Hai già 25 anni e ne vedi 30 dietro la porta. Così è tardi per studiare (‘tre anni sono troppi’), per imparare un mestiere (‘gli stage sono solo degli ammazza entusiasmo’), per cercare lavoro (‘le ho provate tutte, ma non ti rispondono neanche’), per darsi da fare (‘non sono nato per fare una cosa qualsiasi’).
L’avanzare del tempo ha sbiadito perfino il piacere di giocare, di divertirsi con gli amici, di perdersi nei sogni ad occhi aperti, di dare un senso ad un progetto di vita. La realtà è diventata un muro bianco, gli spazi di movimento sono diventati angusti e il tempo è senza significato. Non si corre da nessuna parte.
Nella mente, nella stanza, sui muri o fuori dalla finestra non c’è scintilla di quel bisogno innato di dare un senso a ciò che si fa e a ciò che si è. Non c’è la progressione di senso tra impiego del tempo, idee e progetti. Non c’è ragione ultima, né istintiva né razionale, per cui valga la pena impegnarsi. C’è solo un senso di gravità, scollamento dalle proprie forze, noia.
Ecco, dunque, che diventa necessario ripartire da un punto nuovo, il punto zero della sopravvivenza, per toccare con mano gli strumenti della propria residua forza e definire con precisione e senza illusioni, cosa possa aiutare a ritrovare energie e motivazioni.
Quando le situazioni ambientali sono pesanti e respingenti occorre partire dall’interno, da ciò che possiamo controllare nell’immediato. E cioè noi! Il nostro corpo, il suo movimento, la sua estensione, le sue radici.
Si tratta di riprogrammare la qualità delle nostre rappresentazioni verso piccole soddisfazioni e possibilità di riuscita.
Il nostro Io non è programmato per l’incapacità, l’impotenza e la frammentazione. E’ programmato per la conservazione e l’espressione del suo potenziale. Per la crescita.
Aiutiamoci smettendo di pretendere di avere abbastanza denaro, giuste amicizie, un impiego prestigioso o un vicinato d’elite, concentriamoci sulla materia prima che siamo noi e su un modello di mondo che filtra possibilità e opportunità.
L’avanzare del tempo ha sbiadito perfino il piacere di giocare, di divertirsi con gli amici, di perdersi nei sogni ad occhi aperti, di dare un senso ad un progetto di vita. La realtà è diventata un muro bianco, gli spazi di movimento sono diventati angusti e il tempo è senza significato. Non si corre da nessuna parte.
Nella mente, nella stanza, sui muri o fuori dalla finestra non c’è scintilla di quel bisogno innato di dare un senso a ciò che si fa e a ciò che si è. Non c’è la progressione di senso tra impiego del tempo, idee e progetti. Non c’è ragione ultima, né istintiva né razionale, per cui valga la pena impegnarsi. C’è solo un senso di gravità, scollamento dalle proprie forze, noia.
Ecco, dunque, che diventa necessario ripartire da un punto nuovo, il punto zero della sopravvivenza, per toccare con mano gli strumenti della propria residua forza e definire con precisione e senza illusioni, cosa possa aiutare a ritrovare energie e motivazioni.
Quando le situazioni ambientali sono pesanti e respingenti occorre partire dall’interno, da ciò che possiamo controllare nell’immediato. E cioè noi! Il nostro corpo, il suo movimento, la sua estensione, le sue radici.
Si tratta di riprogrammare la qualità delle nostre rappresentazioni verso piccole soddisfazioni e possibilità di riuscita.
Il nostro Io non è programmato per l’incapacità, l’impotenza e la frammentazione. E’ programmato per la conservazione e l’espressione del suo potenziale. Per la crescita.
Aiutiamoci smettendo di pretendere di avere abbastanza denaro, giuste amicizie, un impiego prestigioso o un vicinato d’elite, concentriamoci sulla materia prima che siamo noi e su un modello di mondo che filtra possibilità e opportunità.