«Una vita inconsapevole non è degna d’essere vissuta» Socrate
“Il Coraggio delle Emozioni” (di D. Trevisani) è l’ultimo tra i libri da me letti; un testo che in sole 130 facciate riassume l’essenziale, tra metodi professionali applicabili e concetti basici su come davvero, ogni persona potrebbe direzionarsi quotidianamente in sintonia con il proprio sentire più profondo. Questo libro parla di emozioni, di coraggio, di respiro, di ruoli, di scelte. Mentre scorri tra le righe, sembra proprio che ti guardi in faccia e ti dica schiettamente: “Ehi tu! Ma lo tiri fuori quel coraggio per stringere le redini della tua vita?”.
Tutti si chiedono se esiste una vita dopo la morte. Ma qualcuno si è chiesto se esiste una vita prima della morte? E questa vita è davvero vissuta consapevolmente?
«L’identità è la tua apparenza!» Paolo Crepet
Trovo difficile riassumere in poche righe il contenuto di questo libro, come anche aggiungere pensieri personali a così tanta chiarezza decritta nell’esporre concetti come “Critical Incident e Trigger points, stato di flusso, comunicazione a strati, valutazione energetica, ecc…”. Vorrei provare a riassumerlo in una forma diversa, attraverso un dialogo immaginale in cui mi piacerebbe (anche se nella sua esiguità) far risaltare l’importanza di un lavoro di coaching sulle emozioni e lasciarvi, prima della lettura, ad una mia domanda:
se ognuno di noi apprendesse l’arte d’essere il coach di se stesso, quanto benessere potremmo portare al nostro corpo, alla nostra mente e alla nostra Anima?
«Dunque, quando uscite da voi stessi e osservate il “Me”, non vi identificate più con il “Me”. La sofferenza esiste dentro di “Me” e così, quando identificate l’”Io” e il “Me”, inizia la sofferenza.» Anthony De Mello
Me: “Ciao, tu chi sei? Io sono Andrea”.
Io: “Ciao, io sono Io. E tu sei Me!”.
Me: “Sono confuso… dove mi trovo? In Paradiso?!”.
Io: “Il tuo elettroencefalogramma rileva onde Delta, ti trovi nel tuo inconscio. Benvenuto! Hai un problema che desideri risolvere, vuoi raccontarmi?”.
Me: “Ora sono molto confuso!!! Non ho problemi da risolvere, non so perché sono qui, ricordo soltanto che ero con mio padre e un paio d’amici per un free climbing sulla falesia del Muzzerone, a picco sul mare… una vista mozzafiato… arrampicare lì è impegnativo, ci vuole un buon allenamento fisico!”.
Io: “Come potresti definire le tue sessioni di allenamento? Ti sentivi pronto per questa sfida?”.
Me: “Oh sì, che mi sentivo pronto, prontissimo; non ho fatto altro che allenarmi per mesi con mio padre, anche se spesso, avrei voluto divertirmi di più con gli amici; ho seguito una specifica dieta alimentare, “a letto come le galline e sveglio al mattino come un gallo!” Giorno dopo giorno ho assaporato concretamente i miei miglioramenti”.
Io: “Percepisco un certo grado di soddisfazione raggiunto sul piano fisico e presumo che anche le tue motivazioni siano state così ambiziose, puoi dirmi qualcosa a riguardo?”.
Me: “Non sbagli! Sono cresciuto andando per sentieri con il mio vecchio, saltellando tra una roccia e l’altra con qualsiasi situazione climatica; amo la montagna, amo toccare la nuda roccia con le mie mani e amo ancora di più raggiungere la cima per primo: per me significa “Vincere”!”.
Io: “Ah, interessante! Quindi il tuo “motore” è “Vincere”? Come ti fa sentire “essere il primo”?”.
Me: “Mi eccita, mi fa sentire sopra le righe… importante, rispettato. E diciamocelo, le ragazze non solo non mi tolgono gli occhi di dosso, ma pendono pure dalle mie labbra, eh eh… che vuoi farci, a loro piaccio così, performante, mi chiamano l’“Adone della Falesia”!”.
Io: Hai usato la parola “rispettato”; nella tua vita c’è qualcuno in particolare dal quale vorresti guadagnare il suo rispetto?”.
Me: “mmmh… mi urta dirlo, ma vorrei che mio padre mi prendesse più sul serio, che mi “vedesse per quello che sono”, che mi considerasse come un uomo maturo e sicuro di sé… è sempre molto sfidante nei miei confronti. Fin da piccolo non faceva altro che precedermi in tutto quello che facevo, dal rubarmi il pallone dai piedi prima che facessi goal, dal prendermi dalle mani il cacciavite per fissare lui il bullone, fino, naturalmente, a correre per raggiungere per primo la cima della montagna! Non lo sopporto! Mi “soffoca” il suo modo maniacale di farmi sentire secondo, inferiore a lui!”.
