Correva l’anno in cui mi recavo a Roma una volta al mese per sessione di Coaching individuale all’imprenditore. Una sorta di “Deus ex machina” quarta generazione da Impresari. Sessione di Coaching con il suo Dirigente Commerciale, con cui manterrò i contatti nel tempo.
Rientro abbastanza frullato dopo due o tre giorni intensi in zona Roma est.
Usufruisco del servizio per disabili nella trasferta che compio con il nuovo Italo che sgomita nel complesso mercato.
Tiburtina
Il servizio assistenza disabili alla Stazione Tiburtina di Roma è fornito da una cooperativa nata nell’immediato dopoguerra. Nei suoi anni migliori dava lavoro a migliaia di persone nella capitale.
Oggi non si chiama più cooperativa portabagagli, molti si vergognano della passata e ora umiliante definizione, e si presta a diversi tipi di servizi sulle Stazioni .
Tiburtina all’epoca mi pare rappresenti uno dei tanti “we have no dreams”, con l’impagabile personaggio di Albanese” Cettola Qualunque””I have no dreams. .
Così mi appare la stazione. Un qualcosa, un progetto che avrebbe potuto essere un fiore all’occhiello e che diventa prima ancor di nascere un crisantemo avvizzito.
Enormi investimenti in strutture che sembrano puntare al futuro. Corridoi giganteschi con vetrine immense che dovrebbero riempirsi di svariate attività commerciali, d’accoglienza e di servizi.
Tutto al condizionale.
Le vetrine son quasi tutte tristemente vuote, in alcuni angoli se piove fuori, lo fa anche dentro.
Le pozzanghere rimangono, sorridono e diventano scivolose.
Al secondo piano, il futuristico viale commerciale, non c’è una toilette neanche per i più normodotati, anche a pagamento intendo.
A ogni mio arrivo è sempre piacevole assaporare il clima più mite che ti fa dimenticare quello lasciato al Nord e appena uscito mi propone di gustarmi il fantastico cielo di Roma.
Mi accompagna un ragazzo tra i più disponibili e sorridenti mai incontrati. Non perde il sorriso neanche davanti all’ascensore guasto.
Dietrofront! C’è una rampa sempre pronta, ripida ma utilizzabile, e perlopiù in discesa.
Mi è spiaciuto vedere l’altro accompagnatore al ritorno spingermi in salita, no problem mi dice: ci siamo abituati .
Eccomi nell’attesa al binario 12, lui, per evitarmi, il freddo mi fa accedere con la chiave, in una struttura in plexigas. È fatiscente, ma mi sembra una buona idea.
Peccato che tra poco la demoliscano per non sostituirla.
Chiuso all’interno del luogo misterioso, provo a godermi il privilegio.
Osservo la gente fuori e mi tornano in mente alcune gabbie per fumatori negli aeroporti.
A Francoforte, ad esempio, osservo fumatori, fumo e spazio esiguo, e mi risalgono altre immagini tedesche che rimuovo alla velocità della luce. Qui nella struttura ci sono diverse poltroncine, un tempo eleganti e nuove. Ora sono lise e sparpagliate, il piccolo desk che era un punto d’accoglienza ora è trasandato e spoglio.
Tutto ciò che vedo che un giorno era stato ideato per dare momenti di relax ora da malinconia.
Chi sa ascoltare non soltanto è simpatico a tutti ma prima o poi finisce con l'imparare qualcosa.
William Mizner
Il ragazzo si siede di fronte a me e inizia a scrivere.
Scrive su un suo quaderno, concentratissimo.
Resisto a fatica per un po’, sino a chiedere: scusa che scrivi ?
Si ricorda che ci sono anch’io in quel quadro surrealista e m racconta che prende appunti per una trasmissione mattutina su un’emittente locale sullo sport, sul calcio, anzi solo sulla Roma.
L’unica squadra della capitale afferma con una serietà invidiabile.
(sorrido ascoltando e penso ad Achille, dirigente commerciale e Laziale sfegatato).
Mi strappa una grassa risata che risuona nel box di plastica.
Mancano 10 minuti all’arrivo del treno, così proseguiamo nella conversazione .
Suo nonno è stato uno dei fondatori della cooperativa, suo padre ci ha lavorato sino alla pensione, e lui ci lavora da 20 anni.
Non però la mattina, mai quando gioca la Roma, in casa o in trasferta che sia.
Per il resto mi dice ci sono sempre, quando vogliono, sempre a disposizione.
Negoziazione chiara!
Italo arriva puntualissimo. Il binario è strettissimo, io bloccato in quella posizione sono rincuorato di essere dietro la linea gialla di protezione.
Ci salutiamo, salgo mi rendo conto che non so il suo nome.
Lascio Tiburtina, e la capitale dall’infinto fascino e dalle immense contraddizioni con tutto il caos rumoroso che l’anima esterna della stazione emana.
Mentre il NTV si prepara per raggiungere la soglia dei 300km orari sono grato al personale della ex cooperativa portabagli che in più d’un’occasione ha illuminato le zone spente di un luogo di transito ad alta velocità che poteva essere altro, che non lo è e forse non lo sarà mai.
