Ferrara, CONI, un incontro con la FIDAL. Un deja-vù che profuma di pista, di sudore e di sogni infranti e ricostruiti. Tornare qui è stato un po’ come aprire il vecchio baule dei ricordi e ritrovare volti, voci e strette di mano che hanno segnato una vita. Ho ricordato Magnani, Mazzanti, Ferrari, Conconi, Lenzi… Nomi che non sono solo storia, ma pezzi di me. Persone con cui ho studiato, con cui mi sono allenato, pietre miliari dell’atletica italiana, che hanno lasciato un segno indelebile nel nostro sport.
Ma non era solo nostalgia, anzi. L’obiettivo era chiaro: parlare di Coaching Consapevole nell’Atletica Moderna. Un concetto che, nel bailamme di metodi, tecniche e mode passeggere, rischia di essere frainteso. E invece, no. Il coaching non è guru da strapazzo, non è motivazione spicciola, non è filosofia da bar. È un processo. Un essere pienamente immersi in ciò che si fa. Un essere presenti nell’oggi, riconoscere le proprie risorse e pianificare il domani con strategia e consapevolezza.
Ho voluto raccontarlo attraverso le tre fasi fondamentali del Coaching Consapevole:
E poi, il tuffo nel passato, la gratitudine per un ambiente che mi ha cambiato la vita. E un pensiero speciale per chi non c’è più, ma la cui eredità è ancora viva: il Professor Giampaolo Lenzi. Un nome che pesa come un macigno nel cuore di chiunque abbia avuto il privilegio di incrociare la sua severità lungimirante. Uno di quelli che non regalavano pacche sulle spalle, ma ti insegnavano a reggere il colpo. Il tipo di maestro che ti faceva odiare la disciplina e poi, a distanza di anni, ti faceva dire: Aveva ragione lui.
Il camposcuola di Ferrara porta il suo nome. E oggi più che mai, la sua lezione risuona. Nel coaching, come nella vita, la consapevolezza è tutto. E il viaggio continua.
Ma non era solo nostalgia, anzi. L’obiettivo era chiaro: parlare di Coaching Consapevole nell’Atletica Moderna. Un concetto che, nel bailamme di metodi, tecniche e mode passeggere, rischia di essere frainteso. E invece, no. Il coaching non è guru da strapazzo, non è motivazione spicciola, non è filosofia da bar. È un processo. Un essere pienamente immersi in ciò che si fa. Un essere presenti nell’oggi, riconoscere le proprie risorse e pianificare il domani con strategia e consapevolezza.
Ho voluto raccontarlo attraverso le tre fasi fondamentali del Coaching Consapevole:
- Connessione – L’inizio di tutto. Perché senza connessione tra atleta e allenatore, tra mente e corpo, tra intenzione e azione, non c’è crescita. La connessione è l'ossatura invisibile di ogni sport, ciò che permette di non perdere il contatto con se stessi e con il proprio obiettivo.
- Intenzione – Decidere chi vuoi essere e dove vuoi andare. Spesso gli atleti si allenano senza un vero scopo interiore, seguendo schemi preconfezionati, senza chiedersi perché. Ma l’intenzione è la scintilla che accende la performance. È la visione chiara, la bussola che ti tiene sulla rotta quando arriva la tempesta.
- Azione – Nulla accade se non si fa. Qui entra in gioco tutto ciò che serve per trasformare la preparazione in risultato: tecniche di training mentale, gestione dell’ansia, routine pre-gara. E poi strumenti moderni, come video mirati da rivedere più volte, esercizi di rilassamento, compiti per casa per radicare il mindset. Perché il talento senza metodo è un fuoco di paglia.
- Come insegnare una respirazione corretta?
- Come si gestisce l’ansia di prestazione?
- Come aiutare i ragazzi a costruire routine efficaci?
- Come migliorare la comunicazione tra allenatore e atleta?
- Come riconoscere e gestire le diverse personalità nel gruppo?
- Come riportare concretezza in un mondo che sembra sfuggire alla realtà?
E poi, il tuffo nel passato, la gratitudine per un ambiente che mi ha cambiato la vita. E un pensiero speciale per chi non c’è più, ma la cui eredità è ancora viva: il Professor Giampaolo Lenzi. Un nome che pesa come un macigno nel cuore di chiunque abbia avuto il privilegio di incrociare la sua severità lungimirante. Uno di quelli che non regalavano pacche sulle spalle, ma ti insegnavano a reggere il colpo. Il tipo di maestro che ti faceva odiare la disciplina e poi, a distanza di anni, ti faceva dire: Aveva ragione lui.
Il camposcuola di Ferrara porta il suo nome. E oggi più che mai, la sua lezione risuona. Nel coaching, come nella vita, la consapevolezza è tutto. E il viaggio continua.