Il conseguimento dei propri titoli di studio ha il suo riconoscimento formale attraverso gli enti riconosciuti dallo stato: scuole, università, enti pubblici (ad es. Accredia, quale sistema di accreditamento e certificazione).
Nel caso delle nuove professioni come quelle di coaching, counseling, professionista olistico e altre centinaia, non avendo ancora un riconoscimento pubblico, sono tutelate dalla legge 14/01/2013 e portate avanti da associazioni private e da organismi di categoria, sempre privati, che ne garantiscono la qualità.
Le prime certificano il titolo di studio e le competenze acquisite (bollino di qualità dello stato).
Le seconde attestano un percorso di sviluppo personale e di acquisizione di competenze in base a programmi, conoscenze specifiche, esperienze, monte ore di formazione e aggiornamenti continui.
Il dibattito in corso tra professioni riconosciute e non, attività psico-mediche e non, attività di ‘aiuto’ e attività dedicate al benessere e alla crescita dell’individuo, sono precisate dalle decisioni dei regolatori e sono in continua e costante evoluzione e dibattito.
Al momento, una persona che desideri formarsi in una professione non riconosciuta (nel nostro caso, coach, counselor od operatore olistico - attività oggetto di molte controversie) frequenta un programma al cui termine un ente terzo di formazione professionale, sotto la propria responsabilità, dice tre cose: ‘hai un attestato per esercitare ciò che dichiari di svolgere, lo mantieni aggiornato annualmente (minimo 50 ore - 45 ore nelle tue ree di competenza specifiche e 5 ore di restituzione nelle competenze professionali generali) e hai una assicurazione che tutela te e l’utente’.
Associazioni e utenti regolano il loro rapporto in base ad un impegno reciproco.
Il dovere delle associazioni private è quello di: promuovere una formazione idonea all’acquisizione di competenze relazionali da utilizzare in vari contesti professionali e non; offrire condizioni logistiche e psicologiche idonee all’apprendimento; fornire materiale didattico; far conoscere gli obiettivi formativi e offrire docenti/formatori che accolgono le sollecitazioni e le richieste dei partecipanti. Dichiarare anticipatamente le attività di verifica e valutazione.
Il compito dell’utente, invece, è quello di assumersi la responsabilità di una scelta che gli può cambiare la vita. Pertanto dovrà valutare attentamente le proprie esigenze in relazione al background formativo fin lì realizzato, esaminare il programma della scuola in relazione alle competenze che desidera acquisire ed eventuali feedback dei partecipanti, valutare la qualità dei docenti e il loro percorso professionale, costruire attraverso la propria crescita personale quel senso di identità professionale che gli permetterà di scegliere come desidera essere percepito dai propri potenziali clienti.
E’ vero che i titoli rilasciati dallo stato hanno una identità riconoscibile e spendibile in ogni ambito, ma sappiamo anche che la formazione è continua e la società è in grande fermento. L’associazionismo da questo punto di vista ha colto questi bisogni trasversali e li ha valorizzati. Nuove professioni e competenze sono cresciute nella coscienza collettiva e oggi hanno bisogno di essere valorizzate da buoni modelli di comportamento e da capaci professionisti.
Buoni modelli e buoni programmi, fanno sì che un il percorso effettuato, una formazione continua, un consenso informato e un’assicurazione, consentano a un operatore/coach/counselor di costruire la propria identità professionale, diventando chiaro a se stesso e all’utente cui si rivolge.
Dal mio punto di vista, la crescita personale e professionale che si individua in programmi e materie, conoscenze e competenze specifiche, monte ore di formazione e aggiornamenti continui, si riconosce non per i titoli acquisiti, ma per le capacità messe in campo, la passione e le esperienze che si riescono a maturare e poi a trasferire.
E tutti noi sappiamo quanto siano importanti le esperienze rispetto alla vita quotidiana e al mondo del lavoro che ci obbligano a continui adattamenti.
Allo stato, rimangono aperti i quesiti sulla riconoscibilità o meno del titolo di counselor per i non psicologi, il riconoscimento degli attestati privati conseguiti e la fruizione di questi nel mondo del lavoro.