Io: “Ricordi se tuo padre ha sempre assunto questo atteggiamento nel quotidiano oppure c’è stato un momento di svolta nella sua vita?”.
Me: “… A dire il vero sì, una tragedia… quando avevo dieci anni, ero in vacanza con mia mamma al lago ed è accaduto un incidente e mamma… non respirava più, un vortice d’acqua l’ha inghiottita come un mostro… papà non arrivò per primo quella volta.
Ma tu chi sei??? Perché tutte queste domande???”.
Io: “Io sono IO e tu sei ME!
Me: “Non voglio più parlarti! Sei troppo pesante!!!”.
Io: “Stai andando molto bene, non aver paura di “sentirti”, vivi con il Cuore… continua…”.
Me: …
Io: “Va bene, va bene, vediamo di riassumere il tutto… allora, hai detto che stavi arrampicando a mani nude, che l’obiettivo era “vincere arrivando sempre per primo” perché questo ti fa sentire importante e compiaciuto da amici e dalle ragazze soprattutto, ma il fatto di trasformarti in un Adone performante, in realtà, era per renderti visibile agli occhi di tuo padre. A questo punto, potresti ridefinire il tuo nuovo obiettivo?”.
Me: “Non saprei… forse dovrei smetterla di inseguire il suo “primo posto” … forse dovrei imparare ad essere più… “io”?”.
Io: “Io non do risposte, io ti osservo”.
Me: “Aspetta un attimo… stavo arrampicando e una roccia si è staccata… sono caduto in mare… l’acqua mi bruciava nel naso, nella gola… mi sono addormentato…”.
Io: “Noto con piacere che stanno cambiando le tue frequenze! Ti faccio un’ultima domanda prima di “tornare in Me”: Quale potrebbe essere il primo piccolo, coraggioso passo per tornare “Vivo” alla Vita?”.
Me: “…
Aaaaaaaaaaaaaah…”.
«É la voglia di respirare che ti guida. Non smettere mai di ascoltarla.» Daniele Trevisani
“Il Coraggio delle Emozioni” (di D. Trevisani) è l’ultimo tra i libri da me letti; un testo che in sole 130 facciate riassume l’essenziale, tra metodi professionali applicabili e concetti basici su come davvero, ogni persona potrebbe direzionarsi quotidianamente in sintonia con il proprio sentire più profondo. Questo libro parla di emozioni, di coraggio, di respiro, di ruoli, di scelte. Mentre scorri tra le righe, sembra proprio che ti guardi in faccia e ti dica schiettamente: “Ehi tu! Ma lo tiri fuori quel coraggio per stringere le redini della tua vita?”.
Tutti si chiedono se esiste una vita dopo la morte. Ma qualcuno si è chiesto se esiste una vita prima della morte? E questa vita è davvero vissuta consapevolmente?
«L’identità è la tua apparenza!» Paolo Crepet
Trovo difficile riassumere in poche righe il contenuto di questo libro, come anche aggiungere pensieri personali a così tanta chiarezza decritta nell’esporre concetti come “Critical Incident e Trigger points, stato di flusso, comunicazione a strati, valutazione energetica, ecc…”. Vorrei provare a riassumerlo in una forma diversa, attraverso un dialogo immaginale in cui mi piacerebbe (anche se nella sua esiguità) far risaltare l’importanza di un lavoro di coaching sulle emozioni e lasciarvi, prima della lettura, ad una mia domanda:
se ognuno di noi apprendesse l’arte d’essere il coach di se stesso, quanto benessere potremmo portare al nostro corpo, alla nostra mente e alla nostra Anima?
«Dunque, quando uscite da voi stessi e osservate il “Me”, non vi identificate più con il “Me”. La sofferenza esiste dentro di “Me” e così, quando identificate l’”Io” e il “Me”, inizia la sofferenza.» Anthony De Mello
Me: “Ciao, tu chi sei? Io sono Andrea”.
Io: “Ciao, io sono Io. E tu sei Me!”.
Me: “Sono confuso… dove mi trovo? In Paradiso?!”.
Io: “Il tuo elettroencefalogramma rileva onde Delta, ti trovi nel tuo inconscio. Benvenuto! Hai un problema che desideri risolvere, vuoi raccontarmi?”.
