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Coaching: 'La conoscenza di Sè come valore di Relazione' di Maria Cristina Caccia

3/12/2013

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Poi un uomo domandò: Parlaci della Conoscenza di sé.
Ed egli rispose dicendo: “I vostri cuori conoscono in silenzio i segreti dei giorni e delle notti.
Ma le vostre orecchie hanno sete di sentire quello che il cuore già conosce.
Vorreste sapere con parole quello che avete sempre saputo nella mente.
Vorreste toccare con le dita il corpo nudo dei sogni.
Ed è bene che lo facciate:

La sorgente sotterranea della vostra anima dovrà venire alla luce e scorrere mormorando verso il mare;
E il tesoro della vostra infinita profondità sarà rivelato ai vostri occhi.
Ma non usate bilance per pesare quell'ignoto tesoro;
E non sondate le profondità della vostra conoscenza con lo scandaglio o la pertica.
Poiché l'io è un mare sconfinato e immisurabile.

Non dite: "Ho trovato la verità"; dite piuttosto: "Ho trovato una verità".
Non dite: "Ho trovato il sentiero dell'anima". Dite piuttosto: "Sul mio sentiero ho incontrato l'anima in cammino".
Perché l’anima cammina in tutti i sentieri.
L'anima non cammina sopra un filo, né cresce come una canna.
L'anima apre se stessa come un fiore di loto dagli innumerevoli petali”.

(Khalil Gibran, “Il Profeta”)
Immagine
Nosce te ipsum ovvero “Conosci te stesso” era l’incipit iscritto nel tempio del dio Apollo a Delfi. Una sentenza che ha attraversato i secoli, ha oltrepassato albe e tramonti, accompagnando il destino dell’Uomo. All’epoca delle antiche divinità, la Conoscenza di sé era sinonimo di rigore e controllo rispetto ai propri limiti, per non cadere nella presunzione di voler uguagliare gli Dei e lo stesso concetto arriva fino ai giorni nostri, conservando quell’originario significato che porta con sé l’idea di una “saggia consapevolezza di ciò che siamo e di dove possiamo arrivare”.
Spendiamo molto tempo, a volte, nel cercare di capire a fondo una persona, osservandone ogni gesto, ascoltando ogni parola e leggendo tra le righe verità che, forse, sono soltanto proiezioni della nostra mente. Rimuginiamo e apriamo le porte all’ansia e al nervosismo. Sprechiamo le nostre risorse vitali.

Dobbiamo comprendere. Dobbiamo premiare o punire. Dobbiamo trovare un colpevole o un salvatore. Sempre là, fuori, andiamo cercando la nostra Via, come mendicanti affamati di Verità. E mentre siamo intenti a rovistare tra scrigni nascosti, dimentichiamo il nostro tesoro, quello custodito in noi, sul quale inconsciamente lasciamo stratificare lembi di polvere. Dobbiamo rivolgere lo sguardo all’interno per aprirci a una Conoscenza autentica di noi stessi, quella che offre elementi per rispondere a due domande fondamentali: “Chi sono?” e “Dove voglio andare?”.

Essere consapevoli della nostra identità più intima, che sgorga dalle nostre emozioni, passate e presenti, così come dalle nostre esperienze, positive o negative, ci aiuta a relazionarci in modo diverso con l’Altro, in ogni ambito dell’esistenza, da quello famigliare, a quello affettivo, a quello professionale, persino a quello estraneo a noi. Ci sono distanze tra me e l’Altro che vanno apprese, tracciate in modo chiaro ed evidente nel modello teorizzato dal dott. Daniele Trevisani e noto come  “4 Distances Model” o Modello delle Quattro Distanze Comunicative Interpersonali”, “punti di osservazione” dai quali analizzare Se stessi e gli Altri rispetto a scale di valori, significati, codici linguistici, ruoli, vissuti emozionali ed esperenziali, recuperando il senso di una Relazione interpersonale più autentica.

E così quel dialogo o quell’incontro che ci mettevano in difficoltà possono addirittura sembrare più gradevoli, proprio perché leggibili con nuovi paradigmi. La nostra Comunicazione interpersonale diventa un’occasione di approfondimento Umano e di arricchimento interiore.

Il Coaching muove energie che “vanno verso” l’Altro, spinge alla Conoscenza di Sé perché, mentre l’ascolto si fa “Neutrale”, i nostri pensieri “cessano” di saltellare nella mente e passano il testimone a nuove Consapevolezze che trovano posto in noi.


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