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Traslocare di Susanna Cancelli

23/8/2013

1 Comment

 
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La casa è il vostro corpo più grande.
Vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte;
e non è senza sogni.
Kahlil Gibran, Il profeta, 1923


Il mio parrucchiere sta organizzando un trasloco. Cambia casa, è felice, guarda avanti.
Lo ascolto mentre descrive ad una cliente la sua stanchezza appagante. Come un alpinista che ha raggiunto la vetta, che assapora la freschezza e la forza della conquista, del nuovo, del mai raggiunto così, del sogno nel sogno.
Motivato, proiettato in avanti, distrutto e sereno.
La signora, con il capo reclinato al lavatesta sentenzia: “Dopo il lutto e la separazione il trasloco è al terzo posto per causa di stress! Chissà come sei distrutto..” Il poveretto si gira sui tacchi e, con un mezzo sorriso, sfugge da quell’anima poco positiva che lo riporta alle fasi difficili in cui è passato per arrivare al sorriso di poco prima.
Non posso restare indifferente alle numerose sollecitazioni ricevute e mentre l’acqua raffredda la cute e scorre sui miei capelli, sotto mi si scaldano pensieri.
Traslocare mi dice il vocabolario, significa “mandare da un luogo all’altro”.

Lo stato iniziale

Tapparsi periodicamente in casa è un’ottima soluzione
quando, a causa dell’inconveniente di essere ancora vivi,
si è impossibilitati a usufruire della benefica tranquillità di una tomba.
Giovanni Soriano, Finché c'è vita non c'è speranza, 2010


Da un luogo all’altro, da una casa all’altra, da uno stato di cose ad un altro.

Perché una persona desidera cambiare casa o acquisisce consapevolezza che è tempo per farlo?

Provo a chieder in giro a chi lo ha fatto di recente: perché stavo stretto, non avevo spazio, era impossibile viverci, non me la sentivo mia, lì non ero io, volevo stare in centro storico perché ha sapore, non ci stavo bene, mi sentivo morto quando rientravo in casa…

Quando nel processo formativo o di coaching incontro una persona che non sa perché ma non sta bene, spesso usa espressioni simili per esternare il suo stato d’animo e il suo mal-essere.

Compito del coach è portare l’individuo a leggere la situazione in cui si trova e definire uno stato attuale di cose : un primo passo per definire regie di cambiamento.

“La psicologia del cambiamento ha bisogno di motori psicologici che spingono il soggetto ad accendersi, a voler cambiare. I motori sono correlati alla percezione corretta di sintomi o segnali che fanno divampare o acuiscono l’urgenza di agire. Affinché la percezione corretta avvenga, devono funzionare correttamente i meccanismi di attenzione selettiva (sapere a cosa prestare attenzione, e farlo) e di interpretazione (correlare un dato percettivo a qualche stato che lo genera, o causa). Se manca la percezione del sintomo, mancherà la motivazione ad agire.”

Il coach quindi aiuta ad ascoltarsi e ascoltarsi nell’ascoltare, evitando l’anestetizzarsi in uno stato di quiete che non è equilibrio ma rassegnazione, non vita ma morte; egli aiuta l’altro ad uscire dallo stato di auto-anestesia e asintomaticità  in cui galleggia nel “ [..] non percepire i sintomi che dovrebbero invece determinare l’accensione dei propulsori psicologici e mettere in moto l’azione.” (Trevisani, 2007)

Ci sono persone che non stanno bene dove sono ma non riescono a fare il passo verso il desiderio di cambiare. Quali sono i blocchi individuali che trattengono il divenire di una persona?

Occorre allora individuare cosa il soggetto dovrebbe ” [..] disapprendere, abbandonare, eliminare dal proprio modo di essere, di agire o pensare; valutare le difficoltà sottostanti nel farlo, gli ancoraggi che rendono il cambiamento difficile, le pulsioni profonde” (Trevisani, 2007)  e nello stesso tempo occorre “ [..] valutare i bisogni di apprendimento, sia come conoscenza da immettere, che come comportamenti o atteggiamenti da far entrare per produrre sviluppo positivo” (Trevisani, 2007).

Insomma, cambiare si può.

Lo stato finale
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E’ possibile co-sognare accompagnando la persona a vedere uno stato finale di cose cui tendere?

E’ importante far vedere come potrebbe essere diversamente la situazione.

“[..] tanto per cominciare si dovrebbe stabilire qual è il contenuto del momento- che si tratti di un’idea, di un concetto, di una storia, di una teoria, di un’abilità- e qual è il contenuto auspicato. Una volta identificato il contenuto cui si tende, si devono individuare i diversi controcontenuti avversari. Quanto più li si definirà con chiarezza, tanto più sarà possibile elaborare una strategia di cambiamento adatta per il caso in questione. “ (Gardner, 2004)

Chiedo ad amici come vorrebbero la casa ideale: vorrei un giardino per poter leggere all’ombra di una pianta, vorrei una finestra grandissima per potermi sentire libero, vorrei stanze più grandi per riuscire a tenere ordine, vorrei mobili nuovi e belli come piacciono a me per godere del bello….

