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Coaching: 'Gestire il conflitto' di Veronica Baiocchi

15/12/2015

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Nelle relazioni, trovarsi nel bel mezzo di un conflitto verbale è cosa frequente e comune a tutti.

Quand’è che un confronto e uno scambio di opinioni tra due persone si trasforma in una discussione vera e propria?

Di solito quando c’è sottesa una richiesta, un bisogno con alla base un’aspettativa negata oppure talvolta quando si vuole difendere una verità personale, soggettiva.
Se da una parte il bisogno non viene ascoltato e accolto o non si riconosce all’altro/a la verità personale scatta tutta una serie di meccanismi ‘di difesa’ interiori e inconsapevoli che portano al conflitto.

Avviene una vera e propria trasformazione del campo di confronto tra le parti: i movimenti del corpo si modificano, il volto cambia espressione e colore, la voce si alza, le parole si caricano di toni marcatamente sfidanti e provocatori. Il ‘botta e risposta’ arriva al punto che si erge quasi un muro invisibile tra le parti che rompe il flusso comunicativo naturale e attiva una chiusura mentale ed emotiva.

Molto spesso le discussioni accese nono vengono sanate al momento e terminano con cupi silenzi e a volte anche con distacchi fisici tra le persone.

In questi momenti, qual è il nostro dialogo interiore? Pensiamo all’accaduto? Come ci sentiamo? Cosa ci chiediamo? Riusciamo a portare l’attenzione a noi stessi o le emozioni girano vorticose e il senso di collera, di frustrazione o di paura sono così accesi che ci fanno continuare a cercare colpe all’esterno? Quanto tempo ci occorre per ritornare ad uno stato di calma lucida e rivedere l’accaduto in modo più oggettivo, valutarne le cause e soprattutto gli effetti e riconoscere le nostre responsabilità?
Secondo la mia esperienza, imparare a gestire un conflitto verbale con un’altra persona è segno di grande maturità emotiva. Con il termine ‘gestire’ un conflitto non dico che la soluzione migliore sia rimanere in silenzio, aspettare che passi e chiuderla lì. Nel silenzio intendo iniziare ad osservare i nostri comportamenti abituali e le nostre dinamiche e, sia che si tratti di un attacco infuocato sia che ci si ritiri a capo chino dal campo d’azione, è da lì che possiamo aprire ‘finestre’ interiori, ponendoci domande chiare che diano respiro alle emozioni e aprano la mente ad interpretazioni diverse rispetto alla nostra e che in qualche modo ci facciano riflettere anche sulle mosse dell’altra persona.

Ci sono tante modalità in cui una persona può fare tutto questo, un modo che ho sperimentato e che ho trovato utile è quello di scrivere e annotarsi tutto quello che viene in mente e che si prova rispetto alle domande che ci facciamo ricollegate all’evento vissuto.

Non dobbiamo aver paura o vergognarci di provare qualsiasi emozione, che sia rabbia, sdegno, tristezza o paura. Qui, nell’ascolto di noi, non c’è giudizio ma solo accettazione e comprensione di parti più complesse che ci abitano e che hanno bisogno di essere viste.
L’obiettivo pian piano è quello di portare queste parti ad integrarsi in una prospettiva leggera e matura, limitando i carichi emotivi che erano alla base dei conflitti.
Occorre allenamento e motivazione, voglia di crescere e comunicare bene per costruire solide relazioni intorno a noi.
​
E come si sente spesso dire: ‘non cercare fuori il colpevole, trova in te la soluzione’.

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