Oggi il ruolo del recruiter non si limita più a valutare competenze tecniche e a spuntare check-list di requisiti. Le esigenze delle aziende in un contesto lavorativo in continua evoluzione non vengono esaudite nella lettura di un cv.
I colloqui sono conversazioni complesse in cui emergono potenziale, valori e soft skill. Come fa il recruiter a portarli alla luce?
Ecco dove entra in gioco il coaching. Integrare l’approccio del coaching nei colloqui di selezione permette al recruiter di andare oltre il profilo in superficie e le risposte “preparate” dei candidati, creando uno spazio di dialogo autentico dove il candidato può esprimersi al meglio e il selezionatore può cogliere elementi più profondi e strategici.
Un recruiter che adotta un approccio coaching-oriented non si limita a “valutare”, ma ascolta in profondità, pone domande esplorative e lascia spazio al racconto individuale. Questo tipo di colloquio non è solo più umano: è anche più efficace. Le persone si aprono di più quando si sentono ascoltate senza giudizio, e ciò consente di rilevare attitudini, valori, flessibilità, capacità di adattamento e di apprendere.
Adottare strumenti tipici del coaching, affinando le proprie competenze relazionali – come l’ascolto attivo, la riformulazione, l’uso del silenzio, le domande aperte – trasforma il colloquio in un vero momento di esplorazione reciproca. Inoltre, permette di ridurre il peso dei bias cognitivi, favorendo decisioni più obiettive e inclusive.
Dal lato azienda abbiamo decisioni di selezione più consapevoli: la personalità per inserimenti mirati all’interno del team, conoscenza delle aree di miglioramento e di debolezza sulla quale andare a costruire un percorso ad hoc di aumento del potenziale. E’ un segnale di cura, sviluppo e attenzione che distingue l’organizzazione nel panorama competitivo.
Un altro vantaggio importante? La candidate experience. Un colloquio condotto con approccio coaching viene vissuto dal candidato come un’esperienza di crescita, non solo come un passaggio obbligato. Questo rafforza il branding dell’azienda e contribuisce a costruire relazioni solide fin dal primo contatto.
In un mondo del lavoro dove le competenze tecniche si aggiornano continuamente, il vero valore sta nella capacità di apprendere, relazionarsi e affrontare il cambiamento. E questo il cv da solo non lo racconta.
Integrare il coaching nella selezione non significa perdere rigore, ma bensì fare scouting di potenziale, non solo di performance passate. È un invito a scoprire le persone, non solo i loro profili, e a scegliere con maggiore consapevolezza, visione e umanità.
I colloqui sono conversazioni complesse in cui emergono potenziale, valori e soft skill. Come fa il recruiter a portarli alla luce?
Ecco dove entra in gioco il coaching. Integrare l’approccio del coaching nei colloqui di selezione permette al recruiter di andare oltre il profilo in superficie e le risposte “preparate” dei candidati, creando uno spazio di dialogo autentico dove il candidato può esprimersi al meglio e il selezionatore può cogliere elementi più profondi e strategici.
Un recruiter che adotta un approccio coaching-oriented non si limita a “valutare”, ma ascolta in profondità, pone domande esplorative e lascia spazio al racconto individuale. Questo tipo di colloquio non è solo più umano: è anche più efficace. Le persone si aprono di più quando si sentono ascoltate senza giudizio, e ciò consente di rilevare attitudini, valori, flessibilità, capacità di adattamento e di apprendere.
Adottare strumenti tipici del coaching, affinando le proprie competenze relazionali – come l’ascolto attivo, la riformulazione, l’uso del silenzio, le domande aperte – trasforma il colloquio in un vero momento di esplorazione reciproca. Inoltre, permette di ridurre il peso dei bias cognitivi, favorendo decisioni più obiettive e inclusive.
Dal lato azienda abbiamo decisioni di selezione più consapevoli: la personalità per inserimenti mirati all’interno del team, conoscenza delle aree di miglioramento e di debolezza sulla quale andare a costruire un percorso ad hoc di aumento del potenziale. E’ un segnale di cura, sviluppo e attenzione che distingue l’organizzazione nel panorama competitivo.
Un altro vantaggio importante? La candidate experience. Un colloquio condotto con approccio coaching viene vissuto dal candidato come un’esperienza di crescita, non solo come un passaggio obbligato. Questo rafforza il branding dell’azienda e contribuisce a costruire relazioni solide fin dal primo contatto.
In un mondo del lavoro dove le competenze tecniche si aggiornano continuamente, il vero valore sta nella capacità di apprendere, relazionarsi e affrontare il cambiamento. E questo il cv da solo non lo racconta.
Integrare il coaching nella selezione non significa perdere rigore, ma bensì fare scouting di potenziale, non solo di performance passate. È un invito a scoprire le persone, non solo i loro profili, e a scegliere con maggiore consapevolezza, visione e umanità.