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Coaching: 'la gestione dell'imprevisto ...?' di Vincenzo Castaldo

11/9/2014

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Quanto sono protagonista della mia vita ? Forse così tanto da sentirla una cosa mia. Quindi troppo. In quanto se una cosa la si stringe troppo fino a sentirla propria, quindi possesso, si finisce col soffocarla. 

Approcciando il discorso sotto una prospettiva “un po’ più angolata” potremo dire che la vita non è una cosa che ci appartiene ma un’opportunità che ci viene data in prestito. Nel primo caso nasce il protagonista che guarda all’onnipotenza, nel secondo invece l’essere protagonista che conduce al senso di responsabilità ovvero ognuno di noi è un piccolo pezzo di un grande mosaico chiamato a fare la sua parte, nel congruo utilizzo del libero arbitrio. 

Nel primo caso siamo automobili lanciate a folle velocità nella logica di una pianificazione che non conosce ritardi od intoppi, dove tutto deve andare secondo come l’ho progettato. Io, io, io: io artefice del mio destino e Dio di me stesso. Come Onnipotente, non accetto, non tollero, non transigo, perché l’onnipotenza di cui sto parlando non è quella dell’amore che tutto può, ma quella del narcisismo che si auto compiace e si autocelebra, quell’onnipotenza che profuma di infallibilità.  

Ora chi di noi “è senza peccato” e può avere la pretesa di poggiare la pietra  su cui tutta l’umanità si può adagiare tranquilla di non cadere ? 

La vita è altro da come oggi ci è dipinta e propinata da politici, pubblicitari ed illusionisti vari. La vita è prima di tutto realtà che informa; fatto, avvenimento, accadimento che solo in un secondo momento possiamo classificare  nella categoria di ciò  che per noi è bene e di ciò che per noi è male, piace o non piace, in ciò che per noi è bello, giusto, lieto, augurabile e ciò che invece non lo è. Ciò che è secondo i miei desideri e ciò che invece non lo è. Il previsto e il non previsto. Il non pianificato. Che mi fa arrivare tardi al lavoro. Che mi fa spendere dei soldi con cui volevo comprare qualcosa altro. Che mi fa incontrare quella persona quando invece avrei voluto conoscerne un’altra. L’imprevisto, ovvero ciò che da insegnarmi non ha nulla.  

Ma siamo sicuri che sia proprio così ? 

Forse vivere la nostra vita un po’ più da attori che devono imparare la parte che gli è stata affidata potrebbe renderci un po’ più protagonisti della vita che stiamo vivendo. Un pò più di capacità di accettazione sarebbe sinonimo di una maggior capacità di apertura e disponibilità alle occasioni della vita e ci permetterebbe di interpretarla come opportunità  che va accolta e non solo pianificata. 

Quante volte grazie a qualcosa che non abbiamo pensato, ipotizzato, progettato, pianificato ci ha regalato una grande gioia? O ci ha permesso di raggiungere un traguardo che mai avremo pensato di tagliare? Od ancora ci ha fatto conoscere qualcosa del nostro carattere che non conoscevamo? O quella persona che poi nella mia vita sono stato coppia, amico, compagno di viaggio? Quante volte, col senno di poi, ho visto che non si è trattato di un rallentamento o di un intoppo ma di una sana pausa di riflessione? 

Allora forse il significato del termine imprevisto dovrebbe essere un po’ rivisto. Non so per voi, ma almeno per me, che vado sempre un po’ di fretta, sembra proprio così. 


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