Durante un corso di Counseling frequentato a Milano due anni fa, mi sono imbattuta in una parola che improvvisamente mi ha aperto un mondo, e ha dato senso a tante considerazioni sparse che da tempo facevo tra me, in modo disorganizzato. La parola è: Ecopsicologia.
L’Ecopsicologia è nata nel 1989 a Berkley e il primo libro ufficiale sul tema è stato di Theodore Roszak, della California State University, dal titolo: “The voice of the Earth”. In Italia, l’Ecopsicologia è approdata nel 1999, all’interno del convegno internazionale “L’uomo e il paesaggio”, e un libro reperibile nella nostra lingua, sul tema, è di Marcella Danon (la capostipite dell’Ecopsicologia, in Italia), dal titolo: “Ecopsicologia. Crescita personale e coscienza ambientale”.
Con il termine “Ecopsicologia”, si intende dunque una nuova scienza che unisce la psicologia all’ecologia, che lavora sull’interdipendenza tra l’uomo e la natura (già questa divisione, che usiamo fin da piccoli, è sbagliata, in quanto l’uomo è natura) e che, favorendo i processi di conoscenza del sé nelle persone, stimola e facilita le connessioni, o ri-connessioni, con quanto è parte del mondo esterno.
Diversi studi hanno dimostrato, infatti, quanto molti malesseri psicofisici siano dovuti alla lontananza e all’assenza di contatto con gli ambienti naturali. Se un uomo trascorre il suo tempo in un contesto esclusivamente urbano, dove la natura è piegata al ruolo di decorazione e gli animali sono prevalentemente pezzi di carne in vendita al supermercato, necessariamente quell’uomo sarà alienato anche dalle sue stesse radici, dalle sue sorgenti di energia, dai suoi fiumi emotivi e dalla possibilità di sentirsi, in sé, un Universo complesso e in equilibrio, tanto quanto quello che vede (sfocato dall’inquinamento luminoso) sopra il capo, la sera. Allo stesso modo, un uomo magari immerso in un contesto naturale, che non venga stimolato a riflettere su di sé e sulle interrelazioni che la sua interiorità ha con quanto lo circonda, sarà qualcuno che si comporterà, sulla Terra e nelle relazioni, da padrone o miope utilizzatore di risorse (anche interne), che non sono destinate a durare.
L’Ecopsicologia entra in questo tipo di realtà sociale e ambientale, al fine di stimolare e promuovere l’equilibrio sia interno, della persona, che dei suoi legami con quanto la circonda. Perché essi sono necessariamente interdipendenti, e a una maggiore conoscenza di sé, corrisponderà una migliore relazione e presa in carico dell’ambiente e degli altri esseri che vi abitano, mentre viceversa, una maggiore conoscenza della natura, dei suoi abitanti ed equilibri, porterà anche una migliore empatia tra la persona stessa e le diverse parti di sé, anche quelle più selvatiche, lontane e sconosciute.
Le sedute e le supervisioni dell’Eco-Counselor o del Green-Coach, avvengono preferibilmente in contesti naturali (anche un piccolo giardino va bene), utilizzando, alla parola, anche l’apporto “silente” che la natura offre, con i suoi messaggi di generosità gratuita, di equilibrio, di connessione e di trasformazione.
Credo che, oggi, un professionista della relazione d’aiuto, non possa esimersi dall’approfondire anche l’Ecopsicologia, perché è un tema che non amplia solo le conoscenze legate al sostegno del cliente, ma lavora sui fili invisibili che da quella persona si estendono verso i suoi legami, i suoi luoghi e gli altri esseri viventi. Sono fili legati al futuro delle prossime generazioni, che saranno evolute solo se avranno avuto qualcuno, davanti, che avrà trasmesso loro l’importanza di un lavoro di potenziamento, cura e protezione delle proprie risorse fisiche, mentali e spirituali, che necessariamente dovranno interagire, proteggendole, con le risorse di quella che tutti chiamiamo Madre: la Terra.
