”, quanto sia la chiave per la crescita interiore e per l’auto-miglioramento. Non se ne può proprio fare a meno. E’ tutta una questione di confini.
In particolare, mi appare sempre più chiaro come Bene e Male, seppur apparentemente due dimensioni antitetiche, viaggino spesso sullo stesso binario, siano due realtà impastate, intrecciate, a volte in maniera serrata.
Ecco una profonda amicizia che, all’improvviso, si trasforma e fa soffrire; ecco un progetto, nato con le migliori intenzioni, che diventa rischioso e sconfina nell’illegale; ecco una sana politica che assume l’aspetto della propaganda e mistifica la realtà; ecco una scuola di formazione che insegna alti valori e, nella pratica, li tradisce, facendo perdere agli stessi studenti l’amore per quei valori ... alto tradimento !!
Che delusione quando accade tutto ciò ... E che fare ...?
Soffrire, intanto, è legittimo, e forse è la prima cosa da fare: significa che ancora, in qualche modo, aspiriamo al Bene.
Fermarsi è il secondo passo ... e ricapitolare...: Cos’é accaduto? Dove il confine si è spostato e si è passati oltre? Dove il Bene è diventato Male, l’amicizia conflitto, l’insegnamento tradimento? E io, dov’ero in tutto ciò? Come l’ho vissuto?
Altro passo, per me, è accettare. Accettare che Bene e Male esistono, che non sempre si possono tenere distinti, perché entrambi fanno parte del mondo e, ahimè, anche di noi, anche di me.
Accettare, tuttavia, non significa né restare passivi, rassegnarsi all’idea che tutto può essere contaminato e compromesso, né, tantomeno e ancor peggio, entrare in un pericoloso “relativismo culturale” che dichiara che va bene tutto e il contrario di tutto, perché, tanto, il confine tra Bene e Male è talmente sottile che, alla fine, sono quasi la stessa cosa e, allora, ognuno faccia un po’ quello che vuole e va bene così. Eh no: né la passività, né il relativismo mi paiono la giusta risposta alla questione dei confini, non mi sembrano soluzioni oneste.
Credo, invece, che nel gioco dei confini sia necessario metterci molti occhi e molte orecchie. Osservazione e ascolto.
Osservare la realtà che ci circonda, le persone, i fatti, i comportamenti ... e poi portare gli occhi dentro, alla nostra realtà interiore.
Ascoltare le voci che vengono da fuori, le parole, i suoni, i toni, i silenzi ... e poi ascoltare la nostra voce interiore e fare silenzio.
Osservazione ed auto-osservazione, ascolto ed auto-ascolto.
Poi, solo dopo, arriva il discernimento, la capacità sottile di distinguere il Bene dal Male fuori e dentro di noi, ciò che ci fa bene, da ciò che ci fa male. Il discernimento è la visione lucida del confine e la capacità volontaria di scegliere di spostarlo ... quando quell’amicizia è troppo vincolante, quando l’amore è diventato possesso, quando il gruppo è condizionamento, quando quella politica non rispetta più l’etica, almeno la propria, quando quella scuola antepone gli interessi e il potere ai valori che dovrebbe trasmettere, quando il Bene è diventato Male.
E scegliere di spostare un confine, di ripristinarlo o di costruirlo ex-novo, talvolta impone anche di “andare via” e abbandonare il campo. Non è una cosa facile, ma, in certi casi, è l’unica soluzione, è la “scelta salva-vita” e l’abbandono diventa di per sé il nuovo confine, quello più sano da mettere quando al di là c’é il buio più nero, il male più male. Ma bisogna ascoltare e osservare. Osservarsi e ascoltarsi con onestà.
Altre volte, quando, oltre il confine, la faccenda non è così rischiosa, non serve andare via, si può andare avanti, “restare” ... in una relazione, in una situazione, in un ambiente, ma si può scegliere di tenere ciò che è buono per noi e di lasciare andare ciò che ci fa male. E continuare la propria strada con lo zaino alleggerito.
E poi ci sono le volte in cui bisogna avere il coraggio di “andare contro”, in cui il confine va abbattuto, demolito, per poi spostarlo un po’ più in qua o un po’ più in là ... ma prima bisogna fare piazza pulita ed opporsi.
Infine, arriva anche il momento dell’”andare verso”, dell’avvicinarsi al confine, proprio o dell’altro, con delicatezza, magari a braccia aperte, e stare a vedere, osservarlo quel confine, assaporarlo e forse decidere che è proprio messo al posto giusto, non potrebbe che stare lì.
“Andare via”, “stare con”, “andare contro”, “andare verso”, tutti schemi affettivo-motori imprescindibili e preziosissimi per riuscire a gestire i confini, per trovare il proprio “giusto spazio”, per creare quel po’ di prospettiva che ci permetta di vedere fin dove arriva il Bene e dove inizia il Male e mettere un po’ di distanza tra i due.
In quest’ultimo anno ho visto, più o meno chiaramente, molti confini, ho alleggerito molte volte lo zaino, ho accolto un po’ i confini degli altri, ho imparato ad oppormi e ad abbattere i confini ... ultimamente ho anche abbandonato, ho deciso di andare via, in alcuni casi per sempre...
Che fatica !! Che sofferenze !! Eppure sento, ogni giorno di più, quanto sia vitale questa “danza di confini”, quanto sia la chiave per la crescita interiore e per l’auto-miglioramento. Non se ne può proprio fare a meno. E’ tutta una questione di confini.