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Coaching 'occhi fra cielo e acqua: i mondi che si sfiorano' di Paola Negrini

31/7/2014

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Limpida è l'acqua che si manifesta nella mia mente, quando cerco pace e tranquillità.

Schierati in difesa si affacciano i pensieri che brulicano di immagini consecutive e incontrollate; mi riempiono all'eccesso vibrando su corde di uno strumento stonato che partecipa alla canzone abbondantemente fuori tempo e fuori asse.

Tirar fuori le emozioni è un singulto; una specie di singhiozzo dell'anima che non posso trattenere!

Si mobilita la sentinella laggiù che mi sequestra i visceri e non cè modo di farla tacere.
Il tempo a volte non è poi così virtuoso se non collaboro con qualche strategia!

Di notte poi, camminano passi di coscienza che mi percorrono e mi fan brillare, come un faro costantemente acceso.
Una frustata è il mio sentire; una murena che mi assaggia silenziosamente, con i suoi denti di tormento. Stipula un contratto con l'ansia e mi rapisce!

Solo nell'acqua trovo conforto.
Il ricordo speculare di una fusione profonda. Mi abbandono a un contatto che mi rincuora come l'abbraccio di un padre forte e doloroso.

Solo l'acqua è capace di radunare le mie forze. Mi immergo nella piscina  e ascolto con occhi muti la sua tiepida carezza.
Sembra scontato, sentire la vertigine che si avvicina e mi sfiora, una mano accogliente che mi ricongiunge a me stessa!
Si specchiano i miei occhi che guardano lì, sospesi tra il mondo reale e uno più denso che amplifica le immagini riflesse, che dilata il tempo.

Nei lievi movimenti di braccia, gambe e corpo abbandonato, riesco a vedermi le costole che fan da cappello. Un cielo stellato a proteggere una piccola donna; coordinata al ritmo del movimento, si muove fuori e dentro di me. Due anime sincronizzate, veicolate dallo stesso tiepido fluire.

Gli oggetti reali si trasformano cavalcando un'altra dimensione. I suoni perdono forma, rallentano in armonia con gli ambienti.
Le persone diventano mutevoli presenze, inglobate anch'esse da un unico manto liquido.

Il respiro si fa più docile, finalmente rilasciato, quasi quasi sento che non mi è più necessario.
Così mi lascio andare; catturo nell'apnea cielo e acqua congiunti e io son lì, in mezzo ai mondi che si sfiorano, un passo nel sogno e uno nella realtà che si appoggia sulla porzione di schiena emersa.
In un attimo il tempo è sospeso, appeso alla scogliera dei pensieri e delle resistenza. Cedono le dighe di muscoli confinati e il colloquio e la mandibola smettono la lotta.
Percepisco il mio corpo virare all'esterno; all'interno invece una forza ruota nella direzione opposta, come un cono concentrico che mi fa sprofondare fino a sentirlo pulsare nell'addome, poi nel torace, infine caldo al centro della fronte e mi disarma completamente.

Resto in ascolto , finché ne ho voglia, un tempo lungo e brevissimo. Poi riporto lo sguardo a un tappeto/muro di piastrelle, non so dire se è sotto o di fronte a me. Come quando mi sveglio improvvisamente e, per un istante, non so dove mi trovo, un misto di ricordo e sorpresa.
Ci metto un po' a decidermi ad uscire da questa calda coperta e rimettermi alle intemperie della vita. Meglio sostare ancora un po'  in quest'angolo di mondo rubato, una linea così sottile che solo posso incontrare e mai catturare, in una manciata di effimeri istanti.

Se ti guardo
dentro uno specchio d'anima
posso toccar con bocca.
Di fame muoio
seduta ad osservare lenta
la vita dei tuoi ospiti,
l'ala dell'uccello che esita,
il dente, il sasso, l'onda.

Mare impetuoso che viri al cielo
le tue mani di schiuma!
Abbracciato da montagne desertiche e asciutte;
ti ghermiscono
come ti avessero digerito
e nella pancia stai a contorcerti
e sembri voler fuggire.

Sul tuo fondale opalescente
i miei piedi sguarniti
vestono foggia di scoglio
e appoggiano delicati
con grande comprensione,
come se parte del mio vedere
fosse lì, appena sotto le caviglie.

Quante lune in mezzo al mare, sulla roccia
hanno illuminato la caccia, il banco,
lo stare dei coralli!

Il petto si apre all'accettazione
del mio sentimento cardiaco
e dentro le vene il sangue si addensa,
pronto alla mutazione.
E' tempo di assaggiare l'abisso.

 


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