Quando aiutare gli altri non vuol dire solo dare consigli, ma evitare di diventare parte del problema.
Un mondo che cambia… e un coach che non può restare fermo
Hai mai sentito la parola “coach”?
Magari in palestra, su YouTube, o in qualche video motivazionale.
Un coach è qualcuno che aiuta. Che guida. Che tira fuori il meglio.
Ma oggi il mondo cambia in fretta.
Le domande delle persone sono più profonde.
Non basta più dire: “Dai, ce la fai.”
Non basta più dire cosa fare.
Se il coach continua a fare le stesse cose di ieri,
succede qualcosa di serio:
Quando il coach cambia (o non cambia) pelle
Pensa a un serpente che cresce.
Se non cambia pelle, non può muoversi. Gli fa male.
Resta bloccato.
Il coach è lo stesso:
se resta fermo nel vecchio ruolo di motivatore o risolutore…
inizia a essere fuori tempo.
Perde connessione con le persone.
Diventa prevedibile.
E, alla fine, inutile.
Ma se trova il coraggio di cambiare…
diventa uno spazio dove gli altri possono nascere di nuovo.
Quando le vecchie risposte non bastano più
C’è un momento in cui anche il coach si sente perso.
Le frasi che usava una volta ora suonano false.
Le tecniche non funzionano più.
Se finge di sapere tutto,
rischia di creare distanza.
Chi ha davanti lo sente.
Ma se invece accetta di stare nel buio,
di fare domande nuove,
di camminare senza sapere tutto…
diventa autentico.
E allora sì, può accadere qualcosa di potente.
Il coach che fa da ponte (o che lascia cadere)
Immagina di camminare su un ponte sospeso.
Se chi ti accompagna ha fretta o paura…
può farti cadere.
Un coach che non evolve rischia di spingere troppo,
o peggio, di non vedere davvero chi ha davanti.
Ma un coach presente, attento, che sa stare nel mezzo,
può dire:
Il coach che accende fuochi (o che spegne speranze)
In ogni villaggio serve un fuoco.
Uno spazio dove raccontarsi, sognare, piangere.
Se il coach continua solo a fare esercizi, a dare compiti,
rischia di spegnere quel fuoco.
Le persone si sentiranno allenate, forse…
ma non viste.
Ma se il coach diventa presenza,
ascolto profondo,
cura simbolica,
allora sì: il cambiamento può accendersi.
Il coach che resta chiuso (o che cammina nel mondo)
Un coach che si limita a una stanza…
che non si sporca le mani,
che non ascolta il mondo,
è un coach che si isola.
E l’isolamento, oggi, è pericoloso.
Ma un coach che cammina nei quartieri, nelle scuole,
nei boschi e nelle aziende…
che porta il suo ascolto tra la gente…
diventa davvero parte di un cambiamento più grande.
Il coach che viene… o che si spegne
Il coach che non cambia finisce per ripetere copioni vecchi.
Diventa uno che parla…
ma non dice nulla che serva davvero.
Il coach che viene, invece, è:
Ma apre possibilità vere.
Se anche tu senti che restare fermi non è più un’opzione,
se vuoi diventare uno spazio di verità e trasformazione,
allora forse è tempo di cambiare pelle.
Di lasciar andare il coach che eri.
E accogliere il coach che puoi diventare.
Con tutta la forza, la fragilità, il coraggio che ci vogliono
per restare davvero accanto a chi cambia.
Il mondo ha bisogno di quel tipo di coach.
Tu, potresti essere uno di loro?
Un mondo che cambia… e un coach che non può restare fermo
Hai mai sentito la parola “coach”?
Magari in palestra, su YouTube, o in qualche video motivazionale.
Un coach è qualcuno che aiuta. Che guida. Che tira fuori il meglio.
Ma oggi il mondo cambia in fretta.
Le domande delle persone sono più profonde.
Non basta più dire: “Dai, ce la fai.”
Non basta più dire cosa fare.
Se il coach continua a fare le stesse cose di ieri,
succede qualcosa di serio:
- Le persone smettono di sentirsi ascoltate.
- Le sue parole sembrano vuote.
- E chi cerca aiuto… si sente ancora più solo.
Quando il coach cambia (o non cambia) pelle
Pensa a un serpente che cresce.
Se non cambia pelle, non può muoversi. Gli fa male.
Resta bloccato.
Il coach è lo stesso:
se resta fermo nel vecchio ruolo di motivatore o risolutore…
inizia a essere fuori tempo.
Perde connessione con le persone.
Diventa prevedibile.
E, alla fine, inutile.
Ma se trova il coraggio di cambiare…
diventa uno spazio dove gli altri possono nascere di nuovo.
Quando le vecchie risposte non bastano più
C’è un momento in cui anche il coach si sente perso.
Le frasi che usava una volta ora suonano false.
Le tecniche non funzionano più.
Se finge di sapere tutto,
rischia di creare distanza.
Chi ha davanti lo sente.
Ma se invece accetta di stare nel buio,
di fare domande nuove,
di camminare senza sapere tutto…
diventa autentico.
E allora sì, può accadere qualcosa di potente.
Il coach che fa da ponte (o che lascia cadere)
Immagina di camminare su un ponte sospeso.
Se chi ti accompagna ha fretta o paura…
può farti cadere.
Un coach che non evolve rischia di spingere troppo,
o peggio, di non vedere davvero chi ha davanti.
Ma un coach presente, attento, che sa stare nel mezzo,
può dire:
- “Aspetta. C’è qualcosa che si sta muovendo dentro di te.”
- “Hai il diritto di avere paura.”
- “Possiamo restare qui finché serve.”
Il coach che accende fuochi (o che spegne speranze)
In ogni villaggio serve un fuoco.
Uno spazio dove raccontarsi, sognare, piangere.
Se il coach continua solo a fare esercizi, a dare compiti,
rischia di spegnere quel fuoco.
Le persone si sentiranno allenate, forse…
ma non viste.
Ma se il coach diventa presenza,
ascolto profondo,
cura simbolica,
allora sì: il cambiamento può accendersi.
Il coach che resta chiuso (o che cammina nel mondo)
Un coach che si limita a una stanza…
che non si sporca le mani,
che non ascolta il mondo,
è un coach che si isola.
E l’isolamento, oggi, è pericoloso.
Ma un coach che cammina nei quartieri, nelle scuole,
nei boschi e nelle aziende…
che porta il suo ascolto tra la gente…
diventa davvero parte di un cambiamento più grande.
Il coach che viene… o che si spegne
Il coach che non cambia finisce per ripetere copioni vecchi.
Diventa uno che parla…
ma non dice nulla che serva davvero.
Il coach che viene, invece, è:
- uno che sa ascoltare anche il non detto
- uno che abita la soglia tra “non più” e “non ancora”
- uno che accende spazi dove le persone si sentono vive
Ma apre possibilità vere.
Se anche tu senti che restare fermi non è più un’opzione,
se vuoi diventare uno spazio di verità e trasformazione,
allora forse è tempo di cambiare pelle.
Di lasciar andare il coach che eri.
E accogliere il coach che puoi diventare.
Con tutta la forza, la fragilità, il coraggio che ci vogliono
per restare davvero accanto a chi cambia.
Il mondo ha bisogno di quel tipo di coach.
Tu, potresti essere uno di loro?