
Nel nostro vivere, al di là di ciò che abbiamo fatto secondo la nostra volontà, quante volte abbiamo fatto esperienze significative, non pianificate, che ricordiamo perché hanno segnato alcune tappe della nostra vita?
Capita spesso di raccontarle, anche a distanza di anni, e nel farlo è come se proiettassimo un film su uno schermo che parla di quello che abbiamo vissuto. Comunemente noi siamo la parte narrante esterna che riprende la cronologia dei fatti, il cosa è avvenuto, gli attori coinvolti e l’epilogo felice o infelice che sia stato.
Ma cosa pensa, dice e fa il protagonista della storia, cioè noi?
Riusciamo ad accorgerci che mentre raccontiamo i fatti noi ci pensiamo proiettati all’esterno solo per quello che abbiamo fatto? E che quando viviamo qualcosa di significativo, difficilmente ci raccontiamo con la consapevolezza di esserci guardati all’interno e di aver scoperto e fatto esperienza di ciò che abbiamo provato nel vivere la storia?
Allora una domanda significativa da farsi è: come abbiamo vissuto un certo evento della nostra vita?
Al di là del racconto sui fatti e persone coinvolte, quando siamo noi che sperimentiamo in prima persona alcuni momenti che ci riguardano e ci toccano, non è facile fermarsi e chiederci come ci siamo sentiti nel vivere un’esperienza, in particolare riflettere su quali pensieri abbiamo avuto durante il corso degli eventi.
Questo per me significa vedere noi nelle cose, noi con le persone coinvolte, noi in rapporto all’esito della situazione.
Quindi non solo rileggere la storia come una sequenza di fatti e relazioni, ma proiettare per un attimo noi stessi sullo schermo che diventa buio. E qui fermarsi per contattare le sensazioni di fondo, per ascoltare come sta il nostro corpo, se manda stimoli e sentire le emozioni che ritornano. A volte è gioia, a volte dolore, ma anche paura e rabbia, preoccupazione, sfiducia.
Evitare nel nostro dialogo i ‘ma’ e i ‘se’, semmai porci domande sul nostro potenziale e su quali strumenti e istruzioni d’uso vorremmo avere ora per affrontare certe esperienze, anche con il supporto di un buon coaching.
Poi nel dare le risposte, proviamo a lasciare uno spazio vuoto e continuiamo a fidarci della vita.
Capita spesso di raccontarle, anche a distanza di anni, e nel farlo è come se proiettassimo un film su uno schermo che parla di quello che abbiamo vissuto. Comunemente noi siamo la parte narrante esterna che riprende la cronologia dei fatti, il cosa è avvenuto, gli attori coinvolti e l’epilogo felice o infelice che sia stato.
Ma cosa pensa, dice e fa il protagonista della storia, cioè noi?
Riusciamo ad accorgerci che mentre raccontiamo i fatti noi ci pensiamo proiettati all’esterno solo per quello che abbiamo fatto? E che quando viviamo qualcosa di significativo, difficilmente ci raccontiamo con la consapevolezza di esserci guardati all’interno e di aver scoperto e fatto esperienza di ciò che abbiamo provato nel vivere la storia?
Allora una domanda significativa da farsi è: come abbiamo vissuto un certo evento della nostra vita?
Al di là del racconto sui fatti e persone coinvolte, quando siamo noi che sperimentiamo in prima persona alcuni momenti che ci riguardano e ci toccano, non è facile fermarsi e chiederci come ci siamo sentiti nel vivere un’esperienza, in particolare riflettere su quali pensieri abbiamo avuto durante il corso degli eventi.
Questo per me significa vedere noi nelle cose, noi con le persone coinvolte, noi in rapporto all’esito della situazione.
Quindi non solo rileggere la storia come una sequenza di fatti e relazioni, ma proiettare per un attimo noi stessi sullo schermo che diventa buio. E qui fermarsi per contattare le sensazioni di fondo, per ascoltare come sta il nostro corpo, se manda stimoli e sentire le emozioni che ritornano. A volte è gioia, a volte dolore, ma anche paura e rabbia, preoccupazione, sfiducia.
Evitare nel nostro dialogo i ‘ma’ e i ‘se’, semmai porci domande sul nostro potenziale e su quali strumenti e istruzioni d’uso vorremmo avere ora per affrontare certe esperienze, anche con il supporto di un buon coaching.
Poi nel dare le risposte, proviamo a lasciare uno spazio vuoto e continuiamo a fidarci della vita.