
Probabilmente il luogo in cui ci siamo sentiti più al sicuro, protetti, accolti ed amati è nel ventre di nostra madre. Dico probabilmente perché se siamo frutto di una gravidanza inaspettata la cosa potrebbe essere senza dubbio smentita qualora la gravidanza fosse stata accolta con ostilità, rifiuto, negazione da parte della futura madre. Escludendo comunque questa possibilità è in un ventre gravido di affetto, amore e calore che abbiamo potuto assistere alla nostra “fioritura”. Ed è di questo luogo che più o meno inconsciamente percepiamo per tutta la vita una sottile nostalgia. Questo perché ogni luogo caratterizzato da amore ed affetto è un luogo privilegiato. Privilegiato è ogni luogo in cui la nostra vita si compie, un luogo in cui possiamo sbocciare e fiorire. Oggi di questi luoghi ve n’è infinitamente bisogno. Di luoghi in cui poter ri-nascere in ciò che a suo tempo per necessità di sopravvivenza è stato protetto nei meandri del nostro inconscio ed in virtù, o a causa del quale, si è eretta una sorta di prigione esistenziale nel quale ancora sopito parte di noi, forse il meglio di noi se ciò che abbiamo dovuto proteggere della nostra personalità è centrale e fondante, aspira a vivere. Ancora attende l’amore ed il riconoscimento dovutogli per legge naturale al fine di potersi dispiegare nell’atto del proprio esistere, senza il quale atto la vita non può essere considerata tale. Luoghi in cui poter osare esistere, senza paura di deludere coloro dai quali ci aspettiamo amore ed affetto. Luoghi in cui poter incrociare lo sguardo amorevole che a suo tempo ci è stato negato: uscire dalla prigione che incatena le nostre aspirazioni più profonde è possibile. Rimetterci in piedi è possibile. Luoghi in cui il vissuto di ognuno di noi è riconosciuto come sacro, inviolabile, unico ed irrinunciabile. Quando aiutiamo non dimentichiamo tutto ciò. Ricordiamo che ognuno di noi può essere questo luogo. Ricordiamo che ognuno di noi può essere ascolto benevolo: la sola verbalizzazione di un vissuto, di un problema è già di per se estremamente terapeutica. Permettere a qualcuno di dirsi di fronte a me a suo piacimento è già di per sé un dono, un’opportunità spesso sottovalutata. Parlare di un proprio vissuto, di un proprio problema, di un proprio dolore permette di allentare la tensione nervosa, di fare chiarezza interiore,di attenuare la sofferenza, di aprirsi ad un di più di vita, di ritrovare un po’ di pace e serenità. Quella pace e quella serenità di cui alla fin fine siamo fatti e per questo non possiamo farne a meno. Perché alla fine l’unica cosa a cui non possiamo veramente fare a meno è a noi stessi.