Probabilmente la continua ricerca del piacere, del benessere, del sentirsi bene e in pace con se stessi e gli altri, induce a dare sempre più risposte positive, ad essere accondiscendenti e disponibili fino a sacrificare il proprio sè.
Il mare immenso di richieste, aspettative, inviti in cui ogni giorno siamo immersi ci porta a dare maggiore attenzione a ciò che sta al di fuori di noi perdendo di vista il nostro personale sentire. E' come guardare un film o giocare ad un videogame in terza persona. Per essere accettati, amati, considerati in tanti momenti è più facile dire un si e lasciarsi trasportare. In fondo se ci si oppone si rischia il giudizio, si possono innescare apparenti conseguenze negative, ansie che magari non hanno fondamenta.
Questi meccanismi si formano per che cosa? Perché si ha poca fiducia in se stessi? O magari per evitare il peso della colpa o della vergogna? Oppure per l'incapacità di essere all'altezza della situazione?
Io credo che sia un insieme di tutti questi aspetti ma non solo. Penso che il bisogno primario celato sia quello di salvare un'immagine o un idea di come si appare. In questo trovo forse troppo narcisismo, troppa autostima e oso ... onnipotenza.
Il problema è che ci si sacrifica tanto per la cosa meno importante. Viene a prodursi stress, uno stato d'insoddisfazione e il perpeturarsi di una domanda senza riposta: perchè lo faccio?
Davanti a queste micro-macro casistiche trovo il lavoro del coach molto importatane. E' indispensabile ridefinire le priorità, educare l'assertività e l'addestramento all'ascolto interiore. Credo sia un buon allenamento imparare a dire di no, in fondo l'uomo nella sua infanzia ne attraversa uno di momenti, più o meno lungo, in questa modalità. Magari è possibile far riscattare queste risorse assopite... è possibile imparare a dire di no attraverso una buona comunicazione efficace: semplicità espositiva, reciproca comprensione, fermezza, coerenza tra linguaggio verbale e non verbale.
Aggiungerei un ultimo ingrediente: un pò di sano egoismo non guasta.
Il mare immenso di richieste, aspettative, inviti in cui ogni giorno siamo immersi ci porta a dare maggiore attenzione a ciò che sta al di fuori di noi perdendo di vista il nostro personale sentire. E' come guardare un film o giocare ad un videogame in terza persona. Per essere accettati, amati, considerati in tanti momenti è più facile dire un si e lasciarsi trasportare. In fondo se ci si oppone si rischia il giudizio, si possono innescare apparenti conseguenze negative, ansie che magari non hanno fondamenta.
Questi meccanismi si formano per che cosa? Perché si ha poca fiducia in se stessi? O magari per evitare il peso della colpa o della vergogna? Oppure per l'incapacità di essere all'altezza della situazione?
Io credo che sia un insieme di tutti questi aspetti ma non solo. Penso che il bisogno primario celato sia quello di salvare un'immagine o un idea di come si appare. In questo trovo forse troppo narcisismo, troppa autostima e oso ... onnipotenza.
Il problema è che ci si sacrifica tanto per la cosa meno importante. Viene a prodursi stress, uno stato d'insoddisfazione e il perpeturarsi di una domanda senza riposta: perchè lo faccio?
Davanti a queste micro-macro casistiche trovo il lavoro del coach molto importatane. E' indispensabile ridefinire le priorità, educare l'assertività e l'addestramento all'ascolto interiore. Credo sia un buon allenamento imparare a dire di no, in fondo l'uomo nella sua infanzia ne attraversa uno di momenti, più o meno lungo, in questa modalità. Magari è possibile far riscattare queste risorse assopite... è possibile imparare a dire di no attraverso una buona comunicazione efficace: semplicità espositiva, reciproca comprensione, fermezza, coerenza tra linguaggio verbale e non verbale.
Aggiungerei un ultimo ingrediente: un pò di sano egoismo non guasta.