Piccolo manuale di sopravvivenza dopo la Sentenza 13020/15 del TAR Lazio.
La Sentenza 13020/15 del TAR Lazio sta rapidamente creando un clima.
Nulla a che fare con la realtà. Ma sappiamo bene che la politica, così come la finanza, a volte "inventa", a volte "anticipa", a volte "aggiusta", a volte "trasforma" la realtà... In ogni caso mai la rappresenta asetticamente.
E il clima varia al variare dei contesti.
Vado per capitoli.
1. Coloro che pensano di avere vinto.
Ecco un florilegio dei commenti tratti dalla pagina facebook del CNOP
"spero che il CNOP voglia sensibilizzare e rendere maggiormente ligi alla tutela della professione tutti quegli ordini territoriali che ormai sembrano pane e cacio con i counsellor ed invitare ad una più precisa applicazione dell'art.21 del nostro C.D. nei confronti di chi fornisce i nostri strumenti ai counsellor ..... Sono ormai abituata alla politica professionale e non vorrei che la vittoria rimanesse solo sulla carta ...,.... ora c'è da lavorare sulle numerose ricadute ed opportunità che questa sentenza offre...."
"È assolutamente necessario che si faccia chiarezza rispetto a quelle scuole ed agenzie di formazione varie che formano icounselor. Di recente ho proprio discusso con una scuola di psicoterapia proprio per questo motivo. Se esiste il counselor, la responsabilità è in parte la nostra, o meglio, di chi ha svenduto la propria professionalità per guadagnare qualche euro."
"Poi riusciremo ad agire verso anche altre figure? Pedagogisti clinici, psicopedagogisti e infomare anche sui limiti tra intervento logopedico e psicologico? L'ordine deve fare sorveglianza su tanti ambiti dove varie figure sfociano in quello psicologico."
"Anche sugli psicomotricisti che fanno terapia senza una laurea in psicologia!!!!"
"Invece circa l'ANIPED? Associazione nazionale pedagogisti clinici. C'è qualcuno di loro che svolge terapia di coppia/sostegno alla genitorialitá. Hanno una laurea in Scienze dell'educazione o formazione, corso di specializzazione in pedagogia clinica, ma non svolgono esame di stato ne hanno un albo."
"Va ricordato che le scuole di counseling sono gestite da psicoterapeuti e quindi gli ordini dovrebbero lavorare per chiudere quelle esistenti. Sanzionare i professionisti che insegnano materie psicologiche a non psicologi ..."
"Ritenete che questa sentenza possa o debba in qualche modo applicarsi, oltre che al counseling, anche al coaching e in particolare al life coaching?"
"È ora di iniziare una causa contro pedagogisti clinici!!"
"Voglio sperare che, in base a questa sentenza, per ogni nostra segnalazione vengano poi presi effettivamente dei provvedimenti"
Insomma il "sentiment" del "popolo" che si sente vincitore sembra essere piuttosto aggressivo e non è difficile prevedere che, anche al di là della volontà di chi lo dirige, si comincerà presto a "sparare nel mucchio".
In effetti non si vede perché il CNOP, confortato dalla Sentenza del TAR, non dovrebbe avventurarsi in azioni più incisive, tipo l'intensificazione delle denunce nei confronti dei counselor, evidentemente "abusivi", l'apertura di procedimenti disciplinari nei confronti di colleghi che inegnino nelle scuole di counseling, per arrivare ad attacchi giudiziari nei confronti di educatori, psicopedagogisti, psicomotricisti, coach, mediatori familiari, filosofi pratici, armonizzatori familiari, pedagogisti clinici etc...
A mio avviso il CNOP non farà nulla di tutto questo nell'immediato, perchè è amministrato da colleghi che comunque non difettano di intelligenza e sanno bene che la partita che si sta giocando è politica... e che aumentando la massa dei contenziosi quando ancora giurisprudenzialmente non vi sia chiarezza rischiano di aumentare le probabilità di sconfitta.
