
Siamo tutti presi dai nostri impegni, ma qual è il meccanismo che ci fa stare in bilico sul filo del telefono, o del web, in attesa di una risposta?
Quando ci aspettiamo un riscontro dopo un ‘ti chiamo tra poco’, ‘ti chiamo io’, ‘fammici pensare e poi ti faccio sapere’, rimaniamo lì, un po’ sospesi, un minimo infastiditi, mediamente pensierosi.
Chissà cosa è successo perché non mi risponde, sarà indaffarato? Oppure è successo qualcosa che non capisco? Sono stato troppo precipitoso? Ho chiesto qualcosa di inopportuno? Sono in difetto?
Questo tipo di esperienza accade in tutti i contesti, per esempio nel lavoro. Può succedere che un capo non risponda a una richiesta, inviata per mail o messaggio, per provare un senso di inadeguatezza, inquietudine e dis-valore.
Chi non risponde è comunque sollecitato, escludendo la maleducazione o la smemoratezza, da un grattacapo e può non aver voglia di dare una risposta più o meno gradevole.
Sta di fatto che ‘non rispondere’ diventa la miglior risposta a un’indecisione, una rimozione, una delusione e per evitare di dare notizie spiacevoli, si temporeggi!
Ma come si fa a gestire il silenzio dell’altro? Non è meglio una risposta diretta?
Una risposta anche negativa ha il pregio di poter essere elaborata, diventa conforme a uno scambio alla pari. Una ‘non risposta’, invece, mette in confusione i ruoli, le posizioni psicologiche, l’autorevolezza e ha il difetto di nascondersi dietro le nuvole insieme alla persona che attende.
Ciascuno è libero, naturalmente, di non rispondere, come accade tra ex amici/amanti/collaboratori che non desiderano alimentare confusione, ambiguità o illusioni, ma chi non risponde ai messaggi non si comporta molto bene.
L’antidoto a tutto questo, con un po’ di fantasia? La creazione di un ‘avatar interiore’ che dopo l’iniziale sorpresa, si accontenta del silenzio, prende un bel respiro e affronta la distanza con serenità.
Quando ci aspettiamo un riscontro dopo un ‘ti chiamo tra poco’, ‘ti chiamo io’, ‘fammici pensare e poi ti faccio sapere’, rimaniamo lì, un po’ sospesi, un minimo infastiditi, mediamente pensierosi.
Chissà cosa è successo perché non mi risponde, sarà indaffarato? Oppure è successo qualcosa che non capisco? Sono stato troppo precipitoso? Ho chiesto qualcosa di inopportuno? Sono in difetto?
Questo tipo di esperienza accade in tutti i contesti, per esempio nel lavoro. Può succedere che un capo non risponda a una richiesta, inviata per mail o messaggio, per provare un senso di inadeguatezza, inquietudine e dis-valore.
Chi non risponde è comunque sollecitato, escludendo la maleducazione o la smemoratezza, da un grattacapo e può non aver voglia di dare una risposta più o meno gradevole.
Sta di fatto che ‘non rispondere’ diventa la miglior risposta a un’indecisione, una rimozione, una delusione e per evitare di dare notizie spiacevoli, si temporeggi!
Ma come si fa a gestire il silenzio dell’altro? Non è meglio una risposta diretta?
Una risposta anche negativa ha il pregio di poter essere elaborata, diventa conforme a uno scambio alla pari. Una ‘non risposta’, invece, mette in confusione i ruoli, le posizioni psicologiche, l’autorevolezza e ha il difetto di nascondersi dietro le nuvole insieme alla persona che attende.
Ciascuno è libero, naturalmente, di non rispondere, come accade tra ex amici/amanti/collaboratori che non desiderano alimentare confusione, ambiguità o illusioni, ma chi non risponde ai messaggi non si comporta molto bene.
L’antidoto a tutto questo, con un po’ di fantasia? La creazione di un ‘avatar interiore’ che dopo l’iniziale sorpresa, si accontenta del silenzio, prende un bel respiro e affronta la distanza con serenità.