La formazione per diventare Coach è un’esperienza che tutti dovrebbero fare della vita, sia che desiderino renderla una professione oppure semplicemente perché sono anime in cammino nel proprio percorso evolutivo.
Sono passati solo due anni da quando ho intrapreso questo viaggio e nel guardarmi indietro ricordo com’ero e oggi vedo una persona diversa.
Quel riverente timore di esprimere le mie emozioni con tutta la loro autentica forza ha ceduto il passo al desiderio di mostrarmi per quello che sono, lasciando cadere le maschere del perbenismo.
Ho fatto amicizia con le mie emozioni, anche se a volte contenerle è difficile. Abbandonando il giudizio e le aspettative (che sono sempre dietro l’angolo), ho imparato che le emozioni sono le mie preziose guide interiori e che il giudice più severo sono proprio io.
Associo questa consapevolezza alla leggerezza insita nel sapere che sono io l’artefice delle cose che mi accadono e dell’impatto che hanno nella mia vita e nelle mie relazioni. Perché anche l’evento più “negativo” ha qualcosa da insegnarmi e il “come” decido di affrontarlo cambia il mio modo di viverlo.
Ho accettato il mio corpo, che nel tempo è cambiato, e sono grata perché è lo strumento con cui le mie emozioni si manifestano e mi sussurrano preziosi consigli. Ho imparato ad ascoltarlo ogni volta che devo prendere una decisione importante e lo accetto per come è oggi: sano, vivo, esperto.
Adatto la prospettiva ogni volta che diventa funzionale al mio ben-essere e mi assumo la responsabilità di ciò che faccio e soprattutto di ciò che penso.
E quando i pensieri si aggrovigliano nella mia mente annebbiando la mia lucidità, mi radico con il respiro e ritorno al corpo, il mio maestro.
Essere un coach significa innanzitutto essere responsabili e consapevoli di chi siamo.
Un coach non giudica ma ascolta ciò che le parole non dicono, perché è insita nell’essere umano la capacità di comunicare con tutto sé stesso: il corpo non mente.
Non c’è un buono né un cattivo modo di essere, siamo come siamo, e accettare questa verità è il primo passo della nostra evoluzione verso la miglior versione di noi stessi.
Misurando a piccoli passi i miei obiettivi, costruisco l’oggi e pongo le basi per il mio domani.
Ho assaporato il sapore della libertà e ora posso darmi il permesso di scegliere come e con chi riempire la mia vita.
E, nel dubbio, la domanda che mi pongo è: cosa o chi mi rende felice?
Sono passati solo due anni da quando ho intrapreso questo viaggio e nel guardarmi indietro ricordo com’ero e oggi vedo una persona diversa.
Quel riverente timore di esprimere le mie emozioni con tutta la loro autentica forza ha ceduto il passo al desiderio di mostrarmi per quello che sono, lasciando cadere le maschere del perbenismo.
Ho fatto amicizia con le mie emozioni, anche se a volte contenerle è difficile. Abbandonando il giudizio e le aspettative (che sono sempre dietro l’angolo), ho imparato che le emozioni sono le mie preziose guide interiori e che il giudice più severo sono proprio io.
Associo questa consapevolezza alla leggerezza insita nel sapere che sono io l’artefice delle cose che mi accadono e dell’impatto che hanno nella mia vita e nelle mie relazioni. Perché anche l’evento più “negativo” ha qualcosa da insegnarmi e il “come” decido di affrontarlo cambia il mio modo di viverlo.
Ho accettato il mio corpo, che nel tempo è cambiato, e sono grata perché è lo strumento con cui le mie emozioni si manifestano e mi sussurrano preziosi consigli. Ho imparato ad ascoltarlo ogni volta che devo prendere una decisione importante e lo accetto per come è oggi: sano, vivo, esperto.
Adatto la prospettiva ogni volta che diventa funzionale al mio ben-essere e mi assumo la responsabilità di ciò che faccio e soprattutto di ciò che penso.
E quando i pensieri si aggrovigliano nella mia mente annebbiando la mia lucidità, mi radico con il respiro e ritorno al corpo, il mio maestro.
Essere un coach significa innanzitutto essere responsabili e consapevoli di chi siamo.
Un coach non giudica ma ascolta ciò che le parole non dicono, perché è insita nell’essere umano la capacità di comunicare con tutto sé stesso: il corpo non mente.
Non c’è un buono né un cattivo modo di essere, siamo come siamo, e accettare questa verità è il primo passo della nostra evoluzione verso la miglior versione di noi stessi.
Misurando a piccoli passi i miei obiettivi, costruisco l’oggi e pongo le basi per il mio domani.
Ho assaporato il sapore della libertà e ora posso darmi il permesso di scegliere come e con chi riempire la mia vita.
E, nel dubbio, la domanda che mi pongo è: cosa o chi mi rende felice?