Ma il CNOP non controlla tutti gli Ordini Regionali e dunque è da attendersi da parte di qualche Ordine Regionale, un "gioco di anticipo".
2. Coloro che si sentono e sono bersagli della sentenza, i counselor
Ho scelto un paio di commenti, dalla pagina facebook di Assocounseling, che riepilogano bene lo stato d'animo:
E quindi??? Possiamo operare ai sensi della legge 2013 o nemmeno quello più ? Non mi e' chiaro .
Giustamente risponde l'Associazione
certamente. Per due ragioni: questa è una sentenza di primo grado e dunque occorrerà vedere cosa accade nel prosieguo; inoltre il ricorso verteva non verso la legittimità del counseling e/o della Legge 4, ma sul fatto che AssoCounseling potesse essere o meno censita dal Ministero dello Sviluppo. Continua a seguirci poiché pubblicheremo tempestivamente ogni aggiornamento.
Sto seguendo diversi interventi, tutti molto stimolanti, tuttavia non avendo competenze in materie legali ammetto che la confusione è tanta. La sentenza stabilisce che il counseling appartiene agli psicologi. E' già esecutiva? Ad oggi se ci definiamo e lavoriamo come Counselor rischiamo una denuncia e conseguente condanna per esercizio abusivo della professione? grazie.
Più che comprensibile la preoccupazione.
Agli amici counselor vorrei inviare pochi messaggi chiari:
1. Nulla è cambiato rispetto alla giurisprudenza. Per ora le cause sono state in prevalenza vinte e la sentenza del TAR, essendo di primo grado, poco cambia. Anzi paradossalmente può essere usata in un eventuale contenzioso per dimostrare che vi è in atto un confronto istituzionale (che coinvolge, oltre alle associazioni di counseling, il Ministero della Salute, il MISE, il CNOP) che rende poco decidibile, sul piano penale, ove sia la ragione e ove il torto.
2. E' evidente che quanto al punto 1 vale, ma così è sempre stato, qualora il counselor possa dimostrare di avere avuto un corretto rapporto con il proprio cliente (dunque di non aver fatto credere di essere psicologo o psicoterapeuta, di avere esplicitato la propria formazione, di essere stato rispettoso delle norme relative alla privacy, di essersi tenuto aggiornato etc... insomma di possedere tutti quei requisiti che la legge 4/13 richiede e di agire in totale trasparenza)
3. E' comunque necessario fare rete. In questo momento non è da escludere che alcuni Ordini diventino particolarmente aggressivi (intensifichino cioè le denunce per esercizio abusivo). Il contatto costante con le Associazioni di riferimento, che sanno come affrontare queste situazioni, è essenziale.
3. I bersagli indiretti della sentenza:
3.a I colleghi psicologi che si occupano di formazione (nelle scuole di counseling ma non solo, anche in quelle di pedagogia clinica o di psicomotricità o di coaching o di mediazione familiare etc...)
Rifletto solo sul fatto che, dal mio vertice di osservazione, già da un paio di anni ho notato l'intensificazione, da parte di alcuni Ordini, dell'apertura di procedimenti disciplinari concernenti l'art 21 del codice deontologico.
Al riguardo faccio notare che
1. Al momento non ci sono state sentenze significative di condanna nei confronti di colleghi che correttamente abbiano esercitato il diritto costituzionalmente garantito all'insegnamento. Alcune sentenze negative ci sono state, certo, ma solo ove si sia palesemente dimostrato un dolo.
2. Si tratta anche di assumere un ruolo attivo, la diffusione di competenze psicologiche alla società è un valore che occorre difendere anche con un impegno nella politica professionale.
