In un mondo fatto di relazione, interconnessione mi e' sembrato illuminante un nuovo concetto di solitudine appreso nel libro 'pratiche di consapevolezza'.
Il mondo attuale ci spinge ad essere sempre in relazione con qualcuno o qualcosa, quasi a credere che il nostro essere si sostanzia solo se si incontra / scontra con gli altri. Le nuove tecnologie stanno valorizzando il nostro essere in base alla nuova moneta dei contatti attivi. Più contatti, Più relazioni, più pubblico che confermi/conformi il tuo esistere?
Ma e' forse nella solitudine, nel nostro essere soli che comprendiamo i nostri piu' veri confini, quelli determinati dalla comprensione dei nostri limiti interiori.
La solitudine diventa pertanto liberazione dai legami di tempo e spazio che ci impongono una collocazione diversa dal nostro vero e unico 'qui ed ora'.
Gli altri o le altre cose possono solo riempire i nostri vuoti, ma non ci saranno sempre e comunque, pertanto rischiamo poi di soffrire l'astinenza se non abbiamo allenato il nostro io a comprendersi e bastarci.
A questo ricollego la disputa sui figli unici: si sentiranno soli per tutta la vita? o nei loro momenti di solitudini dovranno imparare in giovane età, quando ci sono meno corazze, a riempire i vuoti con la creatività delle loro menti? Forse così da grandi conosceranno meglio il valore del loro spazio e potranno 'creare' le loro relazioni non subirle come facili 'tappabuchi'. Quante volte ci troviamo soli nel mondo perché spinti dalla necessità o curiosità ma incapaci di godere del diverso perché dominati dai nostri schemi rigidi.
L'umanità vive nel dubbio eterno di essere sola nell'universo, diviene necessario quindi anche nel nostro individualismo dare un senso alla solitudine esistenziale, forse nella consapevolezza che noi e la natura siamo insiemi di particelle temporanee sempre e comunque interagenti. I nostri sensi riempiono continuamente la nostra vita' di emozioni che dobbiamo imparare a cogliere attivamente e positivamente.
Il mondo attuale ci spinge ad essere sempre in relazione con qualcuno o qualcosa, quasi a credere che il nostro essere si sostanzia solo se si incontra / scontra con gli altri. Le nuove tecnologie stanno valorizzando il nostro essere in base alla nuova moneta dei contatti attivi. Più contatti, Più relazioni, più pubblico che confermi/conformi il tuo esistere?
Ma e' forse nella solitudine, nel nostro essere soli che comprendiamo i nostri piu' veri confini, quelli determinati dalla comprensione dei nostri limiti interiori.
La solitudine diventa pertanto liberazione dai legami di tempo e spazio che ci impongono una collocazione diversa dal nostro vero e unico 'qui ed ora'.
Gli altri o le altre cose possono solo riempire i nostri vuoti, ma non ci saranno sempre e comunque, pertanto rischiamo poi di soffrire l'astinenza se non abbiamo allenato il nostro io a comprendersi e bastarci.
A questo ricollego la disputa sui figli unici: si sentiranno soli per tutta la vita? o nei loro momenti di solitudini dovranno imparare in giovane età, quando ci sono meno corazze, a riempire i vuoti con la creatività delle loro menti? Forse così da grandi conosceranno meglio il valore del loro spazio e potranno 'creare' le loro relazioni non subirle come facili 'tappabuchi'. Quante volte ci troviamo soli nel mondo perché spinti dalla necessità o curiosità ma incapaci di godere del diverso perché dominati dai nostri schemi rigidi.
L'umanità vive nel dubbio eterno di essere sola nell'universo, diviene necessario quindi anche nel nostro individualismo dare un senso alla solitudine esistenziale, forse nella consapevolezza che noi e la natura siamo insiemi di particelle temporanee sempre e comunque interagenti. I nostri sensi riempiono continuamente la nostra vita' di emozioni che dobbiamo imparare a cogliere attivamente e positivamente.