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'Autostima o autoefficacia?' di Maria Cristina Caccia

15/12/2015

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Com'è la tua autostima?
Una domanda non del tutto scontata, che fa trasalire e, inutile negarlo, far riflettere.
Siamo di corsa, sempre traghettati di problema in problema, di pensiero in pensiero, con il lavoro che incombe, che va e che viene, con impegni che incalzano, mentre le ore dell'orologio impazzano: siamo stanchi, ci riposiamo e, poi, l'indomani ricominciamo tutto daccapo.
"Come stai?", ci chiedono. La nostra risposta varia da un "Insomma, grazie", a un "tutto ok", generico e, spesso, senza significato reale, fino a un "benone  grazie e tu?", che si perde ancor più in una ineffabile vaghezza.
Lo "stare bene" è legato a una buona salute, senza dubbio, ma se volessimo scavare più a fondo? Laggiù, dentro di noi, come stiamo?
Auto-stima ovvero stima di se stessi significa che in modo stabile e incondizionato ci amiamo per un semplice motivo: perché esistiamo e siamo portatori di valori unici.
Spesso accade che la nostra autostima sia, invece, correlata a fattori contingenti, quali il lavoro, la casa, i soldi, l'amore, il successo: appigli che, apparentemente, sembrano essere portatori di felicità. Ecco che allora diciamo: "sarò felice quando avrò trovato il lavoro che fa per me" oppure "andrà meglio quando troverò l'amore, allora sarò appagato/a e realizzato/a". In questo modo non facciamo altro che dare al nostro piccolo Ego motivi per fare i capricci e affidiamo, senza rendercene conto, la nostra piena soddisfazione all'esterno, instabile e mutevole, anziché all'interno di noi stessi. E così facendo, rischiamo sempre molto: di essere delusi, disillusi, di esserci sbagliati/e, di aver commesso errori, perché non è andata come credevamo, insomma rischiamo di essere poco amorevoli con noi stessi. Questo accade quando usiamo tutte queste concause esterne per dimostrarci che valiamo.

Confondiamo l'autostima con l'autoefficacia. Quest'ultima è condizionata dagli eventi ed è circostanziale: in alcuni ambiti abbiamo doti da problem solver, in altri meno e questo perché, ci piaccia o no, siamo limitati e abbiamo capacità di agire in quella determinata situazione, mentre in un'altra ci mettiamo di fronte alle nostre manchevolezze e, se abbiamo lo stato d'animo sul tasto ON, cogliamo l'occasione per imparare proprio dagli errori o dai "vuoti" da riempire. Siamo consapevoli di avere doti da formatori oppure da impiegati oppure da artisti, ci conosciamo per ciò che sappiamo fare al meglio.

Ci conosciamo anche per il solo fatto intrinseco di valere qualcosa?
Forse meno o forse per niente, se non sono gli altri a farci qualche elogio.
Auto-stima non significa sentirsi al massimo in ogni performance: significa sentirsi al posto giusto sempre, con la coscienza di "essere a contatto con se stessi" e di dialogare internamente per poter rispondere alle sfide esterne in modo coerente con quello che "sentiamo": l'approccio comportamentale definirebbe questo atteggiamento orientato agli obiettivi di padronanza ovvero di autoefficacia e gratifica di sé, per quello che si è potuto fare con i propri strumenti, a prescindere dal risultato (obiettivi di prestazione).
​

L'Ego vuole continue conferme esterne, mentre l'auto-stima si appaga di un "sì" a se stessi, che diventa un punto di appoggio essenziale per il nostro agire nel mondo. Cosa facciamo per "riavvicinarci a noi"? E, soprattutto, cosa siamo disposti a sacrificare? E ad accogliere?

Non è possibile alcuna salute psicologica senza che il nocciolo essenziale di ogni persona sia fondamentalmente accettato, amato e rispettato.
(Abraham Maslow)

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