3.b Le scuole di formazione in psicoterapia che formano counselor e le scuole di counseling dirette da psicologi:
Qualche tempo fa ho scritto un pezzo su questo tema che ancora ritengo attuale, lo si può leggere qui
nel merito riporto solo un brano
molte scuole riconosciute di formazione in psicoterapia, vuoi per fronteggiare una domanda proveniente da laureati e diplomati non in possesso del titolo di psicologo, vuoi per motivi inerenti la loro sopravvivenza economica, vuoi per motivi ideologici, hanno attivato, a latere dei loro corsi di formazione riconosciuti dallo Stato, corsi di Counseling. Ma dopo aver formato Counselor non si sono impegnate per sostenere tale figura professionale (che nel frattempo si è dotata di autonome strutture associative). Per molti anni, ed in parte ancora oggi, l'ambiguità delle scuole è stata "Ti formo ma non ti riconosco". Brutta, bruttissima faccenda. Un po' come quei genitori che, per i motivi più disparati, si "vergognano" dei loro figli. Cosa potranno attendersi da tale prole?
Bene direi che per le Scuole questo è il momento di uscire dall'ambiguità e schierarsi.
Infine, per concludere una riflessione di carattere generale
Per chiunque si consideri un intellettuale
Il disagio psichico fuori dal contesto clinico è quello che può provare un lavoratore che perde il posto di lavoro, un amante che litiga con l'amata o una coppia che affronta una separazione, un atleta insoddisfatto del suo rendimento, un qualunque cittadino che si sia rotto una gamba, un insegnante che abbia una momentanea difficoltà a gestire una classe, un credente che sente di perdere la fede, un lavoratore precario che non riesce a programmare il proprio futuro, chiunque sia costretto dalla vita ad affrontare un normale lutto, per non parlare di questi tempi, di un comune cittadino che viva ad esempio nella città di Roma e che sia preoccupato (comprensibilmente) dai continui proclami dell'ISIS... e l'elenco potrebbe continuare all'infinito.
Immaginare di sanitarizzare tutto ciò ed affidarlo all'esclusiva e "riservata" competenza di psicologi e psichiatri è a mio avviso, inquietante, concettualmente sbagliato e politicamente ottuso. Trovo che chiunque abbia "voglia di pensare" non possa che aborrire tale ipotesi.
La Sentenza 13020/15 del TAR Lazio sta rapidamente creando un clima.
Nulla a che fare con la realtà. Ma sappiamo bene che la politica, così come la finanza, a volte "inventa", a volte "anticipa", a volte "aggiusta", a volte "trasforma" la realtà... In ogni caso mai la rappresenta asetticamente.
E il clima varia al variare dei contesti.
Vado per capitoli.
1. Coloro che pensano di avere vinto.
Ecco un florilegio dei commenti tratti dalla pagina facebook del CNOP
"spero che il CNOP voglia sensibilizzare e rendere maggiormente ligi alla tutela della professione tutti quegli ordini territoriali che ormai sembrano pane e cacio con i counsellor ed invitare ad una più precisa applicazione dell'art.21 del nostro C.D. nei confronti di chi fornisce i nostri strumenti ai counsellor ..... Sono ormai abituata alla politica professionale e non vorrei che la vittoria rimanesse solo sulla carta ...,.... ora c'è da lavorare sulle numerose ricadute ed opportunità che questa sentenza offre...."
"È assolutamente necessario che si faccia chiarezza rispetto a quelle scuole ed agenzie di formazione varie che formano icounselor. Di recente ho proprio discusso con una scuola di psicoterapia proprio per questo motivo. Se esiste il counselor, la responsabilità è in parte la nostra, o meglio, di chi ha svenduto la propria professionalità per guadagnare qualche euro."
"Poi riusciremo ad agire verso anche altre figure? Pedagogisti clinici, psicopedagogisti e infomare anche sui limiti tra intervento logopedico e psicologico? L'ordine deve fare sorveglianza su tanti ambiti dove varie figure sfociano in quello psicologico."
"Anche sugli psicomotricisti che fanno terapia senza una laurea in psicologia!!!!"
