E’ da qualche giorno che rivivo dentro l’esperienza della solitudine. E come sempre accade non vivendola come le volte precedenti, ossia in una forma più “evoluta”, si carica di nuovi significati.
Questa riflessione appena espressa, richiede un chiarimento del concetto di solitudine per me, poiché è frutto di ciò che vivo “adesso”. Essere solo, cosa vuol dire? Solo perché non c’è nessuno accanto a me? Solo perché in certi momenti ho di un calo di energia, oppure ho dei pensieri che limitano la mia gioia di “esistere”?.
Quando medito, nasce un nuovo modo di pormi la domanda. La “visione” chiara appare. Sono solo quando mi isolo da ME stesso. Se sto sperimentando l’emozione della solitudine e comincio a fuggire ritenendo che “non è bello, nè utile” soffrire, mi accorgo che non cambia nulla se sono insieme alle persone, anzi, l’andare dove c’è gente, chiamare amici o fare qualunque cosa per uscire presto da un’emozione sgradevole, mi crea sofferenza e ancor più solitudine.
E’ da una introspezione meditativa, che divento sereno e chiaro dentro di me. E’ regalandomi un “sorriso pacificante” che percepisco coscientemente che una parte “del mio ego” incontra il mio bisogno di interezza: il mio SE’. E’ con l’accettazione che cerco l’unione di “parti” in apparenza disgiunte e genero comprensione.
E’ partecipando a questa comunione di ‘parti’ che sento pacificazione, chiarezza e gioia, per un vissuto che talvolta prende la china della separazione e della solitudine più amara.
Ogni qualvolta “scopro” sintesi nuove del mio essere, mi sento come un bambino innocente che riceve un nuovo dono. Sento crescere dentro di me una generosa e profonda dimensione interiore, della mia energia e della mia consapevolezza.
Questa riflessione appena espressa, richiede un chiarimento del concetto di solitudine per me, poiché è frutto di ciò che vivo “adesso”. Essere solo, cosa vuol dire? Solo perché non c’è nessuno accanto a me? Solo perché in certi momenti ho di un calo di energia, oppure ho dei pensieri che limitano la mia gioia di “esistere”?.
Quando medito, nasce un nuovo modo di pormi la domanda. La “visione” chiara appare. Sono solo quando mi isolo da ME stesso. Se sto sperimentando l’emozione della solitudine e comincio a fuggire ritenendo che “non è bello, nè utile” soffrire, mi accorgo che non cambia nulla se sono insieme alle persone, anzi, l’andare dove c’è gente, chiamare amici o fare qualunque cosa per uscire presto da un’emozione sgradevole, mi crea sofferenza e ancor più solitudine.
E’ da una introspezione meditativa, che divento sereno e chiaro dentro di me. E’ regalandomi un “sorriso pacificante” che percepisco coscientemente che una parte “del mio ego” incontra il mio bisogno di interezza: il mio SE’. E’ con l’accettazione che cerco l’unione di “parti” in apparenza disgiunte e genero comprensione.
E’ partecipando a questa comunione di ‘parti’ che sento pacificazione, chiarezza e gioia, per un vissuto che talvolta prende la china della separazione e della solitudine più amara.
Ogni qualvolta “scopro” sintesi nuove del mio essere, mi sento come un bambino innocente che riceve un nuovo dono. Sento crescere dentro di me una generosa e profonda dimensione interiore, della mia energia e della mia consapevolezza.