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'Inversione dell'onere della prova' di Enrico Cavallari

31/12/2022

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Mi sono imbattuto qualche tempo fa in questa definizione tipica della retorica e con connessioni in campo legale, un po’ astrusa, che mi ha fatto riflettere molto sulle attuali dinamiche sociali.

L’inversione dell’onere della prova è una fallacia logica. Funziona così: qualcuno fa un’affermazione non provata e chiede al suo interlocutore dubbioso di provare che quell’affermazione è falsa.
Capita sovente di riconoscere questa dinamica provocatoria tipicamente quando si affrontano temi ideologici  non scientifici come ad esempio conflitti sul tema del complottismo (negazionismi come no vax, no Covid, scie chimiche, no war , ecc.) e altrettanto tipicamente si innescano dinamiche non inerenti il tema in sè, ma che sfociano in psichiatriche esigenze dell’esercizio dell’Io in modo suprematista.
Perché oggi questo accade sempre più spesso?
Probabili trigger sono innescati dalla paura e dalla necessità di rifugio rispetto ad un contesto sempre più stressante e incerto. Le fonti di stimolo peraltro sono sistemiche, specchio di una società inquieta e disagiata: i social, che in una logica primevamente democratica non filtrano (ancora) sulla veridicità o autenticità delle informazioni, o i grandi manipolatori (Donald Trump ne è un fulgido esempio, interpretando alla lettera il concetto di cui sopra, negando ogni evidenza, rispedendo al mittente ogni accusa e falsificando artatamente la realtà personale e ideologica, come ad esempio la sua campagna di negazione dello riscaldamento climatico globale).
Assistiamo ad un medioevo oscurantista culturale, dove la fiducia nelle competenze, la specializzazione, lascia spazio a paura e dissociazione disidentificazione dal sistema sociale in una logica di isolamento 
Che fare quindi? In particolare per la cintura sociale di riferimento, accettare e accogliere il cambiamento dei propri cari, evitando il conflitto ed esercitare/proporre esercizi di mindfulness e cioè di consapevolezza, ove possibile.
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