Me: “Ora sono molto confuso!!! Non ho problemi da risolvere, non so perché sono qui, ricordo soltanto che ero con mio padre e un paio d’amici per un free climbing sulla falesia del Muzzerone, a picco sul mare… una vista mozzafiato… arrampicare lì è impegnativo, ci vuole un buon allenamento fisico!”.
Io: “Come potresti definire le tue sessioni di allenamento? Ti sentivi pronto per questa sfida?”.
Me: “Oh sì, che mi sentivo pronto, prontissimo; non ho fatto altro che allenarmi per mesi con mio padre, anche se spesso, avrei voluto divertirmi di più con gli amici; ho seguito una specifica dieta alimentare, “a letto come le galline e sveglio al mattino come un gallo!” Giorno dopo giorno ho assaporato concretamente i miei miglioramenti”.
Io: “Percepisco un certo grado di soddisfazione raggiunto sul piano fisico e presumo che anche le tue motivazioni siano state così ambiziose, puoi dirmi qualcosa a riguardo?”.
Me: “Non sbagli! Sono cresciuto andando per sentieri con il mio vecchio, saltellando tra una roccia e l’altra con qualsiasi situazione climatica; amo la montagna, amo toccare la nuda roccia con le mie mani e amo ancora di più raggiungere la cima per primo: per me significa “Vincere”!”.
Io: “Ah, interessante! Quindi il tuo “motore” è “Vincere”? Come ti fa sentire “essere il primo”?”.
Me: “Mi eccita, mi fa sentire sopra le righe… importante, rispettato. E diciamocelo, le ragazze non solo non mi tolgono gli occhi di dosso, ma pendono pure dalle mie labbra, eh eh… che vuoi farci, a loro piaccio così, performante, mi chiamano l’“Adone della Falesia”!”.
Io: Hai usato la parola “rispettato”; nella tua vita c’è qualcuno in particolare dal quale vorresti guadagnare il suo rispetto?”.
Me: “mmmh… mi urta dirlo, ma vorrei che mio padre mi prendesse più sul serio, che mi “vedesse per quello che sono”, che mi considerasse come un uomo maturo e sicuro di sé… è sempre molto sfidante nei miei confronti. Fin da piccolo non faceva altro che precedermi in tutto quello che facevo, dal rubarmi il pallone dai piedi prima che facessi goal, dal prendermi dalle mani il cacciavite per fissare lui il bullone, fino, naturalmente, a correre per raggiungere per primo la cima della montagna! Non lo sopporto! Mi “soffoca” il suo modo maniacale di farmi sentire secondo, inferiore a lui!”.
Io: “Ricordi se tuo padre ha sempre assunto questo atteggiamento nel quotidiano oppure c’è stato un momento di svolta nella sua vita?”.
Me: “… A dire il vero sì, una tragedia… quando avevo dieci anni, ero in vacanza con mia mamma al lago ed è accaduto un incidente e mamma… non respirava più, un vortice d’acqua l’ha inghiottita come un mostro… papà non arrivò per primo quella volta.
Ma tu chi sei??? Perché tutte queste domande???”.
Io: “Io sono IO e tu sei ME!
Me: “Non voglio più parlarti! Sei troppo pesante!!!”.
Io: “Stai andando molto bene, non aver paura di “sentirti”, vivi con il Cuore… continua…”.
Me: …
Io: “Va bene, va bene, vediamo di riassumere il tutto… allora, hai detto che stavi arrampicando a mani nude, che l’obiettivo era “vincere arrivando sempre per primo” perché questo ti fa sentire importante e compiaciuto da amici e dalle ragazze soprattutto, ma il fatto di trasformarti in un Adone performante, in realtà, era per renderti visibile agli occhi di tuo padre. A questo punto, potresti ridefinire il tuo nuovo obiettivo?”.
Me: “Non saprei… forse dovrei smetterla di inseguire il suo “primo posto” … forse dovrei imparare ad essere più… “io”?”.
Io: “Io non do risposte, io ti osservo”.
Me: “Aspetta un attimo… stavo arrampicando e una roccia si è staccata… sono caduto in mare… l’acqua mi bruciava nel naso, nella gola… mi sono addormentato…”.
Io: “Noto con piacere che stanno cambiando le tue frequenze! Ti faccio un’ultima domanda prima di “tornare in Me”: Quale potrebbe essere il primo piccolo, coraggioso passo per tornare “Vivo” alla Vita?”.
Me: “…
Aaaaaaaaaaaaaah…”.
«É la voglia di respirare che ti guida. Non smettere mai di ascoltarla.» Daniele Trevisani