Curioso: ogni desiderio di condizione diversa viene accompagnato da una possibilità di azione diversa.

Quindi le persone sanno che se cambiano le condizioni possono fare qualcosa di diverso, di meglio; possono fare e non sempre si tratta di un fare legato a bisogni primari ma affiora un fare che soddisfi il senso estetico, l’identità, la pienezza dell’essere.

Quindi co-sognare è co-disegnare un progetto olistico, ampio, che interessi diverse sfere del sé.

In due, è possibile meditare, fare vuoto, disegnare, una volta individuate le sfasature, le asincronie, le situazioni di dis-organicità rispetto al nostro progetto di vita.

Fare San Martino

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Fare San Martino è un modo di dire usato nel territorio a vocazione agricola della pianura padana. Significa cambiare lavoro e luogo di lavoro o, in senso più ampio, traslocare.

L'anno lavorativo dei contadini terminava agli inizi di novembre, dopo la semina e, se il proprietario dei campi e della cascina non avesse rinnovato il contratto per un l'anno successivo, il contadino era costretto a trovare un nuovo impiego altrove, presso un'altra cascina; ciò comportava per il contadino e la sua famiglia il trasferimento in una nuova dimora, un vero trasloco. La data scelta era quasi sempre l'11 novembre, giorno in cui la Chiesa ricorda San Martino di Tours. In molte località, la piazza dove contadini e proprietari si ritrovavano in tale data al fine di stipulare i contratti per l'anno seguente era spesso quella di fronte all'omonima chiesa o ha assunto, in seguito, il nome di "piazza San Martino".

Due le riflessioni: non trasloca solo il singolo ma anche il sistema in cui è inserito. Chi viene accompagnato in un cambiamento, modifica anche il sistema di relazioni, i modi di vivere di chi condivide con lui la vita; fare San Martino necessita di un tempo e di uno spazio dove tra coach e persona in cambiamento si concorda un “patto di cambiamento”.

Occorre avere un progetto chiaro con obiettivi, tempi e scelte di metodo. Occorre avere un supervisore esterno. Da soli si rischia di non saper quantificare e di “ribaltare il carretto”.

Ricordiamoci che cambiare comporta fatica, il peso è tanto; dobbiamo prendere in mano ogni oggetto della nostra casa, vedere se funziona, se ci ricordiamo perché è lì e se lo stiamo usando, se ci serve o se occupa lo spazio di ciò che vorremmo comprare; dobbiamo saper guardare dentro lo zaino, eliminare le zavorre (Trevisani, 2007) e fare vuoto. Perché sia un vuoto pieno.

Ma ce la possiamo fare…

La forza si trova

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Le performance sono un grande banco di prova
per la condizione umana…
ci parlano dell’anelito umano a crescere,
esplorare nuovi orizzonti, ricercare….capire chi sei
Daniele Trevisani, Personal Energy, 2013


Cambiare comporta fatica ma è un’occasione per dimostrare a noi stessi la nostra forza e la nostra solidità. La soddisfazione dell’esperienza del trasloco del mio parrucchiere è parte di lui, è stata come un viaggio che lo ha cambiato. Si sarà emozionato nel toccare vecchi libri, nello scorrere fotografie del suo passato, nel decidere se buttare un tessuto di cui ancora ricorda il profumo.

Come il Piccolo principe ne racconterà le tribolazioni e le emozioni solo a chi saprà cum-vibrare, altrimenti… girerà sui tacchi.

“Quando ne incontravo uno che mi sembrava di mente aperta, tentavo l’esperimento del mio disegno numero uno, che ho sempre conservato. Cercavo di capire così se era veramente una persona comprensiva. Ma chiunque fosse, uomo o donna, mi rispondeva: “E’ un cappello”. E allora non parlavo di boa, di foreste primitive, di stelle. Mi abbassavo al suo livello. Gli parlavo di bridge, di golf, di politica, di cravatte. E lui era tutto soddisfatto di avere incontrato un uomo tanto sensibile”

Per leggere un po’…
Gardner, Howard, (2004) Cambiare idee. L’arte e la scienza della persuasione. Feltrinelli, Milano.
Trevisani, Daniele (2007) Regie di Cambiamento. Approcci integrati alle risorse umane, allo sviluppo personale e organizzativo, e al coaching. Franco Angeli, Milano.

 

1 Comment
Nicoletta
29/7/2020 11:40:08 pm

Come sempre: GRANDE Susanna!

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