Hasta la proxima Tiburtina !
Rientro abbastanza frullato dopo due o tre giorni intensi in zona Roma est.
Usufruisco del servizio per disabili nella trasferta che compio con il nuovo Italo che sgomita nel complesso mercato.
Tiburtina
Il servizio assistenza disabili alla Stazione Tiburtina di Roma è fornito da una cooperativa nata nell’immediato dopoguerra. Nei suoi anni migliori dava lavoro a migliaia di persone nella capitale.
Oggi non si chiama più cooperativa portabagagli, molti si vergognano della passata e ora umiliante definizione, e si presta a diversi tipi di servizi sulle Stazioni .
Tiburtina all’epoca mi pare rappresenti uno dei tanti “we have no dreams”, con l’impagabile personaggio di Albanese” Cettola Qualunque””I have no dreams. .
Così mi appare la stazione. Un qualcosa, un progetto che avrebbe potuto essere un fiore all’occhiello e che diventa prima ancor di nascere un crisantemo avvizzito.
Enormi investimenti in strutture che sembrano puntare al futuro. Corridoi giganteschi con vetrine immense che dovrebbero riempirsi di svariate attività commerciali, d’accoglienza e di servizi.
Tutto al condizionale.
Le vetrine son quasi tutte tristemente vuote, in alcuni angoli se piove fuori, lo fa anche dentro.
Le pozzanghere rimangono, sorridono e diventano scivolose.
Al secondo piano, il futuristico viale commerciale, non c’è una toilette neanche per i più normodotati, anche a pagamento intendo.
A ogni mio arrivo è sempre piacevole assaporare il clima più mite che ti fa dimenticare quello lasciato al Nord e appena uscito mi propone di gustarmi il fantastico cielo di Roma.
Mi accompagna un ragazzo tra i più disponibili e sorridenti mai incontrati. Non perde il sorriso neanche davanti all’ascensore guasto.
Dietrofront! C’è una rampa sempre pronta, ripida ma utilizzabile, e perlopiù in discesa.
Mi è spiaciuto vedere l’altro accompagnatore al ritorno spingermi in salita, no problem mi dice: ci siamo abituati .
Eccomi nell’attesa al binario 12, lui, per evitarmi, il freddo mi fa accedere con la chiave, in una struttura in plexigas. È fatiscente, ma mi sembra una buona idea.
Peccato che tra poco la demoliscano per non sostituirla.
Chiuso all’interno del luogo misterioso, provo a godermi il privilegio.
Osservo la gente fuori e mi tornano in mente alcune gabbie per fumatori negli aeroporti.
A Francoforte, ad esempio, osservo fumatori, fumo e spazio esiguo, e mi risalgono altre immagini tedesche che rimuovo alla velocità della luce. Qui nella struttura ci sono diverse poltroncine, un tempo eleganti e nuove. Ora sono lise e sparpagliate, il piccolo desk che era un punto d’accoglienza ora è trasandato e spoglio.
Tutto ciò che vedo che un giorno era stato ideato per dare momenti di relax ora da malinconia.
Chi sa ascoltare non soltanto è simpatico a tutti ma prima o poi finisce con l'imparare qualcosa.
William Mizner
Il ragazzo si siede di fronte a me e inizia a scrivere.
Scrive su un suo quaderno, concentratissimo.
Resisto a fatica per un po’, sino a chiedere: scusa che scrivi ?
Si ricorda che ci sono anch’io in quel quadro surrealista e m racconta che prende appunti per una trasmissione mattutina su un’emittente locale sullo sport, sul calcio, anzi solo sulla Roma.
L’unica squadra della capitale afferma con una serietà invidiabile.
(sorrido ascoltando e penso ad Achille, dirigente commerciale e Laziale sfegatato).
Mi strappa una grassa risata che risuona nel box di plastica.
Mancano 10 minuti all’arrivo del treno, così proseguiamo nella conversazione .
Suo nonno è stato uno dei fondatori della cooperativa, suo padre ci ha lavorato sino alla pensione, e lui ci lavora da 20 anni.
Non però la mattina, mai quando gioca la Roma, in casa o in trasferta che sia.
Per il resto mi dice ci sono sempre, quando vogliono, sempre a disposizione.
Negoziazione chiara!
Italo arriva puntualissimo. Il binario è strettissimo, io bloccato in quella posizione sono rincuorato di essere dietro la linea gialla di protezione.
Ci salutiamo, salgo mi rendo conto che non so il suo nome.
Lascio Tiburtina, e la capitale dall’infinto fascino e dalle immense contraddizioni con tutto il caos rumoroso che l’anima esterna della stazione emana.
Mentre il NTV si prepara per raggiungere la soglia dei 300km orari sono grato al personale della ex cooperativa portabagli che in più d’un’occasione ha illuminato le zone spente di un luogo di transito ad alta velocità che poteva essere altro, che non lo è e forse non lo sarà mai.
Hasta la proxima Tiburtina !