"Invece circa l'ANIPED? Associazione nazionale pedagogisti clinici. C'è qualcuno di loro che svolge terapia di coppia/sostegno alla genitorialitá. Hanno una laurea in Scienze dell'educazione o formazione, corso di specializzazione in pedagogia clinica, ma non svolgono esame di stato ne hanno un albo."
"Va ricordato che le scuole di counseling sono gestite da psicoterapeuti e quindi gli ordini dovrebbero lavorare per chiudere quelle esistenti. Sanzionare i professionisti che insegnano materie psicologiche a non psicologi ..."
"Ritenete che questa sentenza possa o debba in qualche modo applicarsi, oltre che al counseling, anche al coaching e in particolare al life coaching?"
"È ora di iniziare una causa contro pedagogisti clinici!!"
"Voglio sperare che, in base a questa sentenza, per ogni nostra segnalazione vengano poi presi effettivamente dei provvedimenti"
Insomma il "sentiment" del "popolo" che si sente vincitore sembra essere piuttosto aggressivo e non è difficile prevedere che, anche al di là della volontà di chi lo dirige, si comincerà presto a "sparare nel mucchio".
In effetti non si vede perché il CNOP, confortato dalla Sentenza del TAR, non dovrebbe avventurarsi in azioni più incisive, tipo l'intensificazione delle denunce nei confronti dei counselor, evidentemente "abusivi", l'apertura di procedimenti disciplinari nei confronti di colleghi che inegnino nelle scuole di counseling, per arrivare ad attacchi giudiziari nei confronti di educatori, psicopedagogisti, psicomotricisti, coach, mediatori familiari, filosofi pratici, armonizzatori familiari, pedagogisti clinici etc...
A mio avviso il CNOP non farà nulla di tutto questo nell'immediato, perchè è amministrato da colleghi che comunque non difettano di intelligenza e sanno bene che la partita che si sta giocando è politica... e che aumentando la massa dei contenziosi quando ancora giurisprudenzialmente non vi sia chiarezza rischiano di aumentare le probabilità di sconfitta.
Ma il CNOP non controlla tutti gli Ordini Regionali e dunque è da attendersi da parte di qualche Ordine Regionale, un "gioco di anticipo".
2. Coloro che si sentono e sono bersagli della sentenza, i counselor
Ho scelto un paio di commenti, dalla pagina facebook di Assocounseling, che riepilogano bene lo stato d'animo:
E quindi??? Possiamo operare ai sensi della legge 2013 o nemmeno quello più ? Non mi e' chiaro .
Giustamente risponde l'Associazione
certamente. Per due ragioni: questa è una sentenza di primo grado e dunque occorrerà vedere cosa accade nel prosieguo; inoltre il ricorso verteva non verso la legittimità del counseling e/o della Legge 4, ma sul fatto che AssoCounseling potesse essere o meno censita dal Ministero dello Sviluppo. Continua a seguirci poiché pubblicheremo tempestivamente ogni aggiornamento.
Sto seguendo diversi interventi, tutti molto stimolanti, tuttavia non avendo competenze in materie legali ammetto che la confusione è tanta. La sentenza stabilisce che il counseling appartiene agli psicologi. E' già esecutiva? Ad oggi se ci definiamo e lavoriamo come Counselor rischiamo una denuncia e conseguente condanna per esercizio abusivo della professione? grazie.
Più che comprensibile la preoccupazione.
Agli amici counselor vorrei inviare pochi messaggi chiari:
1. Nulla è cambiato rispetto alla giurisprudenza. Per ora le cause sono state in prevalenza vinte e la sentenza del TAR, essendo di primo grado, poco cambia. Anzi paradossalmente può essere usata in un eventuale contenzioso per dimostrare che vi è in atto un confronto istituzionale (che coinvolge, oltre alle associazioni di counseling, il Ministero della Salute, il MISE, il CNOP) che rende poco decidibile, sul piano penale, ove sia la ragione e ove il torto.
