Quando una coppia arriva ai ferri corti, non c’è terapia che tenga. Entrambi sono così coinvolti nel loro punto di osservazione della realtà, che le seggiole della loro comunicazione sono di spalle l’una all'altra. E distanti.
Essere di spalle all'altro/a significa avere di fronte il proprio punto di vista, misto a sensazioni di malessere, emozioni di rabbia, recriminazioni. Essere lontano dall'altro/a, significa avere adottato comportamenti, distanze, ritorsioni che a loro volta accelerano i vortici della reciproca incomunicabilità. Significa parlare più a se stessi che all’altro, significa parlarsi sopra. Significa urlare le proprie ragioni. Significa prepararsi a scelte prese in un clima di rabbia.
E allora la terapia non serve, se intendiamo per terapia comunicare i propri punti di verità, dando la possibilità di ascoltare l’altro nelle sue ragioni.
La centratura sulle proprie ragioni personali, frutto di una attenzione focalizzata, di emozioni polarizzate e di pensieri unilaterali, impedisce di individuare clima e strategie flessibili in grado di ripristinare l’accordo di coppia, compreso il canale e il codice del loro reciproco affetto.
E allora più che una di una terapia c’è bisogno di una magia. La magia di uscita dalla propria gabbia di ragioni per comprendere le proprie vere intenzioni, sapendole esporre e prevedendo la conseguenze della propria incomunicabilità.
A volte basta meno di una ‘mente accesa.’ Basta girare di 180° la propria seggiola e fare un passo verso l’altro, dove diversità, ragioni e valori, ritrovano il terreno elettivo per germogliare nel dialogo e nell'accoglienza. Anche di fronte a verità insanabili.
Essere di spalle all'altro/a significa avere di fronte il proprio punto di vista, misto a sensazioni di malessere, emozioni di rabbia, recriminazioni. Essere lontano dall'altro/a, significa avere adottato comportamenti, distanze, ritorsioni che a loro volta accelerano i vortici della reciproca incomunicabilità. Significa parlare più a se stessi che all’altro, significa parlarsi sopra. Significa urlare le proprie ragioni. Significa prepararsi a scelte prese in un clima di rabbia.
E allora la terapia non serve, se intendiamo per terapia comunicare i propri punti di verità, dando la possibilità di ascoltare l’altro nelle sue ragioni.
La centratura sulle proprie ragioni personali, frutto di una attenzione focalizzata, di emozioni polarizzate e di pensieri unilaterali, impedisce di individuare clima e strategie flessibili in grado di ripristinare l’accordo di coppia, compreso il canale e il codice del loro reciproco affetto.
E allora più che una di una terapia c’è bisogno di una magia. La magia di uscita dalla propria gabbia di ragioni per comprendere le proprie vere intenzioni, sapendole esporre e prevedendo la conseguenze della propria incomunicabilità.
A volte basta meno di una ‘mente accesa.’ Basta girare di 180° la propria seggiola e fare un passo verso l’altro, dove diversità, ragioni e valori, ritrovano il terreno elettivo per germogliare nel dialogo e nell'accoglienza. Anche di fronte a verità insanabili.