Rimane invece l’esperienza vissuta, la presenza di sé, il percorso fatto e la capacità di renderlo percepibile con chiarezza attraverso il proprio operato.
Nel caso delle nuove professioni come quelle di coaching, counseling, professionista olistico e altre centinaia, non avendo ancora un riconoscimento pubblico, sono tutelate dalla legge 14/01/2013 e portate avanti da associazioni private e da organismi di categoria, sempre privati, che ne garantiscono la qualità.
Le prime certificano il titolo di studio e le competenze acquisite (bollino di qualità dello stato).
Le seconde attestano un percorso di sviluppo personale e di acquisizione di competenze in base a programmi, conoscenze specifiche, esperienze, monte ore di formazione e aggiornamenti continui.
Il dibattito in corso tra professioni riconosciute e non, attività psico-mediche e non, attività di ‘aiuto’ e attività dedicate al benessere e alla crescita dell’individuo, sono precisate dalle decisioni dei regolatori e sono in continua e costante evoluzione e dibattito.
Al momento, una persona che desideri formarsi in una professione non riconosciuta (nel nostro caso, coach, counselor od operatore olistico - attività oggetto di molte controversie) frequenta un programma al cui termine un ente terzo di formazione professionale, sotto la propria responsabilità, dice tre cose: ‘hai un attestato per esercitare ciò che dichiari di svolgere, lo mantieni aggiornato annualmente (minimo 50 ore - 45 ore nelle tue ree di competenza specifiche e 5 ore di restituzione nelle competenze professionali generali) e hai una assicurazione che tutela te e l’utente’.
Associazioni e utenti regolano il loro rapporto in base ad un impegno reciproco.
Il dovere delle associazioni private è quello di: promuovere una formazione idonea all’acquisizione di competenze relazionali da utilizzare in vari contesti professionali e non; offrire condizioni logistiche e psicologiche idonee all’apprendimento; fornire materiale didattico; far conoscere gli obiettivi formativi e offrire docenti/formatori che accolgono le sollecitazioni e le richieste dei partecipanti. Dichiarare anticipatamente le attività di verifica e valutazione.
Il compito dell’utente, invece, è quello di assumersi la responsabilità di una scelta che gli può cambiare la vita. Pertanto dovrà valutare attentamente le proprie esigenze in relazione al background formativo fin lì realizzato, esaminare il programma della scuola in relazione alle competenze che desidera acquisire ed eventuali feedback dei partecipanti, valutare la qualità dei docenti e il loro percorso professionale, costruire attraverso la propria crescita personale quel senso di identità professionale che gli permetterà di scegliere come desidera essere percepito dai propri potenziali clienti.
E’ vero che i titoli rilasciati dallo stato hanno una identità riconoscibile e spendibile in ogni ambito, ma sappiamo anche che la formazione è continua e la società è in grande fermento. L’associazionismo da questo punto di vista ha colto questi bisogni trasversali e li ha valorizzati. Nuove professioni e competenze sono cresciute nella coscienza collettiva e oggi hanno bisogno di essere valorizzate da buoni modelli di comportamento e da capaci professionisti.
Buoni modelli e buoni programmi, fanno sì che un il percorso effettuato, una formazione continua, un consenso informato e un’assicurazione, consentano a un operatore/coach/counselor di costruire la propria identità professionale, diventando chiaro a se stesso e all’utente cui si rivolge.
Dal mio punto di vista, la crescita personale e professionale che si individua in programmi e materie, conoscenze e competenze specifiche, monte ore di formazione e aggiornamenti continui, si riconosce non per i titoli acquisiti, ma per le capacità messe in campo, la passione e le esperienze che si riescono a maturare e poi a trasferire.
E tutti noi sappiamo quanto siano importanti le esperienze rispetto alla vita quotidiana e al mondo del lavoro che ci obbligano a continui adattamenti.
Allo stato, rimangono aperti i quesiti sulla riconoscibilità o meno del titolo di counselor per i non psicologi, il riconoscimento degli attestati privati conseguiti e la fruizione di questi nel mondo del lavoro.
Rimane invece l’esperienza vissuta, la presenza di sé, il percorso fatto e la capacità di renderlo percepibile con chiarezza attraverso il proprio operato.