2. E' evidente che quanto al punto 1 vale, ma così è sempre stato, qualora il counselor possa dimostrare di avere avuto un corretto rapporto con il proprio cliente (dunque di non aver fatto credere di essere psicologo o psicoterapeuta, di avere esplicitato la propria formazione, di essere stato rispettoso delle norme relative alla privacy, di essersi tenuto aggiornato etc... insomma di possedere tutti quei requisiti che la legge 4/13 richiede e di agire in totale trasparenza)
3. E' comunque necessario fare rete. In questo momento non è da escludere che alcuni Ordini diventino particolarmente aggressivi (intensifichino cioè le denunce per esercizio abusivo). Il contatto costante con le Associazioni di riferimento, che sanno come affrontare queste situazioni, è essenziale.
3. I bersagli indiretti della sentenza:
3.a I colleghi psicologi che si occupano di formazione (nelle scuole di counseling ma non solo, anche in quelle di pedagogia clinica o di psicomotricità o di coaching o di mediazione familiare etc...)
Rifletto solo sul fatto che, dal mio vertice di osservazione, già da un paio di anni ho notato l'intensificazione, da parte di alcuni Ordini, dell'apertura di procedimenti disciplinari concernenti l'art 21 del codice deontologico.
Al riguardo faccio notare che
1. Al momento non ci sono state sentenze significative di condanna nei confronti di colleghi che correttamente abbiano esercitato il diritto costituzionalmente garantito all'insegnamento. Alcune sentenze negative ci sono state, certo, ma solo ove si sia palesemente dimostrato un dolo.
2. Si tratta anche di assumere un ruolo attivo, la diffusione di competenze psicologiche alla società è un valore che occorre difendere anche con un impegno nella politica professionale.
3.b Le scuole di formazione in psicoterapia che formano counselor e le scuole di counseling dirette da psicologi:
Qualche tempo fa ho scritto un pezzo su questo tema che ancora ritengo attuale, lo si può leggere qui
nel merito riporto solo un brano
molte scuole riconosciute di formazione in psicoterapia, vuoi per fronteggiare una domanda proveniente da laureati e diplomati non in possesso del titolo di psicologo, vuoi per motivi inerenti la loro sopravvivenza economica, vuoi per motivi ideologici, hanno attivato, a latere dei loro corsi di formazione riconosciuti dallo Stato, corsi di Counseling. Ma dopo aver formato Counselor non si sono impegnate per sostenere tale figura professionale (che nel frattempo si è dotata di autonome strutture associative). Per molti anni, ed in parte ancora oggi, l'ambiguità delle scuole è stata "Ti formo ma non ti riconosco". Brutta, bruttissima faccenda. Un po' come quei genitori che, per i motivi più disparati, si "vergognano" dei loro figli. Cosa potranno attendersi da tale prole?
Bene direi che per le Scuole questo è il momento di uscire dall'ambiguità e schierarsi.
Infine, per concludere una riflessione di carattere generale
Per chiunque si consideri un intellettuale
Il disagio psichico fuori dal contesto clinico è quello che può provare un lavoratore che perde il posto di lavoro, un amante che litiga con l'amata o una coppia che affronta una separazione, un atleta insoddisfatto del suo rendimento, un qualunque cittadino che si sia rotto una gamba, un insegnante che abbia una momentanea difficoltà a gestire una classe, un credente che sente di perdere la fede, un lavoratore precario che non riesce a programmare il proprio futuro, chiunque sia costretto dalla vita ad affrontare un normale lutto, per non parlare di questi tempi, di un comune cittadino che viva ad esempio nella città di Roma e che sia preoccupato (comprensibilmente) dai continui proclami dell'ISIS... e l'elenco potrebbe continuare all'infinito.
Immaginare di sanitarizzare tutto ciò ed affidarlo all'esclusiva e "riservata" competenza di psicologi e psichiatri è a mio avviso, inquietante, concettualmente sbagliato e politicamente ottuso. Trovo che chiunque abbia "voglia di pensare" non possa che aborrire tale ipotesi.