Queste domande mi sono state fatta da un cliente: ‘come mi vedi?’ , ‘Come faccio a conoscere me stesso, affrontare le mie inquietudini, agire con uno scopo?’. ‘Non mi conosco molto bene e sono confuso su molti aspetti!’ ‘Da dove comincio, cosa posso leggere? Come faccio a diventare un miglior pilota di me stesso?’
Domande legittime che credo ci poniamo tutti prima o poi.
E allora, da dove si comincia? Come si fa a seguire se stessi e far diventare l’esperienza dell’ascolto di sé, un’opera prima di scoperte e interessanti definizioni? E conseguire la patente di guida in questa vita?
Mangiare, dormire, lavorare, fare l’amore, allevare figli, abbiamo capito come si fa. Vogliamo farlo in modo più soddisfacente. Per questo abbiamo edificato un IO che è diventato un gigante nell'aiutarci a svolgere al meglio ogni compito. Ma non basta, ad un certo punto c’è una necessità di sapere qualcosa di più, di noi, degli altri, del mondo.
Il primo passo di questo viaggio riguarda l’attenzione e cioè l’essere attenti al modo in cui funziona il nostro pensiero, le nostre reazioni e sentimenti, sia in noi stessi, sia nei confronti degli altri significativi.
Dalle prime osservazioni, zampillano le sensazioni più caotiche, come se mancasse l’algoritmo in grado di interpretarle e ordinarle. Il tutto accade in un modo un po' demotivante e non è certo una novità. E’ ciò che accade più spesso.
L’algoritmo necessario per riflettere su noi stessi, per osservare, per studiare i processi del pensiero, del sentimento e dell’agire, è l’attenzione.
Così, quando ci si prova e ci si ascolta, all’inizio non arriva proprio nulla di particolare. Arriva il solito caos di sensazioni e pensieri, emozioni e impulsi in perenne contrasto fra di loro. Emergono le molteplicità delle nostre varie identità (subpersonalità) che si alternano nelle nostre relazioni quotidiane. Cose da fare, preoccupazioni, responsabilità, desideri. Al primo impatto, ci si demoralizza: 'meglio fare e non pensare'.
Poi, subentra l’intenzione di andare oltre qualcosa, nel tempio del respiro e dell’ascolto, per esempio. Un ritmo naturale e un po’ speciale, dove si ferma tutto.
Da qui, dal respiro, inizia un viaggio di scoperta che oscilla tra il pensiero e le sue definizioni di noi (nome, lavoro, ruolo, intelligente, stupido, etc.), il classico ‘io sono fatto così’, e la consapevolezza di ciò che blocca o che, al contrario, fluisce. In pratica, la consapevolezza di ciò che condiziona insieme alla scoperta della naturale espressione delle nostre possibilità.
La domanda ‘come mi vedi?’, mette l’accento sul ‘come sono fatto’, ma nel contempo apre le porte a una domanda ancora più preziosa: ‘chi sono io?’ e ‘chi si comporta così?’. Lo scopo ultimo, allora, diventa ambizioso: quello di riconoscersi profondamente e contattare la propria essenza, il proprio centro, la propria armonia.
Da qui inizia il nostro viaggio e la conoscenza di noi stessi.
Domande legittime che credo ci poniamo tutti prima o poi.
E allora, da dove si comincia? Come si fa a seguire se stessi e far diventare l’esperienza dell’ascolto di sé, un’opera prima di scoperte e interessanti definizioni? E conseguire la patente di guida in questa vita?
Mangiare, dormire, lavorare, fare l’amore, allevare figli, abbiamo capito come si fa. Vogliamo farlo in modo più soddisfacente. Per questo abbiamo edificato un IO che è diventato un gigante nell'aiutarci a svolgere al meglio ogni compito. Ma non basta, ad un certo punto c’è una necessità di sapere qualcosa di più, di noi, degli altri, del mondo.
Il primo passo di questo viaggio riguarda l’attenzione e cioè l’essere attenti al modo in cui funziona il nostro pensiero, le nostre reazioni e sentimenti, sia in noi stessi, sia nei confronti degli altri significativi.
Dalle prime osservazioni, zampillano le sensazioni più caotiche, come se mancasse l’algoritmo in grado di interpretarle e ordinarle. Il tutto accade in un modo un po' demotivante e non è certo una novità. E’ ciò che accade più spesso.
L’algoritmo necessario per riflettere su noi stessi, per osservare, per studiare i processi del pensiero, del sentimento e dell’agire, è l’attenzione.
Così, quando ci si prova e ci si ascolta, all’inizio non arriva proprio nulla di particolare. Arriva il solito caos di sensazioni e pensieri, emozioni e impulsi in perenne contrasto fra di loro. Emergono le molteplicità delle nostre varie identità (subpersonalità) che si alternano nelle nostre relazioni quotidiane. Cose da fare, preoccupazioni, responsabilità, desideri. Al primo impatto, ci si demoralizza: 'meglio fare e non pensare'.
Poi, subentra l’intenzione di andare oltre qualcosa, nel tempio del respiro e dell’ascolto, per esempio. Un ritmo naturale e un po’ speciale, dove si ferma tutto.
Da qui, dal respiro, inizia un viaggio di scoperta che oscilla tra il pensiero e le sue definizioni di noi (nome, lavoro, ruolo, intelligente, stupido, etc.), il classico ‘io sono fatto così’, e la consapevolezza di ciò che blocca o che, al contrario, fluisce. In pratica, la consapevolezza di ciò che condiziona insieme alla scoperta della naturale espressione delle nostre possibilità.
La domanda ‘come mi vedi?’, mette l’accento sul ‘come sono fatto’, ma nel contempo apre le porte a una domanda ancora più preziosa: ‘chi sono io?’ e ‘chi si comporta così?’. Lo scopo ultimo, allora, diventa ambizioso: quello di riconoscersi profondamente e contattare la propria essenza, il proprio centro, la propria armonia.
Da qui inizia il nostro viaggio e la conoscenza di noi stessi.