Dal momento che la nave è finalmente “salpata”, in questo secondo post desidero portare la mia e la vostra attenzione sui concetti di amore e passione verso se stessi, per il proprio lavoro e per gli altri, che Daniele Trevisani così efficacemente descrive nel capitolo 5 del suo libro “Psicologia della libertà” (2018, Edizioni Mediterranee).
Troppo volte ho sentito dire da colleghi avvocati e da altri professionisti che non bisogna appassionarsi troppo al proprio lavoro, in quanto i clienti, interessati solo ed esclusivamente al risultato finale, difficilmente comprenderanno gli sforzi prestati dal professionista per raggiungere l’obiettivo inizialmente condiviso.
Più di qualcuno tra i miei colleghi è arrivato persino ad affermare che il nostro “peggior nemico” è il cliente! Ma è davvero così?
Credo che, in qualunque attività professionale, non si debba confondere il valore della competenza professionale, legata al sapere ed al saper fare (hard skills), con le competenze relazionali del professionista, che richiedono invece consapevolezza del ruolo e, soprattutto, un sufficiente livello di “alfabetizzazione emotiva” (soft skills). Ecco, penso che in molti (troppi) casi manchi nei professionisti la consapevolezza dell’importanza della comunicazione con i clienti, che nulla ha a che fare con l’eloquenza, la capacità di persuasione o l’ostentato tecnicismo dei c.d. “dottori della legge”.
Daniele Trevisani sostiene che il “senso di un coaching è produrre e alimentare valore verso… una causa, amore verso un progetto” e, a tal proposito, richiama il concetto di engrossment, mutuato dalla psicologia analitica, ovvero il sentimento di affetto che un padre sviluppa verso il figlio. Tale concetto si contrappone alla relazione meccanica e di distacco che spesso, invece, caratterizza la relazione tra professionista e cliente.
Occorre cercare o, semplicemente, riscoprire la passione perduta per il proprio lavoro o per gli ideali “dimenticati”, e cioè per quei valori che costituirono la spinta motivazionale per intraprendere, prima, quel corso di studi e, dopo, quella determinata professione. Si tratta, in altri termini, di un consapevole lavoro generativo da compiere per il proprio e l’altrui benessere.
Troppo volte ho sentito dire da colleghi avvocati e da altri professionisti che non bisogna appassionarsi troppo al proprio lavoro, in quanto i clienti, interessati solo ed esclusivamente al risultato finale, difficilmente comprenderanno gli sforzi prestati dal professionista per raggiungere l’obiettivo inizialmente condiviso.
Più di qualcuno tra i miei colleghi è arrivato persino ad affermare che il nostro “peggior nemico” è il cliente! Ma è davvero così?
Credo che, in qualunque attività professionale, non si debba confondere il valore della competenza professionale, legata al sapere ed al saper fare (hard skills), con le competenze relazionali del professionista, che richiedono invece consapevolezza del ruolo e, soprattutto, un sufficiente livello di “alfabetizzazione emotiva” (soft skills). Ecco, penso che in molti (troppi) casi manchi nei professionisti la consapevolezza dell’importanza della comunicazione con i clienti, che nulla ha a che fare con l’eloquenza, la capacità di persuasione o l’ostentato tecnicismo dei c.d. “dottori della legge”.
Daniele Trevisani sostiene che il “senso di un coaching è produrre e alimentare valore verso… una causa, amore verso un progetto” e, a tal proposito, richiama il concetto di engrossment, mutuato dalla psicologia analitica, ovvero il sentimento di affetto che un padre sviluppa verso il figlio. Tale concetto si contrappone alla relazione meccanica e di distacco che spesso, invece, caratterizza la relazione tra professionista e cliente.
Occorre cercare o, semplicemente, riscoprire la passione perduta per il proprio lavoro o per gli ideali “dimenticati”, e cioè per quei valori che costituirono la spinta motivazionale per intraprendere, prima, quel corso di studi e, dopo, quella determinata professione. Si tratta, in altri termini, di un consapevole lavoro generativo da compiere per il proprio e l’altrui benessere.