Stati mentali e cambiamento
L’impatto psicologico di questa epidemia è significativo su tre fronti: quello dei malati (compresi i casi sospetti, isolati presso i loro appartamenti o in strutture apposite), quello del personale sanitario e quello delle persone in ‘quarantena’, ma non malate.
Sul fronte dei malati il rischio maggiore è quello di sperimentare, per un più o meno lungo periodo, stati mentali prodotti da:
- paura incontrollata (La persona isolata perde due cose importanti per sé stesso: interazioni e informazioni);
- stress e ansia, moltiplicata dai sintomi provati (febbre, tosse, mancanza di fiato, stanchezza) e dagli effetti collaterali come l’insonnia prodotti da alcuni farmaci cortisonici;
- senso di colpa verso i propri cari.
Sul fronte sanitario, i rischi riguardano coloro che sono in prima linea, che vivono non solo la paura di contrarre l’infezione, ma anche di incorrere in disturbi della sfera psichica; soprattutto quando c’è la paura di infettarsi e di diffondere il virus a familiari, amici e colleghi.
Su tutti noi, governano le paure indirette sopracitate e l’incertezza sul proprio stato presente e futuro.
Cosa produce tutto questo sui nostri stati mentali e sulla nostra capacità di gestirli?
Credo che in questo periodo, tutti noi, in un modo più o meno pervasivo e durevole, abbiamo sperimentato stati di ansia, paura, depressione, smarrimento, bisogno di aiuto e svariate forme di regressione.
Proviamo a calarci in una giornata tipo dove proviamo uno stato di ansia. Se l’ansia si protrae dobbiamo gestire sensazioni fisiche come la tachicardia, sensazioni di soffocamento, affaticabilità e altri segnali fisici. Ne deriva uno stato mentale di non controllo e di estrema vulnerabilità emotiva. In relazione agli altri, questi sintomi possono provocare discussioni e generare incomprensioni, impotenza, liti famigliari, chiusure e forme di isolamento. Insomma, un vero e proprio circolo vizioso che da personale diventa relazionale e impedisce di trovare più efficacemente strategie di ristoro e di reciproca soddisfazione.
Cosa può aiutare in tali circostanze? Come recuperiamo il nostro autocontrollo?
Con ognuno di questi stati mentali ci siamo misurati e ciascuno ha sperimentato le proprie strategie. In taluni casi sono stati utili la psicoterapia online o l’uso di farmaci, il sostegno di amici e conoscenti, l’affetto dei propri cari, letture di conforto o attività fisica.
Credo però che debba accadere qualcosa prima di precipitare nella ruota e cioè riuscire a non correre dietro a ogni stato mentale. Riuscire a lasciarlo fluire, se possibile, con l’ascolto. Riconoscerlo con la condivisione e riprendere il ritmo della riflessione, dell’autocontrollo e del buon senso.
Si può fare? Consiglio di provarci. Un bel pizzicotto al braccio e aspettare che il motore del nostro IO si riaccenda.
L’impatto psicologico di questa epidemia è significativo su tre fronti: quello dei malati (compresi i casi sospetti, isolati presso i loro appartamenti o in strutture apposite), quello del personale sanitario e quello delle persone in ‘quarantena’, ma non malate.
Sul fronte dei malati il rischio maggiore è quello di sperimentare, per un più o meno lungo periodo, stati mentali prodotti da:
- paura incontrollata (La persona isolata perde due cose importanti per sé stesso: interazioni e informazioni);
- stress e ansia, moltiplicata dai sintomi provati (febbre, tosse, mancanza di fiato, stanchezza) e dagli effetti collaterali come l’insonnia prodotti da alcuni farmaci cortisonici;
- senso di colpa verso i propri cari.
Sul fronte sanitario, i rischi riguardano coloro che sono in prima linea, che vivono non solo la paura di contrarre l’infezione, ma anche di incorrere in disturbi della sfera psichica; soprattutto quando c’è la paura di infettarsi e di diffondere il virus a familiari, amici e colleghi.
Su tutti noi, governano le paure indirette sopracitate e l’incertezza sul proprio stato presente e futuro.
Cosa produce tutto questo sui nostri stati mentali e sulla nostra capacità di gestirli?
Credo che in questo periodo, tutti noi, in un modo più o meno pervasivo e durevole, abbiamo sperimentato stati di ansia, paura, depressione, smarrimento, bisogno di aiuto e svariate forme di regressione.
Proviamo a calarci in una giornata tipo dove proviamo uno stato di ansia. Se l’ansia si protrae dobbiamo gestire sensazioni fisiche come la tachicardia, sensazioni di soffocamento, affaticabilità e altri segnali fisici. Ne deriva uno stato mentale di non controllo e di estrema vulnerabilità emotiva. In relazione agli altri, questi sintomi possono provocare discussioni e generare incomprensioni, impotenza, liti famigliari, chiusure e forme di isolamento. Insomma, un vero e proprio circolo vizioso che da personale diventa relazionale e impedisce di trovare più efficacemente strategie di ristoro e di reciproca soddisfazione.
Cosa può aiutare in tali circostanze? Come recuperiamo il nostro autocontrollo?
Con ognuno di questi stati mentali ci siamo misurati e ciascuno ha sperimentato le proprie strategie. In taluni casi sono stati utili la psicoterapia online o l’uso di farmaci, il sostegno di amici e conoscenti, l’affetto dei propri cari, letture di conforto o attività fisica.
Credo però che debba accadere qualcosa prima di precipitare nella ruota e cioè riuscire a non correre dietro a ogni stato mentale. Riuscire a lasciarlo fluire, se possibile, con l’ascolto. Riconoscerlo con la condivisione e riprendere il ritmo della riflessione, dell’autocontrollo e del buon senso.
Si può fare? Consiglio di provarci. Un bel pizzicotto al braccio e aspettare che il motore del nostro IO si riaccenda.