Sovente ci capita di soffrire perché non riusciamo ad accettare una data situazione, che sia questa derivante da un fallimento, da una malattia o da un lutto. Talvolta tale sofferenza viene amplificata dal rendersi conto di non essere capaci ad accettarla ed a smettere di dolersene.
Così ci ritroviamo a stare male per quanto accaduto e in più a stare ulteriormente male perché pensiamo che non dovremmo starci male, e magari sviluppiamo anche un leggero senso di colpa, o di inadeguatezza.
Ma cos’è l’accettazione? Possiamo provare a definirla come la presa di consapevolezza che un dato obiettivo, sia esso un’azione, un rapporto o altro è andato definitivamente compromesso.
Potremmo anche aggiungere che l’accettazione può servire ad evitare uno sperperio di risorse, nel cercare di raggiungere quell’obiettivo che abbiamo precedentemente ma oggettivamente definito compromesso.
Se riuscissimo veramente ad accettare questo evento impattante ed immodificabile potremmo esprimerci con un “non c’è più niente da fare” e dovremmo comportarci di conseguenza con un “non faccio nulla” ma forse la vera essenza sarebbe accostare a questo “non far nulla” anche l’assenza di emozioni negative, perché consapevoli del fatto che non faccio nulla perché è la soluzione migliore in quanto non c’è nulla in più che io possa fare.
Ma se questo passo non riesco farlo?
Inevitabilmente inizierò a sviluppare un sentimento, più o meno marcato di frustrazione, che potrebbe esprimersi anche come rabbia, tristezza o ansia. Tutte emozioni potenzialmente sgradevoli, che spesso ci pongono in una situazione di disagio. Ma se fossimo capaci di accoglierle? Siamo certi che siano prive di utilità?
Se ci trovassimo in un periodo di forte tristezza, ed accettassimo di accoglierlo potremmo scoprire che questa forte emozione, che in qualche modo ci induce a sospendere molti dei nostri interessi esterni, può regalarci la possibilità di dedicare del tempo a noi stessi, alle nostre emozioni profonde, potremmo così scoprire nuovi aspetti di noi, o nuovi interessi precedentemente mai esplorati.
Se considerassimo la sopraggiunta impossibilità di raggiungere l’obiettivo un torto subito potremmo anche trovarci a vivere un forte sentimento di rabbia. Anche questa emozione però non è necessariamente negativa, accogliendola, senza contrastarla, potrebbe acquisire un valore protettivo, una sorta di presa di coscienza per non ripercorrere più la stessa via che ci ha causato questo senso di perdita.
Concludendo, credo che l’accettazione ci aiuti ad evitare un dispendio di energie verso un obiettivo oggettivamente irraggiungibile o nei confronti di una situazione immodificabile, credo ci aiuti a sospendere le emozioni negative derivanti da questa situazione e ci insegni a ritrovare un nuovo equilibrio. Credo però occorra darsi il tempo necessario, rispettando ed accogliendo le nostre emozioni senza giudizio, affinché questo processo non diventi una nuova occasione di sofferenza.
Così ci ritroviamo a stare male per quanto accaduto e in più a stare ulteriormente male perché pensiamo che non dovremmo starci male, e magari sviluppiamo anche un leggero senso di colpa, o di inadeguatezza.
Ma cos’è l’accettazione? Possiamo provare a definirla come la presa di consapevolezza che un dato obiettivo, sia esso un’azione, un rapporto o altro è andato definitivamente compromesso.
Potremmo anche aggiungere che l’accettazione può servire ad evitare uno sperperio di risorse, nel cercare di raggiungere quell’obiettivo che abbiamo precedentemente ma oggettivamente definito compromesso.
Se riuscissimo veramente ad accettare questo evento impattante ed immodificabile potremmo esprimerci con un “non c’è più niente da fare” e dovremmo comportarci di conseguenza con un “non faccio nulla” ma forse la vera essenza sarebbe accostare a questo “non far nulla” anche l’assenza di emozioni negative, perché consapevoli del fatto che non faccio nulla perché è la soluzione migliore in quanto non c’è nulla in più che io possa fare.
Ma se questo passo non riesco farlo?
Inevitabilmente inizierò a sviluppare un sentimento, più o meno marcato di frustrazione, che potrebbe esprimersi anche come rabbia, tristezza o ansia. Tutte emozioni potenzialmente sgradevoli, che spesso ci pongono in una situazione di disagio. Ma se fossimo capaci di accoglierle? Siamo certi che siano prive di utilità?
Se ci trovassimo in un periodo di forte tristezza, ed accettassimo di accoglierlo potremmo scoprire che questa forte emozione, che in qualche modo ci induce a sospendere molti dei nostri interessi esterni, può regalarci la possibilità di dedicare del tempo a noi stessi, alle nostre emozioni profonde, potremmo così scoprire nuovi aspetti di noi, o nuovi interessi precedentemente mai esplorati.
Se considerassimo la sopraggiunta impossibilità di raggiungere l’obiettivo un torto subito potremmo anche trovarci a vivere un forte sentimento di rabbia. Anche questa emozione però non è necessariamente negativa, accogliendola, senza contrastarla, potrebbe acquisire un valore protettivo, una sorta di presa di coscienza per non ripercorrere più la stessa via che ci ha causato questo senso di perdita.
Concludendo, credo che l’accettazione ci aiuti ad evitare un dispendio di energie verso un obiettivo oggettivamente irraggiungibile o nei confronti di una situazione immodificabile, credo ci aiuti a sospendere le emozioni negative derivanti da questa situazione e ci insegni a ritrovare un nuovo equilibrio. Credo però occorra darsi il tempo necessario, rispettando ed accogliendo le nostre emozioni senza giudizio, affinché questo processo non diventi una nuova occasione di sofferenza.