“Tutte le cose sono connesse le une alle altre, e sacra è la loro connessione”.
(Marco Aurelio, 150 d.C).
L’Ecopsicologia è nata nel 1989 a Berkley e il primo libro ufficiale sul tema è stato di Theodore Roszak, della California State University, dal titolo: “The voice of the Earth”. In Italia, l’Ecopsicologia è approdata nel 1999, all’interno del convegno internazionale “L’uomo e il paesaggio”, e un libro reperibile nella nostra lingua, sul tema, è di Marcella Danon (la capostipite dell’Ecopsicologia, in Italia), dal titolo: “Ecopsicologia. Crescita personale e coscienza ambientale”.
Con il termine “Ecopsicologia”, si intende dunque una nuova scienza che unisce la psicologia all’ecologia, che lavora sull’interdipendenza tra l’uomo e la natura (già questa divisione, che usiamo fin da piccoli, è sbagliata, in quanto l’uomo è natura) e che, favorendo i processi di conoscenza del sé nelle persone, stimola e facilita le connessioni, o ri-connessioni, con quanto è parte del mondo esterno.
Diversi studi hanno dimostrato, infatti, quanto molti malesseri psicofisici siano dovuti alla lontananza e all’assenza di contatto con gli ambienti naturali. Se un uomo trascorre il suo tempo in un contesto esclusivamente urbano, dove la natura è piegata al ruolo di decorazione e gli animali sono prevalentemente pezzi di carne in vendita al supermercato, necessariamente quell’uomo sarà alienato anche dalle sue stesse radici, dalle sue sorgenti di energia, dai suoi fiumi emotivi e dalla possibilità di sentirsi, in sé, un Universo complesso e in equilibrio, tanto quanto quello che vede (sfocato dall’inquinamento luminoso) sopra il capo, la sera. Allo stesso modo, un uomo magari immerso in un contesto naturale, che non venga stimolato a riflettere su di sé e sulle interrelazioni che la sua interiorità ha con quanto lo circonda, sarà qualcuno che si comporterà, sulla Terra e nelle relazioni, da padrone o miope utilizzatore di risorse (anche interne), che non sono destinate a durare.
L’Ecopsicologia entra in questo tipo di realtà sociale e ambientale, al fine di stimolare e promuovere l’equilibrio sia interno, della persona, che dei suoi legami con quanto la circonda. Perché essi sono necessariamente interdipendenti, e a una maggiore conoscenza di sé, corrisponderà una migliore relazione e presa in carico dell’ambiente e degli altri esseri che vi abitano, mentre viceversa, una maggiore conoscenza della natura, dei suoi abitanti ed equilibri, porterà anche una migliore empatia tra la persona stessa e le diverse parti di sé, anche quelle più selvatiche, lontane e sconosciute.
Le sedute e le supervisioni dell’Eco-Counselor o del Green-Coach, avvengono preferibilmente in contesti naturali (anche un piccolo giardino va bene), utilizzando, alla parola, anche l’apporto “silente” che la natura offre, con i suoi messaggi di generosità gratuita, di equilibrio, di connessione e di trasformazione.
Credo che, oggi, un professionista della relazione d’aiuto, non possa esimersi dall’approfondire anche l’Ecopsicologia, perché è un tema che non amplia solo le conoscenze legate al sostegno del cliente, ma lavora sui fili invisibili che da quella persona si estendono verso i suoi legami, i suoi luoghi e gli altri esseri viventi. Sono fili legati al futuro delle prossime generazioni, che saranno evolute solo se avranno avuto qualcuno, davanti, che avrà trasmesso loro l’importanza di un lavoro di potenziamento, cura e protezione delle proprie risorse fisiche, mentali e spirituali, che necessariamente dovranno interagire, proteggendole, con le risorse di quella che tutti chiamiamo Madre: la Terra.
“Tutte le cose sono connesse le une alle altre, e sacra è la loro connessione”.
(Marco Aurelio, 150 d.C).