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Coaching: "Tempo di disintossicazione" di Antonella Ferrasin

5/1/2014

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La disintossicazione è la rimozione delle sostanze tossiche dall'organismo umano.

Disintossicazione è il periodo di disassuefazione, durante il quale l'organismo ritorna all'omeostasi (equilibrio) dopo che questo sia stato alterato.

Partendo dal significato del termine “disintossicazione” osservo come in questi giorni le persone sentano forte il bisogno di “disintossicarsi” vuoi dall’eccesso di cibo, vuoi dall’abuso di alcool, fumo, vuoi dai media che ci sparano quotidianamente dosi tossiche di informazioni negative, vuoi da relazioni, tutti fattori  che alterano l’equilibrio psico-fisico.  

L'omeostasi (dal greco ομέο-στάσις, stessa fissità), è la tendenza naturale al raggiungimento di una relativa stabilità interna delle proprietà chimico-fisiche che accomuna tutti gli organismi viventi, per i quali tale stato di equilibrio deve mantenersi nel tempo, anche al variare delle condizioni esterne, attraverso dei precisi meccanismi autoregolatori.

L'omeostasi designa la stabilità delle funzioni; le condizioni omeostatiche rappresentano gli elementi della stabilità, mentre le reazioni omeostatiche indicano i mezzi per mantenere la stabilità.

È quindi una delle caratteristiche peculiari degli organismi viventi. Tutti gli apparati del corpo di un organismo vi partecipano, in quanto fondamentale per la sopravvivenza.

Il sistema omeostatico si basa su quattro principali componenti, che assieme prendono il nome di meccanismo a feedback, cioè retroazione, reazione, risposta:
  • il recettore, che ha il compito di percepire le condizioni esterne e interne
  • il centro di controllo, che decide come comportarsi, dopo aver confrontato la condizione rilevata dal recettore con quella ottimale
  • l'effettore, che esegue quello che gli viene ordinato dal centro di controllo
  • lo stimolo, il cambiamento che stimola appunto il recettore ad attivare i meccanismi di regolazione interna.
Il feedback può essere negativo quando l'organismo risponde contrastando l'effetto dello stimolo destabilizzante. Il feedback invece è positivo, quando l'organismo risponde rinforzando l'azione dello stimolo iniziale invece di diminuirlo o rimuoverlo. Ciò destabilizza il sistema sino a quando un evento esterno al circuito a feedback arresta la risposta dell'organismo.

Gli studi sulle famiglie e le coppie, ci indicano come le relazioni possono mettere a dura prova questo sistema interdipendente, fino a portare le persone a doversi quasi isolare per riprendere il proprio equilibrio.

Il recettore percepisce la pesantezza della situazione esterna a sé che va a compromettere la propria condizione interna (esempio due donne concentrate sullo stesso uomo o viceversa, ognuna/o con i propri bisogni, con le proprie aspettative individuali).

A quel punto, nel “soggetto bersagliato” si attiva il centro di controllo che decidere quale atteggiamento assumere per riportarsi alla condizione ottimale e qui ha inizio l’azione suggerita dal recettore per mettere  in atto un cambiamento.

Se il “soggetto bersagliato” intercetta velocemente la dinamica, il feedback che si attiverà sarà sicuramente negativo, atto ad interrompere il tira-molla creatosi e a portarsi nuovamente in una condizione di stabilità.

Il feedback che verrà invece recepito dagli altri coinvolti, potrà avere uno sfondo o negativo o positivo.

Se l’altro coinvolto recepisce il feedback negativo attiverà una reazione che a livello personale si trasformerà in positiva, in quanto sarà stato in grado di decodificare correttamente il messaggio arrivato senza la necessità di sentirsi rifiutato, tradito, non amato, ma semplicemente comprendendo che la reazione è partita da un altro bisogno diverso dal proprio.

Se invece viene recepito il feedback positivo, inizierà un lavoro di rimuginio dove alla tristezza si sommerà la rabbia, il sentirsi  traditi, rifiutati e abbandonati tutti sentimenti negativi che andranno a  compromettere l’intero equilibrio psico-fisico della persona.

L’agire sarà sempre corrispondente allo stadio in cui ci si trova.

Usando la metafora degli archetipi suggerita da Carol Pearson, l’Orfano avrà un tipo di reazione, il Guerriero un’altra, il Viandante un’altra ancora e il Mago sarà quello che da osservatore presente avrà potuto ottenere nuove intuizioni.

Mi rendo davvero conto quanto attraverso le nostre  relazioni ci permettiamo di crescere, di confrontarci, di darci ogni giorno delle grandi opportunità.

Fondamentale in tutte le relazioni è la sincerità e l’apertura.  La sincerità, fatta anche di vulnerabilità, fa scaturire rapporti profondi e duraturi, porta a riconoscere ed accettare i propri limiti e soprattutto ad essere accettati per quello che siamo.

Non sempre è detto che otteniamo ciò che desideriamo, ma almeno abbiamo avuto l’opportunità di essere noi stessi.  

“Il Mago sa che se non ottiene qualcosa probabilmente per lui l’universo ha un progetto diverso.

Spesso quando non otteniamo ciò che vogliamo è perché abbiamo bisogno di sviluppare capacità associate con qualcuno degli altri archetipi. E’ possibile che dobbiamo imporci di più nel mondo. O forse dobbiamo imparare ancora rispetto al donare o all’esplorare. Talvolta si ha anche bisogno di ricordare la reciproca dipendenza. La nostra possibilità di ricevere ciò di cui abbiamo bisogno dipende non solo dal nostro personale sviluppo ma anche da quello degli altri. Se quello che vogliamo non esiste e scarseggia, è possibile che si debba inventarlo o che si debba semplicemente aspettare.

Il fine è riconoscere ciò che è autentico per quanto riguarda noi stessi e gli altri. 
Nella presenza c’è la crescita”.
 (da “l’Eroe dentro di noi – Carol Pearson)

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