L’amore per la corsa è ciò che mi spinge a correre. Forse più che l’amore per la corsa è l’amore per il movimento, che esso poi si espliciti nelle forme quali la corsa appunto, il nuoto, il ciclismo o altro è più o meno ininfluente, può essere mera questione logistica e di predisposizione personale (un’ora a piedi sono circa 2 in bici, poi col buio per strada in bici non ci puoi andare la sera etc…).
L’importante per me è che sia all’aria aperta e a contatto con la natura, cioè con quello che dovrebbe essere l’habitat naturale dell’essere umano, cosa che potrebbe apparire scontata ma che in realtà non lo è visto l’imponente cementificazione ed edificazione a cui stiamo sottoponendo il nostro territorio.
Correndo stò vicino alla natura, a contatto con il sudore che mi bagna la pelle, alla disperata ricerca di ossigeno quando ne sono rimasto senza, nel frastuono del mio battito cardiaco che pompa sangue in ogni direzione quando i miei muscoli non ce la fanno più: sono nella mia umanità. Correndo recupero il senso della distanza dove non pensavo ma ci sono racchiusi molti significati. Ritrovo la dimensione della fatica, quella che ormai, assieme alla morte ed alla sofferenza, abbiamo relegato ai confini della nostra società pensando che in questo modo di aver risolto il problema, ma quando ci vengono a fare visita toccandoci personalmente ci rendiamo conto che non è così: fanno parte della vita stessa.
Quella dell’umiltà: alla fine sono solo un piccolo puntino nell’universo se penso alle grandi distanze che ci separano dalle stelle più vicine e a quelle che percorro io ed al tempo che ci impiego. Quella del limite: percorro un km in circa 5 minuti, con la tecnologia a nostra disposizione (automobili, treno, aereo) decisamente meno: sono un piccolo grande uomo perché alla fine quella stessa tecnologia che mi surclassa in modo imbarazzante l’ho creata io. Quella della pazienza: se vuoi fare 42,195 Km devi prendere: punto uno un ritmo regolare, punto due il tuo ritmo e punto tre percorrere la distanza che separa la linea della partenza con quella dell’arrivo. Tre quattro sei sono le tre ore e quarantasei minuti (e 21 secondi) che ci ho impiegato per fare questi 42,195 Km.
Dietro questi numeri in realtà l’aspetto saliente è l’oceano di emozioni che vivi. Non ci sono parole per esprimerle. Posso forse riassumerle con la seguente frase: bravo Vince, ce l’hai fatta, tutta da solo, perché erano solo le tue gambe a spingerti, nessuno ti ha portato in braccio, ti sei fatto un gran bel regalo, hai tagliato questo traguardo (questa è la tua vittoria: essere contento e soddisfatto di te e dell’esperienza che hai vissuto). Ora sei pronto per tagliarne molti altri, altre sfide, altre emozioni, altre avventure. Ma non dimenticare il tuo coach Gigi, senza il quale tutto questo non sarebbe stato come è stato, e anche l’entusiasmo e l’incitamento degli spettatori (coach compreso) che sono stati un momento di “propulsione” e condivisione che hanno reso il tutto qualcosa di speciale (… cioè ciò che conta è anche come si arriva a tagliare un traguardo …. come dire: c’è chi si accontenta di esistere, chi di sopravvivere e chi invece osa vivere, in questo caso correre !!!).
Per tutto questo alla fine mi vien da affermare che dovremo ricordarci lo sport non è mera attività fisica o palestra competitiva dove la vittoria è tutto ma prima di tutto insostituibile scuola di vita e di emozioni. Poi se si vince è meglio
L’importante per me è che sia all’aria aperta e a contatto con la natura, cioè con quello che dovrebbe essere l’habitat naturale dell’essere umano, cosa che potrebbe apparire scontata ma che in realtà non lo è visto l’imponente cementificazione ed edificazione a cui stiamo sottoponendo il nostro territorio.
Correndo stò vicino alla natura, a contatto con il sudore che mi bagna la pelle, alla disperata ricerca di ossigeno quando ne sono rimasto senza, nel frastuono del mio battito cardiaco che pompa sangue in ogni direzione quando i miei muscoli non ce la fanno più: sono nella mia umanità. Correndo recupero il senso della distanza dove non pensavo ma ci sono racchiusi molti significati. Ritrovo la dimensione della fatica, quella che ormai, assieme alla morte ed alla sofferenza, abbiamo relegato ai confini della nostra società pensando che in questo modo di aver risolto il problema, ma quando ci vengono a fare visita toccandoci personalmente ci rendiamo conto che non è così: fanno parte della vita stessa.
Quella dell’umiltà: alla fine sono solo un piccolo puntino nell’universo se penso alle grandi distanze che ci separano dalle stelle più vicine e a quelle che percorro io ed al tempo che ci impiego. Quella del limite: percorro un km in circa 5 minuti, con la tecnologia a nostra disposizione (automobili, treno, aereo) decisamente meno: sono un piccolo grande uomo perché alla fine quella stessa tecnologia che mi surclassa in modo imbarazzante l’ho creata io. Quella della pazienza: se vuoi fare 42,195 Km devi prendere: punto uno un ritmo regolare, punto due il tuo ritmo e punto tre percorrere la distanza che separa la linea della partenza con quella dell’arrivo. Tre quattro sei sono le tre ore e quarantasei minuti (e 21 secondi) che ci ho impiegato per fare questi 42,195 Km.
Dietro questi numeri in realtà l’aspetto saliente è l’oceano di emozioni che vivi. Non ci sono parole per esprimerle. Posso forse riassumerle con la seguente frase: bravo Vince, ce l’hai fatta, tutta da solo, perché erano solo le tue gambe a spingerti, nessuno ti ha portato in braccio, ti sei fatto un gran bel regalo, hai tagliato questo traguardo (questa è la tua vittoria: essere contento e soddisfatto di te e dell’esperienza che hai vissuto). Ora sei pronto per tagliarne molti altri, altre sfide, altre emozioni, altre avventure. Ma non dimenticare il tuo coach Gigi, senza il quale tutto questo non sarebbe stato come è stato, e anche l’entusiasmo e l’incitamento degli spettatori (coach compreso) che sono stati un momento di “propulsione” e condivisione che hanno reso il tutto qualcosa di speciale (… cioè ciò che conta è anche come si arriva a tagliare un traguardo …. come dire: c’è chi si accontenta di esistere, chi di sopravvivere e chi invece osa vivere, in questo caso correre !!!).
Per tutto questo alla fine mi vien da affermare che dovremo ricordarci lo sport non è mera attività fisica o palestra competitiva dove la vittoria è tutto ma prima di tutto insostituibile scuola di vita e di emozioni. Poi se si vince è meglio