Da un articolo di Lara Ferrara pubblicato su Itali@Magazine ho trovato questo paragrafo interessante:
La definizione più semplice della felicità è “non aver bisogno di nulla se non di se stessi”. Il problema è che per raggiungere questo stadio di autonomia sarebbe necessario possedere una notevole quantità di stoicismo o di cinismo. Diogene arringava la folla gridando “Ehi, uomini!” e all'accorrere di molti, li respinge sprezzante “Uomini chiamai, non canaglie”.
Interessante il parallelo con la Divina Commedia dove Dante ci ricorda per bocca di Ulisse:
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza. (Inf, XXVI)
Siamo dei bruti ? Siamo delle canaglie ?
Dipende, se seguiamo, come invita Dante, la virtù e la conoscenza.
La conoscenza non è solo esteriore ma è anche rivolta al trascendente e allo studio di sé stessi.
E qui oltre che avere a che fare con sé stessi pensare ad avere un buon coach è una delle idee migliori che ci possano venire.
Un buon coach, con le sue domande, accelera l' avvicinamento degli obiettivi relativi all'essere più virtuosi in tutti i campi che decidiamo fondamentali per noi.
Veniamo portati con il coaching ad acquisire velocemente quegli insight su di sé che da soli non potremmo mai aver avuto. Nessun libro di self help potrà sostituire la presenza, il calore, l' interattività di un buon coach.
E la cosa più straordinaria da pensare è che tutti, proprio tutti noi, abbiamo o avremmo bisogno di un buon coach per le sfide che la vita ci porta. Per essere quegli uomini che Diogene cerca e chiama.
Per essere poi, in contatto vero con noi stessi, per essere felici.
La definizione più semplice della felicità è “non aver bisogno di nulla se non di se stessi”. Il problema è che per raggiungere questo stadio di autonomia sarebbe necessario possedere una notevole quantità di stoicismo o di cinismo. Diogene arringava la folla gridando “Ehi, uomini!” e all'accorrere di molti, li respinge sprezzante “Uomini chiamai, non canaglie”.
Interessante il parallelo con la Divina Commedia dove Dante ci ricorda per bocca di Ulisse:
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza. (Inf, XXVI)
Siamo dei bruti ? Siamo delle canaglie ?
Dipende, se seguiamo, come invita Dante, la virtù e la conoscenza.
La conoscenza non è solo esteriore ma è anche rivolta al trascendente e allo studio di sé stessi.
E qui oltre che avere a che fare con sé stessi pensare ad avere un buon coach è una delle idee migliori che ci possano venire.
Un buon coach, con le sue domande, accelera l' avvicinamento degli obiettivi relativi all'essere più virtuosi in tutti i campi che decidiamo fondamentali per noi.
Veniamo portati con il coaching ad acquisire velocemente quegli insight su di sé che da soli non potremmo mai aver avuto. Nessun libro di self help potrà sostituire la presenza, il calore, l' interattività di un buon coach.
E la cosa più straordinaria da pensare è che tutti, proprio tutti noi, abbiamo o avremmo bisogno di un buon coach per le sfide che la vita ci porta. Per essere quegli uomini che Diogene cerca e chiama.
Per essere poi, in contatto vero con noi stessi, per essere felici.