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Sport Coaching: "Quando il surf  incontra l’apnea " di Veronica Baiocchi

14/4/2015

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In quest’ambito ripropongo direttamente un’intervista a uno sportivo che pratica surf da onda e che racconta come e perché si è avvicinato all'apnea.

D: Come nasce la tua passione per il surf da onda? R: Per me è stata un’evoluzione naturale in quanto arrivavo dal windsurf che praticavo tra le onde. Il desiderio di “surfare” le onde con meno attrezzatura possibile mi ha portato ad abbandonare la vela e a utilizzare solo la tavola. Questo mi ha consentito di essere ancora più a contatto con il mare.

D:Quali benefici secondo la tua esperienza ne derivano e quali sono le principali difficoltà/limiti che può incontrare una persona nel praticare questa disciplina? R: i benefici sono per la maggior parte legati alle emozioni e all’adrenalina che si prova mentre “surfi” le onde. Nasce da dentro un forte senso di libertà, fai un break dalle responsabilità di tutti i giorni e lasci andare un po’ il controllo sulle emozioni. Poi vi sono gli effetti benefici sulla forma fisica. Inoltre quando la passione aumenta sei portato a viaggiare per visitare nuovi posti dove poter praticare il surf, in quanto è uno sport che necessita di determinate condizioni di mare e vento che non si trovano ovunque.

D: come mai ti sei avvicinato alla pratica dell’apnea? R: L’ho approcciata come allenamento propedeutico alla pratica del surf , in quanto spesso si viene trattenuti sott’acqua dalle onde e in questi frangenti è molto facile lasciarsi prendere dal panico e rischiare di affogare. La sensazione di rimanere sott’acqua e non poter risalire in superficie quando vuoi tu è davvero traumatica e spesso le conseguenze sono tragiche. L’apnea mi sta aiutando ad acquisire autocontrollo e consapevolezza dei reali tempi che puoi passare sott’acqua senza respirare..se accogli e alleni la paura lei non può farti del male.

D: Come ti senti, cosa accade in te durante una sessione di allenamento in apnea? Com’è il tuo corpo? R: Mi sento completamente isolato da tutto, l’attenzione è completamente focalizzata su ciò che accade in me. Il battito cardiaco rallenta, le tensioni si sciolgono, mi lascio andare. Ovviamente la cosa più difficile rimane il distogliere il pensiero dal bisogno di respirare.

D: Com’è cambiata la tua performance? Hai ottenuto ciò che ti eri prefissato dall’apnea? R: E’ migliorato il tempo di resistenza sott’acqua senza respirare, ma il percorso per me è ancora lungo in quanto ci sono grandi differenze tra la pratica dell’apnea in situazioni tranquille,“sotto il tuo controllo”, e il venire sballottato in profondità dall’impeto delle onde , senza alcun preavviso e soprattutto senza saper quando l’onda decide di lasciarti tornare a galla. Questa per me è la sfida: cavalcare l’onda, non il contrario.

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