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'La felicità della morte!? Quale morte? di Lorenzo Manfredini

10/10/2021

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Basta un film per ricordare il dolore, la malattia e la morte di un proprio congiunto, in tutta la sua drammaticità e intensità: un tempo senza movimento e senza valore, un dolore inarrestabile e senza misura. Un senso interiore di annientamento, di morte vivente, di un vivere senza andare avanti, di sentirsi fermi a quei giorni.

Contemporaneamente, basta lo stesso film per ricordare e talvolta scoprire, che l’amore è più forte di tutto, anche delle malattie e delle incognite dolorose.
E allora diventa utile un po’ d’ossigeno d’amore e di pensieri salutari per realizzare pensieri nuovi per sè e per il congiunto.

Stimoli nuovi e pensieri creativi, portano a sensazioni, immagini e dialoghi interiori diversi dal disperato malessere, soprattutto muovendo il tempo e pensando a nuove interpretazioni.

Non più e solo il pensiero per il congiunto:
‘sarei felice se adesso stesse bene, ma non ci credo’;
‘sarei felice di sapere che non ha sofferto, ma quello che ho visto è stato drammatico;
‘mi piace l’idea di pensare e sperare che un giorno di ritroveremo, ma non ne ho la certezza’.

O frasi per se stessi, quali:
‘vorrei cancellare le cose negative che penso sempre’;
‘affrontare nel migliore dei modi le situazioni, i problemi, i dolori;
‘vorrei essere più vicino alla mia vita, più leggero e meno ingrigito nel mio umore’;
o ‘più vicino e in comunanza con gli altri’.

Occorre cambiare le frasi riferite al congiunto:
‘anche se hai sofferto, sono felice perché adesso sei natura;
‘anche se hai provato dolore, adesso non soffri più’.

Il tempo per ricordare ed i pensieri causa/effetto che portano tanto a rimuginare, ci invitano a una domanda delicata: ‘come dovrebbe essere la morte per essere accettabile?’

Forse, proprio la capacità di modulare i ricordi, affrontare le situazioni, i dubbi e il dolore, rappresentano la possibile risposta di vicinanza e comunanza all’orchestra della vita. 
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