
Ci si tiene stretti per un po'. Ci si tiene per mano. Con alcune persone c'è un pezzo del viaggio che si fa insieme. A volte è solo un pezzetto piccolo, ma potente.
Sono per noi come una liana. O esperti nell'attraversare un guado. A volte lo siamo noi per loro, e percepiamo l'intensità del legame: quel passaggio deve avvenire in un certo modo, affinché lasci dentro quel senso di rinascita necessario per ogni nuovo inizio o svolta.
Ci affidiamo all'altro e l'altro a noi, stretti in quel patto che nasce dal bisogno profondo di entrambi: "fare questo per te, sarà conferma di qualcosa di speciale che sento di avere dentro". "Lasciarmi condurre da te in questa metamorfosi, dimostra che ho il coraggio di condividere i moti della mia anima, con chi sa prendersene cura." Passaggi delicati, quindi. Che restano nella memoria fino alla fine della vita. Legami profondi, quindi. Che in una manciata di giorni scavalcano tiepide, seppur sincere amicizie, relazioni, insegnamenti, diventando l'unico presente possibile.
Finché non arriva il momento dei saluti. Che suona come un addio anche se domani torneremo a incontrarci. È comunque un addio. Le strade cominciano a divergere. Lo sentiamo e all'improvviso non vogliamo accettarlo. È un distacco che dá le vertigini, si riempie di assoluti e ci paralizza all'idea di dover restituire il giusto valore a cio che ci ha sostentato lungamente fino a poco prima di raggiungere quel bivio.
Prende il sopravvento un senso di protezione mentre l'altro si allontana. Ci sentiamo smarriti, vorremmo percepire qualcosa che parla di noi nelle scelte che farà, nelle persone delle quali si circonderà. Allo stesso tempo inventiamo mille pretesti per posticipare ancora un po' il momento.
E quando finalmente la paura ha trovato accoglienza e la malinconia dell addio consolazione, ecco che allora ci sentiamo grati per essere stati capaci di lasciarci sorprendere da qualcosa che è anni luce lontano da noi. Eppure risuona.
Sono per noi come una liana. O esperti nell'attraversare un guado. A volte lo siamo noi per loro, e percepiamo l'intensità del legame: quel passaggio deve avvenire in un certo modo, affinché lasci dentro quel senso di rinascita necessario per ogni nuovo inizio o svolta.
Ci affidiamo all'altro e l'altro a noi, stretti in quel patto che nasce dal bisogno profondo di entrambi: "fare questo per te, sarà conferma di qualcosa di speciale che sento di avere dentro". "Lasciarmi condurre da te in questa metamorfosi, dimostra che ho il coraggio di condividere i moti della mia anima, con chi sa prendersene cura." Passaggi delicati, quindi. Che restano nella memoria fino alla fine della vita. Legami profondi, quindi. Che in una manciata di giorni scavalcano tiepide, seppur sincere amicizie, relazioni, insegnamenti, diventando l'unico presente possibile.
Finché non arriva il momento dei saluti. Che suona come un addio anche se domani torneremo a incontrarci. È comunque un addio. Le strade cominciano a divergere. Lo sentiamo e all'improvviso non vogliamo accettarlo. È un distacco che dá le vertigini, si riempie di assoluti e ci paralizza all'idea di dover restituire il giusto valore a cio che ci ha sostentato lungamente fino a poco prima di raggiungere quel bivio.
Prende il sopravvento un senso di protezione mentre l'altro si allontana. Ci sentiamo smarriti, vorremmo percepire qualcosa che parla di noi nelle scelte che farà, nelle persone delle quali si circonderà. Allo stesso tempo inventiamo mille pretesti per posticipare ancora un po' il momento.
E quando finalmente la paura ha trovato accoglienza e la malinconia dell addio consolazione, ecco che allora ci sentiamo grati per essere stati capaci di lasciarci sorprendere da qualcosa che è anni luce lontano da noi. Eppure risuona.